Il cuore di ferro
Sono stata di recente a Cracovia e ne ho approfittato per visitare la nota miniera di sale di Wieliczka, situata nella città omonima. Si tratta di una miniera non produttiva oggi trasformata in una forte attrattiva turistica. Al suo interno a quanche centinaio di metri di profondità, si trova oltre che una cattedrale interamente scolpita nel sale con statue annesse, anche un sanatorio dove si cura l’asma e altre malattie respiratorie attraverso l’inalazione di vapori salini. Questa miniera porta in questa cittadina perlopiù sconosciuta, un indotto di oltre un milione di turisti l’anno. Inevitabile pensare alla nostra meravigliosa e altrettanto unica miniera di Cogne. Il 31 ottobre ci sarà la definitiva cessazione della concessione mineraria, senza un piano per la sua salvaguardia e il suo recupero, il degrado distruggerà un patrimonio inestimabile e un pezzo indiscutibile della nostra identità storica. Strano che i nostri amministratori unionisti, così attenti all’identità e alla particolarità del nostro territorio non abbiano mai mostrato interesse verso questa miniera, la più importante fra quelle in Valle. Eppure con un buon progetto europeo, così come è stato recuperato il Forte di Bard che sta in piedi per miracolo e grazie ai notevoli investimenti regionali, si sarebbe potuta recuperare (e si può ancora, se si vuole) l’intera area per destinarla a un grande museo. Ho avuto la fortuna di visitare la miniera di Colonna: un potenziale di attrazione fortissimo. Molte sono ancora le testimonianze della vita dei minatori di allora e il percorso è davvero entusiasmante. Provate a immaginare una ricostruzione fedele e suggestiva in piena sicurezza delle gallerie, illuminate come lo erano allora, immaginate i rumori… le stanze… le rotaie… la terra e la roccia… un’esperienza di indubbia emozione. Adesso immaginate l’indotto economico che una simile attrazione potrebbe avere sul territorio e non solo su quello di Cogne. E pensate anche ai soldi che lo Stato non ci verserà più e poi fate le vostre debite conclusioni. Le mie sono che è da pazzi non approfittare dei fondi europei 2014-2020 per recuperare un così importante patrimonio storico-culturale che potrebbe creare numerosi posti di lavoro. Allora politici… ci sputate sopra!
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8 ottobre 2013 a 22:01
Il tema della miniera di Cogne merita un approfondimento pubblico che non c’è mai stato. Di scelte infelici l’amministrazione ne ha fatte tante (mancati investimenti sulla ferrovia, terminal aeroportuale inutile, mostro di Saint-Martin de Corléans, treno Cogne – Pila sono solo i più famosi), ma la prudenza sulle miniere di Cogne è stata, molto probabilmente, una scelta molto ragionata.
Alcuni anni fa la Finaosta aveva realizzato alcuni studi di fattibilità (delibera 3749/2005 e 3583/2008) sulla realizzazione di un parco minerario regionale. Mi è stato riferito che questi studi, che hanno avuto un costo non indifferente per la casse pubbliche, prevedevano per Cogne costi altissimi per la messa in sicurezza e la successiva apertura al pubblico (nell’ordine di diverse decine di milioni di euro).
Invito quindi i consiglieri di minoranza ad acquisire questi studi (visto che non ne ho trovato traccia sul sito regionale, ma forse non ho cercato bene….) e pubblicarli sul web.
Con questi dati potremo poi fare effettivamente una discussione approfondita e verificare se il paragone con Wieliczka regge. Dovrei verificare bene i dati quindi prendeteli con le pinze (lo farei molto volentieri se solo la banda larga che abbiamo in Valle d’Aosta fosse degna di questo nome, ma nelle sere d’autunno la connessione fa pena) ma mi pare di ricordare che a Cracovia le presenze turistiche siano 3 volte quelle della Valle d’Aosta. Il sito di Wieliczka si trova a 10 km dalla città (raggiungibile con il trasporto pubblico suburbano) ed è anche importante meta di pellegrinaggio religioso.
Le miniere di Cogne si trovano a più di 1800 metri (con conseguenti problemi climatici invernali) e non sono proprio vicinissime alle più importanti mete turistiche valdostane (Courmayeur, Breuil, Ayas e Gressoney) quindi l’attratività è molto minore. Wieliczka è stazione termale, mentre da noi le terme si trovano un po’ più lontane.
Poi il sito di Wieliczka fa parte del patrimonio dell’umanità dell’Unesco (che significa pubblicità gratuita).
Insomma senza avere stime precise sui costi mi sembra troppo azzardato fare progetti sulle miniere di Cogne. Secondo me il gioco può valere la candela solo se le cifre in gioco sono ben lontane da qulle spese per il Forte di Bard (4 milioni di euro al massimo).
9 ottobre 2013 a 14:44
A me sembra opportuno sottolineare che tutti i ragionamenti economici si fanno “al buio”. Come riconosce, Pat, certi strudi non sono stati acquisiti, divulgati, commentati. Magari la messa in sicurezza della miniera non sarebbe così costosa come dicono alcuni, magari sì, ma i dati non sono stati pubblicamente dimostrati. In attesa di questo, rilevo come dal 31 ottobre – con la cessazione dell’attività minearia – si rischi di dare il via a un rapido e irrimediabile deterioramento del sito: togliere l’elettricità e fermare il lavoro di manutenzione significa infatti lasciare che l’umidità della montagna renda inutilizzabili – per sempre – i macchinari e le stesse gallerie. In attesa di dati certi, quindi, rischiamo di lasciare che si compia una scelta da cui non si potrà tornare indietro, neppure quando fosse dimostrata la convenienza economica dell’operazione. Personalmente, poi, ritengo che il valore culturale, identitario e storico della miniera sia notevolmente superiore a quello del forte di Bard. Senza voler fare la gara tra due realtà importanti, non credo che i 4 milioni di euro citati qui sopra sarebbero una cifra inspendibile per salvare un pezzo di passato e trasformarlo in occasione di (lavoro) futuro.
9 ottobre 2013 a 15:50
Signor Pat, l’invito alla prudenza dovrebbe essere fatto per qualsiasi spesa pubblica, invece in molti altri casi le scelte sono state frettolose, come lei ricorda benisssimo. Il Forte di Bard ha avuto un importante finanziamento europeo, perché non si può tentare la stessa via per le miniere di Cogne? Il confronto che lei ha fatto fra le due diverse realtà, quella polacca e quella valdostana, è corretto, ma se anche portassimo a casa un terzo dei visitatori non varrebbe la pena di tentare? Non so se lei conosce il patrimonio custodito a Cogne, le assicuro che è altrettanto ricco quanto quello polacco. Per quanta riguarda l’attrattiva religiosa si potrebbe sempre mettere in piedi una cappella intitolata al Papa Giovanni Paolo II in quel di Avise dove c’è già un museo intitolato 🙂 e sulle distanze… beh, il problema non esiste: la Valle è raggiungibilissima ovunque.
9 ottobre 2013 a 22:41
[…] Il secondo articolo è stato pubblicato sul blog valdostano Patuasia e anch’esso rilancia l’idea dell’apertura a fini turistico-museali del sito di Colonna. Anche qui vogliamo insistere sull’importanza di un recupero il più possibile completo della filiera dell’acciaio, così da rendere veramente unica e integrata l’offerta turistica, come anche culturale, che si verrebbe a costituire, al tempo stesso preservando la memoria del nostro passato recente. L’articolo di Patuasia si può leggere QUI. […]
13 ottobre 2013 a 12:03
A proposito dei dubbi giustamente espressi da “Pat”, ci terrei a precisare alcune cose. Affinché il bacino di utenza potenziale raggiunga ( e perfino superi) i numeri del sito di Wieliczka, occorre infatti che l’offerta sia spalmata su un territorio più vasto, con un indotto ripartito sulla regione intera. Questo può essere effettuato solo se il bacino minerario viene recuperato nella sua interezza, e comprendendo le due ferrovie di origine mineraria (Drinc e Aosta-Pré St- Didier). La prima per garantire la visita intera dalle acciaierie di Aosta a Colonna. La seconda considerando le interessanti vestigia architettoniche costituite dalle stazioni (es.Morgex) e la possibilità di raggiungere successivamente La Thuile, con le sue miniere di antracite. Per non parlare delle Centrali idroelettriche già restaurate, che fanno parte della filiera, due delle quali si trovano lungo il tragitto. Un investimento culturale che faccia leva sull’identità alpina operaia e mineraria, potrebbe partire dalla filiera dell’acciaio valdostana per espandersi inter-regionalmente agli analoghi oltreconfine. Penso alla Savoia, per esempio. Allora il bacino turistico di utenza potenziale è valutato in 5,2milioni di persone. Le miniere di Cogne inoltre, situate dai 1700 metri circa di Costa del Pino ai 2400 metri di Colonna, non avrebbero alcun problema di visitabiità invernale, perché la visita mineraria avverrebbe tutta internamente alla montagna, attraverso gallerie perfettamente messe in sicurezza e convogli funzionanti.Fintecna ha ultimato i lavori di messa in sicurezza, appunto, da poco in previsione della prossima dismissione del 31 ottobre.Infine, è stato ultimato uno studio di fattibilità per questo recupero nella sua Iinterezza, che verrà presto presentato pubblicamente auspicando quindi un “dibattito pubblico”.
barbara tutino elter
13 ottobre 2013 a 12:54
Signora barbara, sarebbe veramente auspicabile che i nostri amministratori vedano, forse per la prima volta, le potenzialità enormi che un sito del genere offre all’intera comunità valdostana. Oltre al doveroso recupero della memoria è altrettanto doveroso creare un indotto economico che possa sostituire e magari ampliare i contributi statali che si stanno via via esaurendo. La miniera di Cogne, nel suo articolato complesso, è la gallina dalle uova d’oro, non accorgersene sarebbe un errore imperdonabile.