Questa è bella! Il noto, notissimo critico d’arte, Paolo Levi, quello che con SVEART (la squallida esposizione di squallide operucole di giovani e meno giovani artisti costata 500.000 euro per non portare nulla, se non, appunto, squallore!) avrebbe messo all’angolo la Biennale di Venezia, oscurato i fasti delle più importanti manifestazioni artistiche internazionali, si mette a disposizione degli artisti per certificare con apposito “Attestato di valutazione” le loro opere. Al modico prezzo di 280 euro per dieci creazioni l’eminente intenditore di provata esperienza ne darà il giusto prezzo, al quale aggiungerà una breve citazione critica. Ventotto euro a quadro per sapere a che cifra venderlo-per-non-svenderlo. Una cifra modica che solleverà i pittori, i fotografi, gli scultori… dallo “scomodo ruolo di autovalutazione a cui gli artisti spesso devono sottostare, aumentando la possibilità di essere presi in considerazione da collezionisti e galleristi d’arte“. Secondo il critico di alto prestigio è il prezzo giusto che fa l’opera. Infatti, Paolo Levi, ha dato motivo di credere di essere più appassionato ai soldi che all’arte. Così tanto che è disposto ad affrontare il ridicolo, come in questo caso, pur di raggrannellare qualcosa. Eggià, un’altra regione ignorante e sprecona come la nostra dove la trova? Perché quei 500.000 per la cagata che si è rivelata essere SVEART, non erano il prezzo giusto.
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OK, il prezzo è giusto!
4 novembre 2013La faccia tosta di un potere tosto!
14 febbraio 2013All’interpellanza presentata dal consigliere Alpe, Alberto Bertin, sui risultati ottenuti dalla Biennale denominata Sveart (ribatezzata da Patuasia in Svenart), manifestazione artistica che ha coinvolto una quarantina di artisti o sedicenti tali, provenienti dalle Accademie d’Europa e segnalati dai rispettivi direttori sulla base di imprecisati meriti (l’Accademia torinese ha segnalato un’artista valdostana che ha presentato due opere così brutte da rientrare nella più coerente categoria delle croste) e costata un miliardo delle vecchie lire (fa più effetto e dà l’idea dello spreco), il Presidente della Regione, Augusto Rollandin, Prefetto, Presidente della Università valdostana e dell’Associazione Forte di Bard, nonché pregiudicato, ha risposto con quella che altro non si può definire che faccia tosta: sostiene, infatti, che il migliaio di visite gratuite spalmate su due mesi di esposizione sono un risultato positivo! Che i media ne hanno parlato a lungo, ma non ha citato quali sono state le testate che hanno affrontato l’argomento e che i valdostani hanno snobbato la mostra. Come se le la Biennale di Venezia, indubbiamente rottamata dal successo internazionale riportato da Saint-Vincent, fosse organizzata per la fruizione dei veneziani! Perché mai uno dovrebbe andare a vedere una mostra di giovani sconosciuti, organizzata da un vecchietto delirante e amico di “famiglia” e organizzata in modo penoso? Come se di iniziative in tal senso non ce ne fossero abbastanza? Il presidente dell’associazione, che ha sostenuto moralmente l’iniziativa (i soldi provengono dalle nostre tasche), pensa già al futuro. Alla faccia tosta io qui aggiungerei anche qualcos’altro che trattengo dallo scrivere per evitare una denuncia per diffamazione. Allego un video girato all’aeroporto di Vienna, giusto per darvi un’idea approssimativa del fare arte oggi. Sarebbe auspicabile che i giovani artisti presenti in quella scassatissima e speriamo ultima iniziativa cominciassero a fare qualche giro per musei e per l’Europa, ma potrebbero anche solo studiare e sfogliare delle riviste specializzate, perché dalle loro opere emerge chiaramente un’ignoranza di fondo spaventosa! Ignoranza abissale condivisa dai nostri amministratori! Buona visione.
Un fiasco annunciato
31 gennaio 2013“Quando si porta cultura, tutti dovrebbero essere contenti e collaborativi. Così non è stato.“, a dire questa scemenza è l’assessore alla Cultura del comune di Saint-Vincent, Maura Susanna. Ma la dichiarazione più forte, fatta a La Stampa, è la conclusione: “Ho avuto modo di vedere il mondo attraverso gli occhi di giovani artisti, provenienti da tutta l’Europa… In ogni modo, ancora una volta, Saint-Vincent è stata al centro dell’Europa. E io vorrei vivere abbastanza a lungo per vedere uno di questi giovani artisti diventare famoso come Picasso“. Un delirio che fa il paio con quello del curatore, Paolo Levi che pensava di rottamare la Biennale di Venezia. Saint Vincent al centro dell’Europa con milleduecento visitatori a gratis? Con una media di venti persone al giorno? Con opere mediocri quando non scadenti (quella della nostra conterranea particolarmente penosa!)? E’ chiaro come il sole che il nostro assessore non è un’abituale frequentatrice di mostre, fiere e biennali d’arte, al contrario se ne starebbe zitta e accuserebbe con un minimo di dignità il clamoroso e preannunciato fiasco. Invece scarica la responsabilità dell’evidente insuccesso di Sveart su di noi che non abbiamo capito, non siamo stati contenti e non siamo stati collaborativi. Come il presidente del suo partito, Ego Perron, che a referendum perduto dichiara che, sempre noi, non siamo stati in grado di usare il cervello. Bell’opinione ha l’Union valdotaine dei valdostani! Se fosse onesta Maura Susanna si porrebbe alcune domande su come è stata utilizzata la comunicazione; sulla qualità effettiva delle opere che non sono state selezionate da un esperto, ma dagli artisti stessi; sulla qualità professionale e umana del curatore e soprattutto sulla congruità dei costi (pazzeschi per una cavolata simile!). Nessuna domanda ha increspato le labbra della Joan Baez nostrana. Solo giustificazioni in difesa della scelta della Giunta regionale. E qui mi scappa anche da ridere per via della schizofrenia del personaggio: è come se la vera Joan Baez avesse preso a suo tempo le difese di Nixon! Auguro all’assessore di vivere a lungo, ma sono certa che il suo desiderio di vedere un nuovo Picasso nascere dalle ceneri di Sveart sarà frustrato. (Ma l’assessore ha vagamente un’ idea della grandezza intellettuale e artistica che ha avuto Picasso?)
Qualcuno ne parla?
6 gennaio 2013E allora della manifestazione che avrebbe dovuto, secondo la previsione del noto curatore Paolo Levi, rottamare la Biennale di Venezia, che si dice? Io non sento nulla. L’ultimo post sul sito risale al 12 dicembre. Quanti visitatori ci sono stati? Quanti articoli pubblicati su riviste specializzate? Quanti galleristi hanno preso contatto con le Accademie europee invitate? Quanti collezionisti si sono fatti vivi con gli artisti? Quanti turisti hanno prenotato per l’evento? Sarebbe interessante conoscere le cifre esatte, perché da queste si evince il successo o meno di una manifestazione. Sarebbe altrettanto interessante fare una comparazione con le cifre registrate nell’ultima edizione della Biennale veneziana, giusto per capire, se questa è stata rottamata e quindi sostituita dalla brillante idea del critico che tanto ama la Valle d’Aosta e l’amico Rollandin.
Siamo fessi!
3 dicembre 2012La scritta orrenda che insulta il nostro monumento più bello fa il paio con la mostra Sveart: nessuna cultura sfiora questi luoghi, nessun rispetto. Sono andata a Saint-Vincent per conoscere la manifestazione che dovrebbe, come dice uno dei curatori, Paolo Levi, “rottamare” la Biennale di Venezia. La location è squallida: il palazzo dei Congressi. Due grandi stanze una sopra l’altra unite da una scala condominiale in marmetto bianco e divise dal piano con le toilettes. L’ingresso alle opere è caratterizato da una tenda rossa che sembra quella del salotto della nonna. L’allestimento è il più povero che abbia mai visto negli ultimi anni. Pannelli di truciolato verniciati di bianco. Chiodi. Nessuna scritta, nessun intervento ad hoc per questa o quell’opera. I video non sono protetti dalla luce diffusa pertanto non si vedono. (E non è grave.). Quando il giornalista, nell’intervista all’altro curatore, affronta la voce costi, il prof. Faloppa cita proprio l’allestimento come un elemento importante della spesa. E sono balle! Per entrare nel merito posso dire che le opere dei giovani artisti sono convenzionali e non presentano niente di interessante o di commovente. Non è certo questa manifestazione che può tastare il polso dell’arte contemporanea europea come ci hanno voluto far credere i curatori. (Anche loro come i nostri politici ci prendono per fessi!). Come ho già scritto, si tratta unicamente di un’operazione per far soldi. E neppure in questo caso si può definire unica.
Sveart (Svenart), riassunto
1 dicembre 2012Dopotutto a fare un po’ di attenzione si sarebbe dovuto intuire che dietro Svenart oltre alla bufala culturale si celava solo un affare per gli organizzatori. I cognomi: Levi, voce del verbo levare, seconda persona singolare, presente; Trafficante, uno che traffica, commercia; Faloppa, in patois grossa cazzata. Per riassumere il succo dell’iniziativa: i tre hanno imbastito un bel commercio per levare soldi ai valdostani in cambio di una grossa cazzata.
(La “filosofia europeista dei giovani” trova conferma nel sito dove per alcuni articoli si legge: Désolé, cet article est seulement disponible en Italiano/Sorry, this entry is only available in Italiano.).
Spento sarà lei
29 novembre 2012Il critico e curatore di Svenart, Paolo Levi, così esordisce in conferenza stampa: ” Grazie a Rollandin, questo presidente illuminato di un paese spento“. Doveva arrivare lui, professore di arte, per dirci che siamo spenti. Spenti, ma spendaccioni visto che gli abbiamo dato 500.000 euro per il suo giocattolo. L’anziano signore nel suo delirio afferma che Saint-Vincent rottamerà eventi come la Biennale di Venezia, Documenta a Kassel, la Tate Gallery (che non è un evento, ma un museo), Rivoli (che non è un evento, ma un museo). A questo parole persino Rollandin che di arte non solo non ci capisce, ma non gliene frega un accidenti, solleva un sopracciglio, accenna a un sorrisetto che Levi, nel suo personalissimo vaneggiamento, non nota. Dunque, Saint-Vincent affida la sua “sfida culturale”, come dice Adalberto Perosino più somigliante a una sorpresina kinder che a un sindaco, a un personaggio simile. Ma li cerchiamo con il lanternino questi qui? L’altro curatore-insegnante, Federico Faloppa, trova azzeccatissima l’idea di essere venuto in Valle d’Aosta e gli credo. Quale altra amministrazione avrebbe sponsorizzato una roba simile? Faloppa con le parole galoppa, aggiunge che si tratta di una grande esposizione: ottantotto opere una grande esposizione? Così grande da mettere in crisi la Biennale di Venezia? Le parole chiave che gli hanno aperto le porte di questa brillante idea sono: nuovo e altro. Parole davvero nuove e altre. Dice che Svenart fotografa quello che sta succedendo in Europa. Ma di Biennali di giovani artisti europei ce ne sono diverse e nate molto prima, grazie anche ai fondi UE. Ma Svenart è soprattutto una “filosofia europeista per giovani” conclude in conferenza stampa tale Claudia Trafficante, sputando così non solo sull’arte, ma anche sulla filosofia.
Adeguato sarà lei!
29 novembre 2012Quando leggo queste affermazioni non sapete quanto mi incazzo! Oggi si inaugura Sveart che io ho ribattezzato in un più esplicito Svenart. Così dice, dalle pagine della Stampa, uno dei due curatori Federico Faloppa: “credo che sia un budget adeguato a un progetto come questo. La preparazione di Sveart ha richiesto tempo, ma anche risorse economiche che ne permettessero la realizzazione. Le spese per le spedizioni, l’ospitalità e per un oculato allestimento sono molte”. E sono balle! 500.000 euro cioè un miliardo delle vecchie lire per questo progetto che non ha nulla di innovativo (manifestazioni di questo tipo ce ne sono e da svariati anni) sono troppi! Si sfruttano i giovani che non costano nulla per far guadagnare i curatori che, da operazioni di questo tipo, sono gli unici a trarre un vero beneficio. E questi osano parlare di sfida culturale? L’unica sfida di questo “progetto ambizioso” è poter garantire un oculato vitalizio biennale. Ma la crisi che toglie risorse agli studenti valdostani non sfiora questi avventurieri dell’arte? E il Casinò in passivo che chiede i soldi a CVA com’è che li investe in queste pseudo biennali?
SVENART!
2 ottobre 2012“E’ una biennale che si colloca al di fuori dei circuiti commerciali e obsoleti delle grandi esposizioni internazionali come l’Arte Fiera di Basilea, la biennale di Venezia o la Tate Gallery di Londra; spesso vette inarrivabili per i giovani artisti che si affacciano sulla scena contemporanea”, questo ha affermato Paolo Levi, curatore e ideatore di Sveart (visti i costi di realizzo ribattezzata in Svenart). Ma non basta: “Abbiamo le condizioni per dare fastidio per concorrenza a nomi come Biennale di Venezia, Tate Gallery, Castello di Rivoli. Dalla nostra abbiamo la meritocraza delle accademie europee, con i docenti che scelgono gli allievi migliori da inviare in quello che deve diventare un punto d’incontro, e che poteva nascere solo qui». Delirio allo stato puro a cui si associa Luca Frigerio, amministratore di successo del Casinò di Saint Vincent. Che altro poteva dire? Che era una bufala colossale strapagata, in tempi di crisi, dai cittadini valdostani? Secondo il critico d’arte, che tanta fortuna ha incontrato a casa nostra, la sua biennale è dunque altra cosa rispetto alle obsolete biennali europee (che c’entrano la Tate Gallery e Rivoli che sono dei musei?) e di questo siamo assolutamente certi: come potrebbe competere Sveart con Art Basel, Documenta e la Biennale di Venezia? Il costo per l’inaugurazione però è all’altezza delle ambizioni di Levi: 36.000 euro! Pure il sito che è costato 24.000 euro e ne può valere sì e no un decimo! L’intero progetto (due paginette) è stato venduto come ” un’iniziativa nuova, un concorso speciale, un repertorio unico“, ma nuovo, speciale e unico non è. Ricordo BASE, la Biennale d’arte degli studenti europei, promossa dalla Commissione europea che prevede l’inserimento dei giovani vincitori nel mondo del lavoro tramite stage di formazione presso aziende deputate. E la Biennale dei Giovani artisti dell’Europa e del Mediterraneo, la più prestigiosa vetrina dell’arte giovane europea, creata ormai dieci anni orsono. Anche in questa occasione i giovani vincitori avranno la possibilità di esporre le loro opere in prestigiose locations europeee, entrando così a far parte di un circuito conosciuto e internazionale. Il vincitore di Sveart sarà ospitato con una personale, in una delle tante sale valdostane: una bella differenza che fa la differenza! Ma Sveart non vuole essere una manifestazione alla moda: non ne avrebbe le capacità. Ci fanno passare per fessi, ma solo i politici, probabilmente per calcolo o per favori da elargire o perché fessi lo sono per davvero, ci cascano e spendono e spandono i nostri soldi! Per concludere mi rivolgo al signor Levi, per dirgli una cosa ovvia e cioè che il sogno custodito nel cassetto di ogni giovane artista non è tanto quello di esporre a Saint-Vincent o in Valle d’Aosta quanto quello di far parte di quei circuiti commerciali e obsoleti che lei, da escluso, tanto disprezza.
SVENART!
28 luglio 2012Ritorno sull’argomento perché come saprete l’arte mi sta particolarmente a cuore. Dunque, “Nel cuore della Valle d’Aosta, in quella Saint-Vincent che è da sempre luogo cruciale della storia per la sua posizione stategica, della cura e della salute grazie alle sue benefiche acque, dell’intrattenimento con il suo storico casinò e della cultura grazie ad una attenta programmazione, si svolgerà dal 29 novembre 2012 al 31 gennaio 2013 la prima edizione di SVEART, Premio Biennale di Arte Europea.” Il comunicato stampa oltre che servile è deprimente, sa di Valle da bere e in effetti chi festeggerà a Prosecco (eh eh) ci sarà eccome! Questo Premio viene presentato come una “novità assoluta che vuole restituire dignità alle Accademie di Belle Arti europee e al contempo riportare la Valle d’Aosta al centro di un processo di diffusione culturale di livello internazionale”. Queste sono le parole; i fatti si tradurranno in un centinaio di opere selezionate dagli artisti medesimi che a loro volta saranno stati scelti dai direttori delle loro rispettive Accademie. Cento opere quantitativamente costituiscono una personale, altro che Biennale internazionale! L’ideatore e curatore dell’evento, Paolo Levi, intende “riaffermare un’arte affrancata dalle regole del mercato, in un’ottica di libera circolazione delle idealità e dei talenti”. Parole vuote come una zucca di Halloween. Ma creano facili suggestioni nei cervellini provinciali dei nostri amministratori che di arte e di mercato dell’arte non capiscono un tubo! Un’arte affrancata dalle regole del mercato non esiste, non per gli artisti che con quelle regole pagano l’affitto, ma esiste eccome per i curatori che sfruttano i giovani, presupposti talenti come materia prima per le loro elucubrazioni intellettuali, quando ci sono, ma soprattutto per riempire il loro portafoglio. (Ricordo che questa mostra che conta un centinaio di opere di studenti costa 500.000 euro!). I giovani artisti fanno fine e non impegnano, più che altro non costano: le loro opere “affrancate” dal mercato necessitano di un’assicurazione ridicola, le responsabilità sono ridotte all’osso: le creature sono disposte a tutto pur di avere un minimo di visibilità. Si tratta quindi di un’operazione che ridarà lustro al curatore, riconfermerà il suo appeal proprio in quel mercato che dice di voler respingere. E noi paghiamo!
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