Valorizzare cosa?
Quante volte avrete letto e sentito che bisogna valorizzare i Beni culturali, volano per un turismo in crescita? Tante, tantissime volte, eppure i fatti dimostrano quanto poca sia la volontà politica in tal senso. Laurent Viérin ha dato il via alla RESTITUTION che altro che danni non ha fatto: la Porta Pretoria è il testimonial principe della sua azione amministrativa. Ha confermato la tradizione feudale che vede nei rapporti personali il metodo di eccellenza per la scelta di un programma, mai ha dato il via a un progetto politico globale, confidando nell’ausilio di personale competente. Unico assessore che si è mosso in tal senso è stato Liborio Pascale che ha inaugurato una stagione culturale vivace e irripetibile (lo dico per onestà, personalmente non ho avuto buoni rapporti con l’allora direttore artistico Janus). In piccola, piccolissima parte lo ha seguito Ennio Pastoret, poi tutto è rientrato nei gusti e nella gestione personali del politico di turno: la RESTAURATION!
Abbiamo due torri medievali che da svariati anni sono chiuse al pubblico: la Torre del Lebbroso e la Tour Fromage, quando potrebbero essere utilizzate per ampliare l’offerta culturale sia al turista di passaggio sia al valdostano affamato non solo di polenta concia. Perché non sono state messa a norma, quando c’era la possibilità economica per farlo? E la torre dei Signori? E il Centro Saint Benin che cade a pezzi? E il Museo archeologico confinato nel sottosuolo? No, si è pensato all’aeroporto oggi fermo, all’università oggi ferma, all’ospedale oggi fermo… le GRANDI OPERE! E poi mi vanno a proporre Aosta come Città della Cultura europea, ma questi sono schizofrenici! Un città che al presente non ha un albergo a quattro stelle! Vocazione al turismo? Piccola Roma? Cultura alpina? Aria fritta! La verità è che la cultura fa paura, ha sempre fatto paura al potere. Ed è quest’ultimo e la sua conservazione l’unico obiettivo che fa muovere i nostri politici. Il resto è fuffa!
A chi vuole una critica costruttiva (ah ah ah) posso dire, per quello che può servire, che una delle due torri avrebbe potuto essere trasformata in un piccolo, ma ricco museo dedicato all’unico vero scultore del legno che la Valle d’Aosta ha saputo esprimere: François Cerise. La sua collezione personale è meravigliosa, unica nell’arco alpino. Espressione istintiva che va al di là delle convenzioni tipiche dell’artigianato; ricerca spontanea di una verità primitiva e autentica. Niente a che vedere con il folclore tipico della produzione attuale, dove peraltro si riconoscono alcune eccellenze, qui si tratta di scultura. Eppure, nonostante una presunta difesa dell’identità, questo scultore è poco conosciuto, le sue opere si vedono solo all’appuntamento fisso della Fiera di sant’Orso e poi spariscono nei salotti degli acquirenti. Ho avuto l’onore di curare la sua unica personale, che peraltro non è piaciuta al Sommo Capo (allestimento troppo audace e contemporaneo, in fondo si tratta solo di artigianato!). Poi il nulla. Cerise ha anche donato alla Regione una collezione di migliaia di pezzi etnografici: dove sono? La frase valorizzare le risorse del territorio non vi risulta totalmente VUOTA? Altro esempio di follia: il castello di Ussel! L’ho inaugurato nel 1998 con una grande mostra sul barone Bich (12.000 visitatori, record rimasto imbattuto) e ripristinato così i rapporti fra la famiglia Bich e la Regione che erano pessimi. Oggi il castello è chiuso. Il barone si rivolterà nella tomba, eh… già, suo desiderio era quello di vedere realizzato un museo, credo sui movimenti in genere, viaggi, trasporti… il regalo ce lo siamo preso e pure un bel assegno di 500 milioni di lire, e oggi il portone di ingresso è sprangato! Ripeto: la frase valorizzare le risorse del territorio non vi risulta totalmente VUOTA? Per coloro che vogliono una critica costruttiva: perché non affittare il castello a qualche società o imprenditore che si occupa di manifestazioni culturali? Sono idee che butto lì, ma chi di dovere dovrebbe approfondire meglio le potenzialità da sfruttare. Perché, si dà il caso, che oggi dobbiamo rimboccarci le maniche e dare ampio spazio alle idee, se vogliamo garantirci un livello di esistenza decoroso.
This entry was posted on 17 novembre 2014 at 11:47 and is filed under Aria fritta, Arte, Artisti in provincia, Critica, Cultura morta, Degrado morale, Domande, Folclore valdostano, Futuro, Mala politica, Turismo, Uomini politici. You can subscribe via RSS 2.0 feed to this post's comments.
Tag: Barone Bich, Beni culturali valdostani, Castello di Ussel, Ennio Pastoret, François Cerise, Laurent Viérin, Liborio Pascale, Restitution, Scultura valdostana, Torre del Lebbroso, Tour Fromage, Valle d'Aosta
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17 novembre 2014 a 12:37
92 minuti di applausi.
17 novembre 2014 a 13:01
La valorizzazione dei Beni culturali in Valle d’Aosta? Una cagata pazzesca! 😉 Per lavorare nella cultura bisogna essere dotati di passione sincera verso la bellezza e il sapere. Bisogna nutrirsi di arte dalla mattina alla sera, bisogna osare e pensare solo e unicamente al bene comune, cercare di far crescere la creatività di un territorio, stuzzicarla, indirizzarla, premiarla…, secondo voi c’è qualcuno nell’alveolo politico che corrisponde a tale pazzia?
18 novembre 2014 a 11:39
Grazie al Barone Bich (orgoglio valdostano nel mondo e filantropo mondiale in VdA), Grazie a François (Francesco a causa dell’Anagrafe del Ventennio, cosa che lo ha sempre fatto soffrire) Cerise, per le sue opere talentuose e poetiche, e grazie a patuasia che si è “presa cura” di loro. All’inaugurazione della Mostra su Cerise a San Lorenzo ero presente e ricordo ancora le sue lacrime di commozione durante la presentazione della curatrice e le bellissime opere esposte con frammenti di specchi che ne valorizzavano i dettagli (piccoli camei con cui François impreziosisce le proprie sculture).
Non sarei drastico come patuasia per quanto riguarda la scultura valdostana: ritengo meritino riconoscimenti anche Vuillermoz, Patrocle, Brunodet, ma anche gli attuali Barmasse, Binel, Arnodo, ecc…
Per quanto riguarda il castello di Ussel, mio campo di giochi da ragazzino, scenografica icona del medioevo valdostano, vederlo prima ristrutturato e poi abbandonato, fa sanguinare il mio cuore…
18 novembre 2014 a 14:44
Non sono drastica, signor GG, sono una critica, vedo e sento nelle opere di Cerise qualcosa in più rispetto alle altre, lei ha menzionato alcuni artigiani-scultori apprezzabili, ma che non raggiungono le vette di intensità poetica di François, per questo meriterebbe uno spazio dedicato. Avevamo le risorse per farlo e non lo abbiamo voluto, perché? Perché della cultura in genere e di quella che il territorio sa esprimere non gliene frega una pippa a nessuno. In primis agli unionisti che imparano a ballare la tarantella…
19 novembre 2014 a 11:44
Ussel: chi scrive ha passato alcune estati a lavorare là dentro, e di cose da raccontare ce ne sarebbero tante.
L’Ufficio Mostre, che lo ha gestito dopo il restauro, l’ha considerato più o meno una palla al piede, una sede secondaria rispetto a quelle cittadine. Peccato che, quando dentro sistemavano un’esposizione appena appena potabile, la sede secondaria faceva più ingressi delle mostre del museo archeologico…
Nonostante il sentiero illuminato e il notevole atout di essere l’unico castello valdostano che consentiva l’accesso al camminamento di ronda sul tetto (con panorama mozzafiato), le aperture notturne sono state meno che sporadiche e si chiudeva alle sette di sera anche ad agosto, quando un’apertura fino alle nove sarebbe stata possibile e fruttuosa.
Il castello ha avuto un restauro lungo e travagliatissimo, ma in quel decennio abbondante la sovrintendenza non ha trovato il tempo di studiare in modo serio e sistematico la struttura e di consegnare alle stampe una pubblicazione divulgativa su Ussel. E sì che il sito lo meriterebbe: primo esempio valdostano di castello monoblocco, probabile modello crociato, scelta di costruzione e di ubicazione tutta da capire, un personaggio – Ebalo II di Challant – curioso e poco studiato…
Quest’estate, di fronte ai turisti che ci chiedevano conto della chiusura (e non sono stati pochi), allargavamo le braccia sconsolati: cosa potevamo dire, che in 15 anni di apertura si erano buttati soldi, sprecate occasioni, perse conoscenze, fino a spacciare come inevitabile conseguenza della crisi la fine dell’avventura di Ussel?
19 novembre 2014 a 15:22
Grazie per la sua testimonianza signor my two cents! In un paese omertoso come la Valle d’Aosta è preziosa.