Posted tagged ‘Operazione lenzuolo’

Locale di Aosta

18 giugno 2014

Articolo di Roberto Mancini pubblicato grazie a Nuovasocietà.it

La presenza nelle esplosioni del 1977 di Carmelo Oliverio, nipote di Santo Oliverio, ci costringe ad abbandonare la cronologia del racconto.
Santo Oliverio infatti è protagonista, alcuni anni dopo, di una clamorosa inchiesta valdostana anti-’ndrangheta finita nel nulla: “Operazione Lenzuolo” del 2000.
Ne emerge memoria dalla lettura delle motivazioni della sentenza “Tempus venit” del 2013, quella che condanna (in prima e seconda istanza) il clan Facchineri per estorsione mafiosa ai danni del costruttore Giuseppe Tropiano.
Essa rivela che già tre pentiti di ndrangheta , alla fine degli anni 90, avevano rivelato la presenza di un’organizzazione ‘ndranghetista in Valle d’Aosta. Si tratta Francesco Fonti, Salvatore Caruso e Annunziato Raso. Ecco le loro dichiarazioni, Francesco Fonti disse:
«Sono arrivato a Torino nell’anno 1971 e da subito, ho saputo che in Valle d’Aosta vi era un Locale attivo».
(Il “Locale” è la struttura di base della ‘ndrangheta che sorge in un determinato paese, allorché si supera il numero minimo di 49 affiliati a qualunque “copiata” a cui appartengono . (altro…)

Storie di ‘ndrangheta in Valle d’Aosta (2°parte)

28 febbraio 2014

Operazione lenzuolo”. Le indagini nascono dall’omicidio di Gaetano Neri a Pont St Martin. È in seguito all’omicidio di Gaetano Neri, avvenuto a Pont Saint Martin il 13 giugno 1991, che suo cognato Salvatore Caruso, affiliato alla cosca Asciutto-Neri-Grimaldi di Taurianova, decide di collaborare con la Giustizia deponendo al processo Taurus in corte d’Assise di Palmi. Neri viene assassinato a Pont da Salvatore “Sasà” Belfiore, secondogenito di Domenico. I Belfiore di Gioiosa Ionica vivono presso Chivasso, in una cascina a San Benedetto Po: Domenico, il decano della famiglia, in seguito alla confessione del pentito catanese Francesco Miano viene condannato all’ergastolo come mandante dell’omicidio di Bruno Caccia, procuratore di Torino e già procuratore di Aosta.

Caruso, che si è trasferito in Valle nel 1982, il 23 novembre 1993 spiega alla Procura di Aosta che anche qui sono presenti ed operanti esponenti della ’ndrangheta; in quest’occasione indica quale capo-bastone Francesco Raso (membro del direttivo del PSI), sostenendo che questi era subentrato a Santo Oliverio.

Da queste indicazioni nasce l’operazione “Lenzuolo”, che nel 2000 porta ad indagare da parte della DDA e della Procura della Repubblica di Torino 16 persone per “aver fatto parte della associazione di tipo mafioso di matrice calabrese denominata ’ndrangheta e, in specie, dell’articolazione della medesima costituita in Aosta ed indicata come “locale” di Aosta.

Solo tre, Santo Oliverio, Francesco Cuzzocrea e Antonino Curatola risiedono in Calabria, gli altri tredici sono tutti residenti ad Aosta e dintorni:si tratta di Santo Pansera, Annunziato Cordì, Giacomo Gullone, Giuseppe Gullone, Domenico Macheda, Giuseppe Neri, Giuseppe Oliverio, Giuseppe Rao, Francesco Raso, Vincenzo Raso (che dieci anni dopo sarà protagonista dell’indagine Tempus Venit. E’ dipendente dell’Edil sud di Giuseppe Tropiano. Per le sue vicende processuali nell’estorsione mafiosa verso i Tropiano, cfr Patuasia “La ‘ndrangheta c’è” , parte III e IV, ndr). Rocco Seminara, Vincenzo Sergi, Giorgio Sorbara. A Santo Pansera, titolare di un autolavaggio in viale Partigiani, è contestata l’aggravante di svolgere nella ’ndrangheta un ruolo direttivo ed organizzativo, in qualità di incaricato, da esponenti di vertice della consorteria attivi in Calabria, e di supervisionare l’andamento e le attivitàdel “locale” di Aosta. (roberto mancini)

La ‘ndrangheta c’è! (3° parte)

20 gennaio 2014

La famiglia Raso?
Nella sentenza di primo grado essa viene così delineata a pag 188:
“Tra i detti fiancheggiatori ( della cosca Facchineri, ndr) vi sono i Raso, il cui capostipite Raso Domenico ,detto “Micu Zuccaro”, è stato coinvolto in varie vicende giudiziarie e sottoposto ad indagini per vari reati e, soprattutto, nel procedimento penale della D.D.A. di Reggio Calabria a carico del noto latitante Luigi Facchineri + 11, per il delitto di associazione di tipo mafioso in relazione al quale è stato colpito da ordinanza di custodia cautelare in carcere. Anche i figli Vincenzo, Michele e Salvatore sono indicati dai militari dell’Arma di San Giorgio Morgeto quali persone inserite nella cosca “Facchineri”. Nell’annotazione citata si legge anche: “Nell’ambito delle indagini sull’esistenza del Locale della ‘ndrangheta in Aosta, (Operazione Lenzuolo, ndr) il Raso era persona di estremo interesse operativo e braccio destro del capo dell’epoca Santo Pansera. Alla morte di quest’ultimo, fonti informative hanno riferito che il Raso è attualmente il capo della consorteria anche e soprattutto per i legami di parentela anzidetti”. Raso Michele, nel 1985 denunciato in stato di libertà per omicidio doloso e per associazione di stampo mafioso, sino all’avvento della nuova cosca operante nel territorio di San Giorgio Morgeto cioè quella “Facchineri”, era inserito a pieno titolo nella cosca “Furfaro”, con a capo Furfaro Antonio, assassinato nel 1991.”.
Con questo back-ground quando Salvatore Raso viene assassinato il 17 settembre 2101 in san Giorgio Morgeto, gli inquirenti fanno una scoperta: “…ad opera dei militari di Taurianova veniva anche eseguita una perquisizione presso l’abitazione della vittima, durante la quale era rinvenuto e sequestrato un manuale di 21 pagine, contenente la descrizione di alcuni riti di affiliazione alla ndrangheta dal titolo “i codici sociali minore, maggiore e criminale” (pag 33). (continua) roberto mancini


La ‘ndrangheta made VdA (8° puntata)

23 aprile 2013

Salta fuori l’Operazione Lenzuolo del 1999.
Dalla lettura delle motivazioni della sentenza Tempus venit, emerge una notizia clamorosa: già tre pentiti di ndrangheta , alla fine degli anni 90, avevano rivelato la presenza di un’organizzazione ndranghetista in Vda. Si tratta di Francesco Fonti, Salvatore Caruso e Annunziato Raso. Ecco le loro dichiarazioni.
Francesco Fonti:sono arrivato a Torino nell’anno 1971 e da subito, ho saputo che in Valle d’Aosta vi era un Locale
attivo. (
Il “Locale” è la struttura di base della ‘ndrangheta che sorge in un determinato paese, allorché si supera il numero minimo di 49 affiliati a qualunque “copiata” a cui appartengono (per copiata si intende il nome di uno dei responsabili del Locale a cui i picciotti fanno riferimento. Tale nominativo viene comunicato all’affiliato dopo la cerimonia di affiliazione  detto battesimo). Allorquando si forma un Locale si deve dare notizia alla “mamma” di San Luca, da dove viene inviato un rappresentante il quale organizza la riunione del Locale alla presenza di tutti gli affiliati di quel paese. Nel corso della riunione viene nominato il Capo Bastone, il Contabile ed il Crimine ndr).
Continua Fonti: “Responsabile del Locale di Aosta era tale Pansera Santo (deceduto ad Aosta il 2 Aprile 2003 per cause naturali, ndr), proprietario di un autolavaggio in Aosta e da noi ‘ndranghetisti veniva identificato come “Compare Santo»; dal Locale di Aosta dipendeva a sua volta il sottolocale di Ivrea. Questo sottolocale era gestito dalla famiglia Forgione; Fonti riferiva inoltre: “…l’attività principale del locale di Aosta  erano le estorsioni a imprenditori e la droga”.

Salvatore Caruso: “ per che ne so io, già dall’88 di sicuro, perché ero in carcere in Valle d’Aosta e già lì mi avevano detto che attivavano, perché c’erano degli ‘ndranghetisti calabresi a Brissogne e hanno detto che attivavano lì ad Aosta”.
Il termine “attivare” significa operare, essere operativi.

 Annunziato Raso: non so se effettivamente in Valle d’Aosta sia attivo un Locale della ‘ndrangheta, ma comunque essendoci in Valle una forte comunità calabrese, è sicuramente probabile che esistano delle persone referenti della ‘ndrangheta per la Calabria. Infatti è sicuramente improbabile che qualsiasi comunità calabrese, intesa come criminale, tronchi i collegamenti con la terra d’origine. Infatti tanto più sono ampie le conoscenze e le amicizie, per qualunque Capo, tanto più ampio è il suo potere”.

Per queste ragioni a partire dal mese di novembre 1999 il Nucleo Investigativo del Reparto Operativo dei CC della Valle d’Aosta eseguiva  indagini per  verificare l’esistenza di un “Locale” della ‘ndrangheta operante in Valle d’Aosta. I rapporti degli inquirenti avevano consentito di ipotizzare con una certa sicurezza che la famiglia della ‘ndrangheta egemone in Valle d’Aosta era quella dei Facchineri, che contava sulla presenza di parenti e sicuri fiancheggiatori residenti in Valle dAosta da molti anni e quindi ben inseriti nella comunità valdostana. Al termine dell’inchiesta giudiziaria, denominata “Lenzuolo”, venivano deferite 16 persone perché ritenute responsabili di aver creato in Valle d’Aosta un’associazione per delinquere di stampo mafioso con le caratteristiche gerarchiche tipiche dell’organizzazione criminale calabrese. L’indagine veniva svolta dal pm Francesco Mollace, della DDA di Reggio Calabria. La competenza della procura calabrese derivava dalla convinzione che la struttura criminale, per le sue caratteristiche di “Locale di servizio”  fosse una promanazione delle cosche operanti in Calabria. Il G.I.P di Reggio Calabria tuttavia si dichiarava non competente, trasferendo il procedimento Penale alla Procura della Repubblica di Torino , presso la DDA (Direzione Distrettuale Antimafia).
Il GIP del Tribunale di Torino disponeva però l’archiviazione dell’indagine, non ritenendo  provato il reato-fine dell’associazione.