Posted tagged ‘Tribunale di Aosta’

Troppa carne sul fuoco

12 aprile 2015

E’ vero si tratta di tanto tempo fa, ma io credo che nell’amministrazione sia pubblica sia privata sarebbe opportuna una costante prudenza, un costante pudore e un certo buon senso. Sempre. Ma prudenza, pudore e buon senso non abitano più qui, se mai avessero preso asilo un dì. Eccoci fresca la candidatura nel Consiglio di Amministrazione della Bcc Valdostana dell’imprenditore titolare della Bruno Tex 2, Graziano Dominidiato, anche vice presidente di Ascom-Confcommercio Valle d’Aosta. Secondo Pierantonio Genestrone, Presidente di Confcommercio, la candidatura esprime “le forze sane dell’imprenditoria valdostana” (AostaCronaca.it), nessun dubbio al riguardo, ma dati i tempi di così scarso affetto verso le banche, forse la presenza nel Consiglio di amministrazione di un ex assessore allo Sport e Turismo del comune di Aosta arrestato per concussione, non sarebbe esattamente il modo per riconquistare la simpatia dei clienti.

Per ricordare l’accaduto dell’aprile 1990:  (altro…)

Di male in peggio

13 marzo 2015

Gli avvocati dei politici, coinvolti nell’affaire dei contributi ai gruppi consiliari, si sono opposti alla richiesta dei giornalisti di poter assistere al processo che, dato il rito abbreviato, era a porte chiuse. Da semplice cittadina non credo che gli avvocati abbiano avuto una buona idea, seppur legittima: i loro assistiti hanno fatto una figura ancora peggiore. Insomma, nel breve i giornalisti si sono visti escludere e dagli scavi archeologici e dall’aula del Tribunale. Bel posto!

Caveri-Favre querela archiviata! (1° parte)

17 febbraio 2014

Stralci significativi presi dall’Atto di querela presentato da Luciano Caveri e Alessia Favre contro di me e contro il direttore del Travail, Giovanna Zanchi. (Ho tralasciato i nomi dei bambini per evitare nuovi casini: i potenti anche se sono progressisti sono sempre molto suscettibili!). Ecco:

Il 26 gennaio, in Aymavilles, presso l’hotel Rendez -Vous si è tenuta una serata per la presentazione del nuovo movimento politico UVP. Caveri nell’introdurre al pubblico la neo eletta Presidente Alessia Favre (presentatasi con la figlia in braccio) pronunciava le seguenti parole: “intanto io devo dirvi che …, la figlia di Alessia è già fidanzata con mio figlio … perché hanno la stessa età; e quando la Presidente sarà impegnata nelle riunioni del Consiglio io mi sono già volentieri offerto come baby sitter“. Qualche giorno dopo, sul periodico Le Travail-Il Lavoro a pagina 15, all’interno della rubrica satirica L’angolo di Pat a cura di Patrizia Nuvolari, compariva una vignetta riportante la seguente frase: “Dice Caveri che …, figlia del pres. UVP, è fidanzata con suo figlio …, argh! Si profila una nuova dinastia!”. Appare in tutta evidenza la pretestuosità della vignetta satirica che riprendendo la scherzosa battuta formulata da Caveri ne fa uso strumentale teso a gettare un’ombra di discredito sulla famiglia  degli esponenti e sul neonato raggruppamento politico… Nello specifico poi, la valenza satirica perde la sua coerenza casuale nella misura in cui utilizza i nomi propri dei figli minori in aperta violazione dei limiti dei codici dei giornalisti e della Carta di Treviso che tutela l’anonimato del minore… L’accostamento dei minori alla funzione politica dei genitori e al concetto di “dinastia” rappresenta … un’interferenza arbitraria della privacy del minore ed illecito attentato all’onore e alla reputazione dello stesso aggredito nel contesto familiare nel quale si sta formando.

Prima di passare alle motivazioni del Tribunale che hanno portato all’archiviazione della querela, voglio fare delle considerazioni personali. Caveri dice in pubblico che suo figlio è fidanzato con la figlia della presidente Favre e MALIZIOSA sarei io? Il fidanzamento è celebrato perché, dice sempre Caveri, i due hanno la stessa età. Che tutti i bambini si fidanzano obbligatoriamente per questo motivo? E’ un fatto naturale? Con una vignetta io avrei violato, secondo i due genitori, la privacy dei loro figli. Ma chi ha portato in un contesto non certo familiare come quello di un hotel, la propria figlia? Io? Chi ha permesso di registrarla e di postarla su you tube affinché il mondo intero potesse vederla? Io o sua madre? Chi ha accostato la sua immagine alla funzione politica del neonato partito? Io? No, io mio figlio a quell’età l’ho sempre messo a letto alle nove e, se avevo qualche impegno, ho sempre chiamato qualcuno, mai portato con me. (fine prima parte)

La ‘ndrangheta canta in quel di Aosta (1°parte)

11 febbraio 2014

Di cosca in cosca. Dopo i Nirta di San Luca, dopo i Facchineri di Cittanova, ora i Pesce di Rosarno.
Avverà il prossimo 16 Aprile a Torino l’udienza preliminare del processo a carico di Claudio , Ferdinando e Vincenzo Taccone, domiciliati dal 2004 in St Marcel, fraz Prarayer dal 2004. 
I Taccone, secondo l’ipotesi accusatoria, sarebbero collegati alla cosca Pesce di Rosarno. Reati ipotizzati: tentato omicidio, tentata estorsione, rapina, lesioni, danneggiamento con incendio, il tutto con aggravante del metodo mafioso. 
Le indagini dei carabinieri di Aosta e della DDA di Torino presero il via dall’incendio doloso di tre auto al quartiere Dora, avvenuto 
l
unedì 4 giugno 2011. Nel cortile interno di via Buthier 10 le fiamme si sprigionarono da una Seat parcheggiata nel cortile, raggiungendo i piani alti del condominio.
Il pericolo fu notevole poiché le case non posseggono allacciamento centralizzato alla rete di metano e molti balconi sono forniti di bombole di gas esterne. Il giorno del rogo una cronista di un settimanale locale, recatasi a fotografare le auto incendiate, viene minacciata da alcuni giovani del quartiere.


Prossimamente Claudio Taccone e i suoi tre figli, Ferdinando, Vincenzo e Alex, compariranno anche presso il tribunale di Aosta imputati di lesioni personali e minacce nei confronti di una coppia di loro vicini di casa di St Marcel, ma questo filone di inchiesta non attiene alle indagini della DDa di Torino.
Nel corso delle perquisizioni in casa degli imputati è stato rinvenuto materiale “culturale”, costituito da Dvd e testi manoscritti di canzoni, che ben rende l’idea dell’humus “ideale” in cui possono essere legittimati comportamenti devianti di ammirazione per i mafiosi. Naturalmente si tratta di materiale in libera vendita in tutta la Calabria, e il cui possesso non configura alcun reato. (continua…) roberto mancini.

Querela archiviata (ultima parte)

10 febbraio 2014

Visti gli atti del procedimento penale di cui in epigrafe nei confronti di Fedi Gianpaolo per art. 594 c.p. e Nuvolari Patrizia per art. 595 c.p. Ritenuta l’infondatezza della notizia di reato in quanto gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non consentono di ritenere che le frasi ei  commenti formulati sulla base della sentenza del Giudice di Torino esulino dal campo della critica politica e del diritto di cronaca, né pare che il loro contenuto abbia violato il limite della continenza, trattandosi infine di circostanze la cui rilevanza e pubblico interesse paiono indiscusse (mentre può rilevarsi come, in occasione del Consiglio Comunale che lo vedeva presente, il destinatario non abbia ritenuto di replicare). Visti gli artt.408 c.p.p., 125 D.Lv. 271/89 CHIEDE che il Giudice per le indagini preliminari in sede voglia disporre l’archiviazione del provvedimento e ordinare la conseguente degli atti al proprio Ufficio. E la mia dignità, onore, immagine sia come blogger sia come cittadina non sono state messe in discussione da un politico e amministratore che non aveva nessun argomento contro di me? Paga per questo? Niente, neppure una multa per aver fatto perdere tempo prezioso alla sottoscritta e soprattutto alla Giustizia. Una cosa è però certa: la dignità tanto cara a Sorbara gli è scivolata sotto le scarpe.

Querela archiviata (1°parte)

10 febbraio 2014

L’assessore alle Politiche sociali del Comune di Aosta, Marco Sorbara, il 21 agosto dell’anno scorso presentò querela alla sottoscritta e al consigliere Alpe, Gianpaolo Fedi, perché, in seguito alla pubblicazione dell’intercettazione telefonica con il pregiudicato Roberto Raffa e del conseguente intervento di Fedi in Consiglio, ritenne lesi il suo onore, la sua immagine e la sua dignità. Secondo Sorbara quel contatto era finalizzato alla richiesta di aiuto di un uomo che “aveva moglie e figli a carico, il lavoro non andava bene e inoltre a dire dello stesso rischiava il pignoramento della casa“. “Lo ricontattai che ero a conoscenza che presso la struttura anziani del Quartiere Cogne vi era la necessità di svolgere alcuni piccoli lavori al di sotto degli 10.000,00 euro. Per tale motivo lo misi in contatto con la mia dirigente… tale assegnazione del lavoro però non andò mai in porto. Tale mia condotta lo ribadisco era finalizzata nell’ambito del mio lavoro ad aiutare la famiglia Raffa in forte disagio economico all’epoca. ” (Atto di querela).

Dunque, secondo Marco Sorbara, la funzione di un assessore (…nell’ambito del mio lavoro…) è quella di aiutare con iniziative del tutto personali le famiglie in forte disagio economico. Mi sa che confonde il suo ruolo con quello di un parroco… forse è convinto che il Comune sia una succursale della Caritas o un’agenzia di collocamento, non è così. Sorbara può aiutare chi vuole, ma con i soldi suoi! Non con quelli dei cittadini! Il consigliere di minoranza, Fedi, ha cercato di spiegarglielo: “non so se l’assessore ne sia cosciente, ma il tono, i contenuti e il linguaggio che emergono dalla telefonata rendono trasparente la sua disponibilità agli ambienti del malaffare. Io credo che non dobbiamo accettare tutta una serie di logiche che sono sicuramente mafiose.”. Ricordare a Sorbara che il suo dovere istituzionale nulla ha a che fare con le richieste di aiuto private (chiamasi clientela), lo ha offeso, così tanto da presentare una querela contro Patuasia e Fedi.

Rollandin din din

28 luglio 2013

Rollandin, lo abbiamo letto, ha ricevuto la richiesta di rinvio a giudizio perché accusato di abuso di ufficio e turbativa d’asta insieme all’imprenditore Giuseppe Tropiano, all’amministratore unico della Coup srl, Paolo Giunti, ai professionisti Serafino Pallu, Alessando De Cecchi, Biagio De Risi e Matteo Gregorini. La questione è nota e riguarda l’acquisto del parcheggio pluripiano nell’ex residence mont Blanc. Altrettanto nota è la sicurezza che ostenta il Presidente della Giunta che non trova nulla da eccepire nel rinvio a giudizio, considerato una conseguenza fisiologica del precedente avviso di garanzia. Forse, Rollandin, nell’eccessiva sicurezza, gonfiatasi a dismisura da anni di italico berlusconismo, ha dimenticato che non è poi così normale che a capo di un esecutivo ci sia un condannato e che, nonostante la riabilitazione di ieri (perché un amministratore che ha commesso un reato può continuare a esercitare nel pubblico? Per un pedofilo che ha scontato la pena sarebbe possibile tornare a lavorare in un asilo?), sia perseguito oggi per la reiterazione presunta dei suoi reati. L’etichetta in vigore in tutto il mondo occidentale chiede le dimissioni in attesa di una risposta definita del Tribunale. L’arroganza tutta italiana se ne fa un baffo. E Rollandin din din è italianissimo.

La ‘ndrangheta made VdA (16° parte)

16 giugno 2013

Conclusioni del Tribunale di Aosta.

Deve quindi concludersi che Nirta Giuseppe, per tutti i sopra enunciati motivi, sia persona dotata di elevata pericolosità.

Queste affermazioni appaiono rafforzate nella loro gravità dalla scoperta dell’ingente  attività finanziaria clandestina all’estero di cui si è detto, oltre che dall’esistenza di un cospicuo patrimonio immobiliare facente capo al proposto ed alla sua stretta cerchia famigliare. L’imponente patrimonio mobiliare ed immobiliare non avrebbe potuto assolutamente essere accumulato da una famiglia, quale quella dei Nirta, i cui componenti risultano svolgere modeste attività lavorative dalle quali traggono redditi a dir poco sufficienti a far fronte alle ordinarie spese della vita quotidiana, se non attraverso lo svolgimento dei traffici delittuosi di cui si è detto da parte del proposto ed in particolare del redditizio narcotraffico, anche internazionale. Le stesse difese non hanno fornito la prova, onere che su di esse incombeva, della liceità della provvista necessaria all’acquisto dei cespiti immobiliari e dei beni mobili intestati a questi ed ai suoi famigliari tuttora in sequestro, né della provenienza lecita dei denari depositati sui conti, italiani ed esteri, in sequestro. Deve pertanto applicarsi nei confronti del proposto la misura di prevenzione personale richiesta nella sua massima estensione temporale, tenuto conto della caratura deviante del soggetto, con tutte le conseguenti prescrizioni. Ricorrono, infine, per le ragioni tutte esposte, i presupposti di cui all’art. 24 dlgs. cit, con la conseguenza che va disposta la confisca di tutti i beni in sequestro, fatta ovviamente eccezione per i beni già dissequestrati nel corso del presente procedimento, per i quali valgono le già espresse considerazioni circa la loro non riconducibilità ad attività illecite. Spese del presente procedimento a carico del proposto e delle altre parti private, fra loro in solido, poiché soccombenti. (roberto mancini)

La ‘ndrangheta made VdA (15° parte)

15 giugno 2013

Le argomentazioni della difesa dei Nirta, una festa di nozze per la figlia Katiuscia con 300 invitati costata 20.000 euro.

“Passando alla disamina delle argomentazioni difensive, va premesso che esse appaiono per lo più tese a raffigurare il Nirta come un soggetto esclusivamente dedito al lavoro e con alta propensione al risparmio, i cui frutti, uniti a quelli del risparmio della famiglia, sarebbero poi refluiti sia nella provvista costituita in Svizzera sia nell’acquisito del patrimonio immobiliare. A tal proposito la difesa allega che il lavoro svolto in nero, unitamente all’infedeltà fiscale del proposto e della famiglia, costituirebbero la sola giustificazione di tale divario.
Si è già notato inoltre l’enorme divario tra entrate ed uscite, entrambe di proporzioni gigantesche… Si è già detto come, quanto all’attività in nero, tale allegazione risulterebbe smentita dagli anni di osservazione cui il Nirta è stato sottoposto e da cui emerge una scarsa propensione del proposto allo svolgimento di attività lecite, ancorché non dichiarate al fisco. A ciò vanno aggiunti i periodi di carcerazione sofferti dal proposto, dal giugno 1999 al luglio 2001 e dal 2009 ad oggi, in cui pacificamente egli non ha potuto lavorare. In ogni caso di queste presunte attività lavorative svolte in nero non vi è alcuna prova in atti. Quanto alle fatture prodotte dalla difesa ed emesse dalla ditta individuale del proposto non vi è riscontro della loro autenticità e della loro effettiva annotazione sui libri contabili.”

Va evidenziato che, come attestato dalla sentenza di condanna passata in giudicato per narcotraffico, nel corso di tale anno, il 2007, si intensifica l’impegno del proposto nell’attività di narcotraffico internazionale, mentre il suo reddito da lavoro crolla ad € 8423, alle soglie della fascia di povertà. Nello stesso anno, come già detto, forte è altresì la disponibilità di danaro liquido da parte del Nirta (come comprovano il già riferito furto subito in Spagna di € 60.500 appena tre mesi prima dell’acquisto del bene anzidetto e l’esborso di 20.000 euro circa sopportato poco prima per il banchetto nuziale della figlia Katiuscia NIRTA che ha luogo il 9,9.2006).

Ricorrono, pertanto, fondati sospetti circa l’illecita provenienza del danaro sborsato dal proposto per l’acquisto effettuato dai figli, di talché deve ritenersi che il bene sia stato almeno in parte acquistato con i proventi dei traffici delittuosi svolti dal Nirta. (roberto mancini)

 

 

La ‘ndrangheta made VdA (14° parte)

14 giugno 2013

Le origini del deposito in Svizzera e i collaboratori di Giustizia. Recita il decreto di confisca:

Si può così concludere che, escludendo apporti nel tempo dovuti ad eventuali risparmi della famiglia o ai proventi ricavati dall’attività svolta “in nero” dal proposto …, l’unica ragione della clandestina costituzione da parte del proposto della provvista in Svizzera, dissimulata vuoi mediante il ricorso a prestanome scelti nella cerchia famigliare, vuoi mediante lo schermo della società fiduciaria del Liechtenstein, è quella di sottrarre al controllo delle Autorità Italiane somme di danaro frutto di attività illecite che, ove depositate su conti italiani, sarebbero state di sicuro oggetto di accertamenti circa la loro provenienza.” Non vanno poi taciute le dichiarazioni dei collaboranti Canino e Olivieri riportate nella richiesta di applicazione delle misure cui si fa rinvio, che attestano come il proposto sia persona abitualmente dedita ad attività delinquenziali di tipo organizzato non estranee o comunque contigue ad un contesto di tipo mafioso.”

Ma il sodalizio criminale non è provato! In sede penale Nirta è stato assolto dall’accusa di associazione a delinquere. Torna il tema dell’autonomia di giudizio delle misure preventive rispetto ai pronunciamenti penali.

in tema di misure di prevenzione, il presupposto per l’applicazione della misura patrimoniale non risiede necessariamente nella condanna per alcuno dei reati associativi indicati dalla legge 575 del 1965, essendo sufficiente la mera condizione di indiziato di appartenenza al sodalizio criminale”

Circa l’attendibilità di tali collaboranti, essa è acclarata dalla sentenza 16 gennaio 1995 con cui il Tribunale condanna, tra gli altri, Giuseppe Nirta (n.1965), cugino omonimo del proposto, fondata anche sulle dichiarazioni del Canino, ritenuto attendibile anche dalla sentenza del 10 ottobre 1994 con cui il Gup Tribunale Torino condanna Stefano Piana per il delitto di associazione di tipo mafioso, estorsione ed usura e dalla stessa Corte di Cassazione in un procedimento relativo a Cosa Nostra siciliana ( vedi Cass. pen. sez.I 23 gennaio 2004 n.2438), e quanto all’Oliveri, dalla citata sentenza del Gup Tribunale Torino. (roberto mancini)