C’era una volta un quartiere, esempio di urbanizzazione sociale. C’erano le case e gli orti e i negozi. La scuola e la chiesa. Stava lontano dalla città per meglio controllare gli operai e la loro rabbia. Stava anche lontano dalla fabbrica, ma c’erano le biciclette e tutti avevano una bicicletta. Un paese ordinato. Un modello di architettura popolare che aiutava chi lo viveva a sentirsi parte di una comunità. Il quartiere aveva un’identità chiara e definita. Diviso per gerarchie sociali, rappresentava la fabbrica. Oggi rappresenta solo il degrado di una società priva di una qualsiasi identificazione. Gli orti sono stati sostituiti dai parcheggi, i tigli abbattuti. San Giuseppe, patrono dei lavoratori, sepolto e abbandonato. La società cambia, ma sta agli uomini controllarne il cambiamento, fornire un indirizzo, una direzione del vivere. Nessun modello ha sostituito quello precedente. Se nell’urbanizzazione dei primi del ‘900 c’era un progetto attento alle necessità degli abitanti: gli orti per permettere agli operai ex contadini una valvola di sfogo, oggi si è soltanto cercato di risolvere il problema abitativo senza pensare alle conseguenze che determinate scelte potessero avere sulla vita dei condomini. Il risultato è questa desolazione. L’assenza di una condivisione comunitaria di un territorio.
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La grande bruttezza!
24 settembre 2014Vandali!
10 dicembre 2013C’era una volta a Lalibela, in Etiopia, un luogo magico: le chiese rupestri scavate nella roccia. Poi arrivò l’Unesco che decretò il loro futuro di bene dell’Umanità e le salvò dall’erosione. Il luogo perse la sua magia. Gli stessi abitanti si chiesero, se in tempi contemporanei, non ci fosse altra soluzione meno impattante e più rispettosa del luogo. Il progetto è italiano e c’è da vergognarsi. In genere sappiamo esportare bellezza, non in questo caso. Perché vi racconto questa storia? Perché anche per la nostra Porta Pretoria è prevista una copertura e, dal momento che non si potrà toccare il monumento, saranno inevitabili delle strutture portanti… speriamo che l’Europa non cacci un euro per quello che sarà un vero atto di vandalismo istituzionale. Ci bastano le passerelle!
Errori-orrori
3 agosto 2013A Parma il sindaco Pizzarotti del M5s ha inuagurato la tolleranza zero verso tutti quei comportamenti che degradano i luoghi simbolo della città. Dopo un certo orario e in centro storico, niente più raggruppamenti spumeggianti birra, niente bivacchi a ridosso dei monumenti, niente schiamazzi e vandalismi. Il sindaco promette guerra contro tutto ciò che influenza “negativamente anche i flussi turistici per assicurare ai cittadini e ai visitatori l’accesso e la libera fruizione dei beni artistici e culturali” (ilfattoquotidiano.it)
E noi? Noi i vandali ce li abbiamo a palazzo. A sconciare i monumenti ci pensano i nostri amministratori, per cui che sensibilità potranno mai avere per riconoscere il degrado? Che competenze hanno per assicurare il decoro di una città? Loro che distruggono l’armonia urbana di un monumento come la Porta Pretoria, perfettamente inserito nel suo contesto? Tutto quello che hanno fatto è stato un errore e un conseguente orrore. Non c’è bisogno di un elenco, basta passeggiare per Aosta. Cosa ne sanno del senso civico e di come si misura una città? Nulla. Sugli errori-orrori si formano le nuove generazioni, incapaci di valutare e di confrontare, perché quasi privi di una scelta. La televisione a cui si rivolge la politica che cerca facile audience, non è una buona maestra, ma risulta essere per molti l’unico approccio alla “cultura”. Ecco che allora la vita viene confusa con il casino. L’allegria con la sbornia. La felicità con una frettolosa scopata nei cessi di una discoteca.
Due città a confronto: Aosta
29 luglio 2013Aosta non ama gli alberi. Piano piano li stanno togliendo di mezzo tutti. Questo mozzicone di tronco apparteneva a un ippocastano che era sanissimo, ma che evidentemente dava fastidio a qualcuno. La creatura vivente apparteneva all’intera comunità, ma questa non è stata avvisata dell’operazione, neppure consultata per un parere. Tanto la ggente è cieca. La decisione è stata presa ai vertici su sollecitazione di chi non si sa. Ad Aosta si amministra così. Natura e Storia sono gestite da un ente supremo che non guarda mai in basso, ma solo e unicamente verso le sue esigenze vuoi economiche vuoi elettorali vuoi affettive.
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