
Pubblico in visita alla mostra: "Nuove forme nello spazio della tradizione".
L’operazione Sgarbi per il Padiglione italiano della Biennale di Venezia a me piace. Se l’appuntamento lagunare vuole presentare al mondo lo stato dell’arte di ogni Paese, Sgarbi ha interpretato al meglio quello italiano: nessuna selezione al merito, ma all’amicizia. Più Italia di così! Il critico, per chi non lo sapesse, ha chiesto ai vari amici suoi e a persone di più o meno cultura, di segnalare il loro artista preferito, ne è sorto un pot-pourri fantasioso e sgangherato. Una massa di immagini che più che evidenziare i tratti espressivi dominanti li ha annullati a vantaggio del narcisismo del critico. Infatti più che un’esposizione sull’arte italiana, l’operazione si direbbe una performance dell’artista Vittorio Sgarbi. Performance che ha contaminato l’intera Penisola. Anche noi abbiamo quindici artisti consacrati che ci rappresentano, grazie alla cura di Gabriele Accornero, Chantal Cerise e Annalisa Cittera con la dovuta benedizione del Veterinario. Sgarbi ha preso il gruppo a scatola chiusa. E’ che si è innamorato del Forte, lo aveva già dichiarato quando aveva organizzato la mostra-flop “Il ritratto interiore” (50.000 presenze promesse poi rivelatasi 14.000 circa) e ci ha lasciato il cuore, chissà mai… . Quindici artisti che offrono un’immagine dell’arte locale provinciale, pasticciata, scontata, in una parola: pallosa! Il Veterinario ha definito la scelta: “La via della modernità”, quando moderno è aggettivo che in arte si colloca giusto al finire della prima metà del ‘900. Uno solo avrebbe potuto rappresentarci con forza e dignità, saputo comunicare qualcosa di unico e autentico. Parlo dello scultore-contadino, François Cerise. Le sue figure offese e sensibili affondano le radici nel tempo remoto, eppure arpionano il presente con la spontanea crudezza di una foto scattata con il cellulare. Nessun giochetto di legno esausto, nessun effetto speciale alla picio-di-toro, nessuna illustrazione su seta possono competere con la sua resa espressiva, perché genuina, pura, naturale, forte e imprevedibile come un temporale estivo e Lui ci avrebbe resi, per una volta, orgogliosi. Ma l’orgoglio non è di casa, meglio la marchetta, la clientela, meglio far contenti il più possibile che tanto l’arte è una sciocchezza che va soddisfatta, ma niente più.
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