Roberto Raffa risiede a Aosta, precisamente ad Excenex . E’ cognato dei Facchinieri due volte: ha sposato una sorella di Giuseppe Facchinieri. Inoltre un altro Facchinieri, Vincenzo, ha sposato una sorella di Raffa. Ha precedenti penali per spaccio di sostanze stupefacenti. E’ stato arrestato dalla Squadra Mobile della Questura di Aosta il 24 ottobre 2006, perché sorpreso a cedere 470 gr di hashish e detenere 515 gr. di marijuana, reato per il quale è stato condannato a 2 anni di reclusione dal Tribunale di Aosta. Svolge l’attività di imprenditore edile, come socio della “Guerrisi & Raffa costruzioni” con sede in Charvensod (AO), fraz Ampaillan nr.77. Il padre, Natale Raffa, era segnalato come affiliato alla cosca “Furfaro” operante in Cittanova, ora disciolta. La sua è una storia esemplare, come attestano gli atti dei due processi: egli rappresenta in maniera evidente il passaggio dal crimine mafioso puro e semplice allo status di imprenditore mafioso, che si pone problemi di concorrenza e penetrazione sul mercato valdostano. Ma andiamo con ordine. Come recita la sentenza d’Appello a pag 48, si tratta del “basista” sia dell’estorsione verso i Tropiano che verso la Archeos di Monteleone:
“………….si ha la prova che Raffa Roberto è il soggetto che ha recuperato e trasmesso a Facchinieri l’indirizzo dell’abitazione di Monteleone : è cioè il “basista” aostano degli estorsori.”
Inoltre in un passaggio dell’interrogatorio reso al Pm il 23/1/2012, Michele Raso ha dichiarato che “Facchineri aveva pensato alla Valle d’Aosta per commettere le estorsioni “perché era suo cognato Roberto Raffa che gli dava le indicazioni”. Però si tratta anche di un esecutore dell’attentato incendiario all’escavatore dell’Archeos sito presso il castello di Quart, come recita la sentenza di Appello a pag 64 : l’auto scorta da un testimone sul luogo del crimine è quella di Raffa. “Al di là della approssimativa indicazione della targa (che, per altro, ricalca in gran parte quella della autovettura di Raffa), fornita dal teste……….., il modello e soprattutto il segno distintivo costituito dall’ammaccatura rendono ragionevolmente certo che la vettura presente nelle immediate vicinanze del luogo ove si trovava la pala meccanica incendiata era la Fiat Panda intestata e in uso a Raffa Roberto.”. (continua…) roberto mancini
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La ‘ndrangheta c’è (5° parte)
22 gennaio 2014La ‘ndrangheta c’è! (2° parte)
17 gennaio 2014E l’assoluzione di Michele Raso?
Secondo la prima istanza era provata la funzione di “guardianìa” svolta dall famiglia Raso in Calabria in favore degli interessi dei Tropiano. Cito dalla sentenza di primo grado, pag 167: “… Il ruolo che i Raso hanno sempre svolto nei confronti dei Tropiano emergeva anche nei commenti di Tropiano Giuseppe a proposito dell’omicidio di Salvatore Raso: si comprende chiaramente la “stima” di Tropiano per Raso, come colui che impediva le cattive azioni di quelli che non stavano dalla sua parte, “teneva l’ordine” ed “evitava che altri rubassero escavatori”; implicitamente ne affermava il ruolo di guardiano degli interessi della famiglia Tropiano “questo ragazzo qua… faceva che se a te ti dicono vai a rubare quell’escavatore lui si rifiutava… e non solo si rifiutava, impediva gli altri a farli andare…”. L’attività di “guardiania” che i Raso svolgevano a favore dei Tropiano si evidenzia anche nella conversazione avvenuta il 31 marzo 2011 a bordo dell’autovettura noleggiata presso l’aeroporto di Lamezia Terme e utilizzata per recarsi a San Giorgio Morgeto. A bordo del veicolo erano presenti i fratelli Angelo, Giuseppe e Salvatore Tropiano. Con particolare riferimento all’attività di Salvatore Raso, Tropiano Giuseppe a un certo punto esclamava: “tanto a Turi qualche volta lo pago”lasciando intendere, quindi, che talvolta gli aveva dato del denaro.” Di altro parere invece la Corte d’Appello, secondo cui Michele Raso ….“si è determinato ad aiutare i Tropiano, vittime di estorsione, unicamente per scopi solidaristici ed altruistici che, in quel rapporto di amicizia e frequentazioni decennali, trovano la loro ragion d’essere (pag 76). Ancora, a pag 77: “….non si vede come il Raso abbia potuto agevolare l’azione estorsiva essendosi costui, fin da subito, adoperato al solo fine di impedirla nell’esclusivo interesse dei Tropiano e alla luce di un rapporto di amicizia consolidato nel tempo…. il Raso non agiva sicuramente per arrecare vantaggi agli estorsori”. (continua…) roberto mancini.
La ‘ndrangheta made VdA (10° puntata)
7 Maggio 2013La comprensione di un fenomeno può iniziare dalle parole. E’ un metodo che può servire sia ai lettori di queste note, sia agli investigatori, come richiama la dr.essa Bompieri, quando afferma “esplorare il materiale investigativo… superando il significato apparente delle parole”.
La parola che analizzeremo oggi è particolarmente inflazionata in Vda, sopratutto in periodo elettorale : si tratta del termine “amicizia”. Ma veniamo alla parte della sentenza che parla delle peculiari caratteristiche mafiose delle estorsioni avvenute. Così recita la sentenza:
“E’ poi oltremodo significativo quanto dichiarato proprio da Michele Raso nel corso dell’interrogatorio reso al Pm il 23 gennaio 2012 (ossia tre mesi dopo che Salvatore, fratello di Michele, era a stato ammazzato a San Giorgio Morgeto, ndr). Alla domanda circa le modalità attraverso le quali egli pensava di poter convincere gli estorsori a “lasciare in pace” i Tropiano, Raso ha risposto che li avrebbe persuasi “con la forza dell’amicizia (…) dicendo che erano miei amici”. Il linguaggio utilizzato da Raso nella risposta data al magistrato è davvero eloquente ed è, per così dire, una sorta di vera e propria “confessione” dell’aggravante (della modalità mafiosa dell’estorsione, ndr).
Raso ha spiegato a parole il metodo tipico dell’ambiente mafioso e che ha caratterizzato anche l’intervento suo e di suo fratello nell’episodio estorsivo, modalità comune e condivisa dagli estorsori, dagli intermediari, dagli estorti: è chiaro che pensare di fare fruttuosamente ricorso, trattando con l’estorsore, al rapporto di “amicizia” con le vittime, al fine di ottenere l’interruzione di un’azione estorsiva attuata con gravi minacce di morte, invio di bossoli, sparatorie in casa, sarebbe semplicemente ridicolo. A meno che parlare di “amicizia” non significhi, in realtà, fare riferimento a una certa “sensibilità” nella percezione del rapporto. Quindi a un codice di comportamento, comune sia ai Raso, che all’amicizia avrebbero fatto appello, sia a Facchinieri e ai suoi complici, che tale appello avrebbero sentito.
La dr.essa Bompieri analizza ora il termine lessicale:
“Appellarsi alla “amicizia” significa in realtà rivendicare una sorta di “esclusiva” nel rapporto con alcuni soggetti, quasi si trattasse di “segnare il territorio”, garantendo, così, una sorta di “impermeabilità” dei protetti rispetto ad iniziative latamente aggressive provenienti da terzi; proprio il motivo per cui i Tropiano si erano immediatamente rivolti ai Raso. Il riferimento al concetto di “amicizia” con i Tropiano avrebbe così identificato, nel rapporto con Facchinieri, l’ambito entro il quale i Raso si riservavano una sfera di potere: esplicitazione “da manuale” della mentalità mafiosa. Da ultimo, non può sottovalutarsi il comportamento stesso dei fratelli Tropiano: sin dalla prima manifestazione della richiesta estorsiva, le vittime si rivolgono innanzitutto (non alla polizia, bensì) ai fratelli Raso.
Cioè a soggetti che, storicamente, avevano svolto nei loro confronti il ruolo di intermediari nella gestione di questioni relative a rapporti che presentavano aspetti di criticità.
Conclusione.
“Alla luce delle conversazioni registrate, è certo che i Tropiano ritenevano l’intervento dei Raso più idoneo e incisivo di quello delle forze dell’ordine: così, nonostante l’estorsore li avesse esplicitamente ammoniti a non fare ricorso a “mammasantissima”, i Tropiano interessavano della questione i Raso ancor prima della polizia. Addirittura, comunicavano ai primi particolari della vicenda (la ricezione di lettere e bossoli) che non comunicavano alla seconda; vieppiù, facevano portare avanti la trattativa dai Raso anche quando la polizia era stata, prima informalmente (conversazione con ispettore Giovanardi) e poi formalmente (denuncia a commissario Martina), investita dell’indagine. La volontà dei Tropiano, quale emerge più volte dalle conversazioni registrate, di sapere chi avanzava richieste nei loro confronti e con chi avrebbero dovuto trattare, vedendolo in faccia, seduti attorno a un tavolo, evidenzia oltremodo l’assoluta particolarità della vicenda estorsiva, che segue gli stilemi tipici dell’ambiente mafioso, dove anche per la vittima, se “protetta”, si impongono innanzitutto interessi diversi da quello dell’arresto degli estorsori, che diventa del tutto secondario, sicché la vicenda estorsiva inizia a seguire dinamiche del tutto estranee a quelle tipiche di una ordinaria estorsione.” (roberto mancini)
La ‘ndrangheta made in VdA (9° puntata)
1 Maggio 2013Le motivazioni della sentenza Tempus venit demoliscono la tesi difensiva, secondo cui sia i Raso che i Tropiano sono mere vittime, estranei alla mentalità ndranghetista e intimoriti dalla richieste e minacce subìte. Così la dr.essa Bompieri:
“ La concezione che i Raso e invero gli stessi Tropiano hanno del proprio ruolo e della piega che le trattative possono prendere, si svela già il 30 luglio: investito a pieno titolo della funzione di mediatore con il compito di individuare gli estorsori e condurre le trattative, Michele Raso, appena identificato l’estorsore (nell’interrogatorio al Pm, Michele dirà che era stato suo fratello Salvatore, quello assassinato il 17 settembre 2011 a san Giorgio Morgeto in contrada Sant Eusebia, ad identificare Facchinieri, ndr) e ancor prima di incontrarlo per la prima volta, ricorda ai Tropiano che, in ogni caso, c’è “un codice” da rispettare. Più precisamente, riferisce la condivisione di questo codice a un non meglio definito “noi”.
Ecco l’intercettazione:
“ ……noi abbiamo un codice… su questo lavoro ti dico Romeo (un fratello Tropiano, ndr) a me devi dare … … sopra lo scavo ..… al getto me ne dai tanto …. se il lavoro e di 200 mila euro a me devi dare 10 mila euro …..”
Esprimendosi in questa maniera, che vuol dire Michele Raso? Quale risultato vuole ottenere da Romeo Tropiano? Ecco la conclusione della sentenza: “riconducendo questo codice ad un patrimonio comune e condiviso in un certo ambito e, ricordandolo ai Tropiano, rafforzando in loro il già esistente atteggiamento di possibile cedimento alle richieste estorsive, … immediatamente la preoccupazione di Romeo diventa l’individuazione del soggetto a cui consegnare il denaro.”
Ecco l’intercettazione:
Tropiano Romeo: “e a chi li diamo?”
Raso Michele: “solo lui lo sa… lui non vuole che si dice…”
E, alcuni giorni dopo, confidandosi con amici, Giuseppe Tropiano, certo del fatto che “è gente che conosciamo perchè non si vogliono far vedere capito?”, cercava di trovare una soluzione al dilemma relativo alle modalità attraverso cui effettuare il pagamento, in mancanza di incontri: “Se non si vogliono fare vedere come pensano di risolvere questa cosa … un milione di euro come te li do? Lascio delle tracce dappertutto…cosa ti faccio un bonifico?”
Prosegue la sentenza: “Due aspetti, che emergono dai dialoghi intercettati, meritano di essere evidenziati. La prima è già stata accennata: esiste, condivisa nell’ambiente comune ai RASO e ai TROPIANO, una sorta di ”regola” circa la spartizione di proventi di attività imprenditoriali. E’ significativo che, in una conversazione intercettata, parlando con Tropiano Giuseppe dell’omicidio di Raso Salvatore, un loro conoscente commentasse:
“ah si è … Peppe io per queste cose non mi dispiace tutti possiamo avere bisogno ma uno va civilmente e bussa penso che nessuno gli dice di no …ma no in questa maniera dai, poi pure pretese hai ? …”.
Insomma l’anonimo esprime disapprovazione non per l’omicidio, ma per il fatto che sia stato commesso mentre la “trattativa” gestita dai Raso era in corso. Insomma una semplice infrazione al galateo, all’etichetta. Conclude la sentenza: “ allora, ben si può affermare che i Tropiano, i Raso, e il loro ambiente percepivano la richiesta di partecipazione al profitto derivante dal lucroso affare dei primi, da parte di soggetti estranei all’affare stesso, allo stesso modo e, precisamente, come un fatto possibile;
la richiesta estorsiva non è accolta dai Tropiano e dai Raso con lo stupore intimorito di chi è colto di sorpresa da un fatto inaspettato, imprevisto e imprevedibile, dai contorni completamente sconosciuti, come in qualsiasi episodio estorsivo; i commenti e le valutazioni riguardano, piuttosto, il “come” la richiesta è avanzata e il “come” essa debba essere affrontata e gestita; la circostanza è ricondotta a qualcosa di “naturale” e, proprio per la sussistenza di certe regole e per l’evidente condivisione delle stesse tra i protagonisti, tutti concordano con il fatto che “ciò che è dovuto, è dovuto”: tanto che basta “chiederlo”. Sicché l’aspetto che, dopo l’omicidio di Raso Salvatore, un loro conoscente ritiene censurabile (ma lo stesso disappunto si evince anche dai dialoghi tra i fratello Tropiano, già a seguito dell’esplosione dei colpi a San Giorgio Morgeto) è la modalità attraverso cui la vicenda è stata portata avanti:
“uno va civilmente e bussa penso che nessuno gli dice di no …ma no in questa maniera dai”. (roberto mancini)
La ‘ndrangheta made VdA (4° puntata)
18 aprile 2013Questa lettera, indirizzata a Luigi Monteleone titolare della società Archeos, giunge al destinatario dopo l’11 Settembre 2011, data in cui un suo mezzo viene dato alla fiamme presso il castello di Quart.
“Egregio signor Monteleone Siamo a comunicarle che se vorrà lavorare nel suo settore come imprenditore edile dovrà pagare un milione di curo. Sappiamo che lei è una persona molto comprensiva e intelligente e sa come vanno queste cose, altrimenti non riuscirebbe ad accaparrarsi tutti i lavori dal milione di euro in su. In buona sostanza da adesso in poi lei per lavorare dovrà dare una percentuale più alta anche a noi, non ci interessa quello che da ai suoi compaesani i Raso, noi vogliamo la nostra parte diversamente lei non lavorerà più e perderà la serenità, la tranquillità la pace e se non comprende anche la vita Le precisiamo che questa iniziativa è per noi una questione di principio e vorremmo raggiungere un accordo fra nobis e in maniera pacifica, non si rivolga ai suoi corregionali o compaesani mamma santissima sperando che le possano accomodare la faccenda perché perderà tempo e si creerebbero chiacchiere e molta confusione e questo è estremamente pericoloso per l’incolumità sua e dei suoi parenti più cari: non si rivolga alla legge, anche se sappiamo che l’ha già fatto, in sintesi cerchi di concludere con noi e di non fare l’infame ma di ragionare con razionalità così che lei continui a fare il suo lavoro, prendere appalti e lavorare con serenità, dando anche a noi una percentuale, il nostro interlocutore si qualificherà per telefono come li geometra LEON, si ricordi bene questo nome perché solo e soltanto con lui dovrà trovare un accordo che definiremo in un secondo tempo. In definitiva le rammentiamo di fare molta attenzione alle scelte che fa e di non sottovalutarci perché possiamo farle molto male a lei e ai suoi cari non lo dimentichi. Cerchi di non ragionare da avaro lo dica anche a suo suocero e di ricordarsi che lei ha raggiunto questa posizione economica-imprenditoriale grazie ai lavori “che prende” dalla regione e sarebbe bene per lei mantenere questa posizione dando qualcosa a noi che vogliamo mangiare per vivere come tutti voi. La contatteremo quanto prima fiduciosi del suo accordo e della sua comprensione per questa nostra richiesta. A proposito le rammentiamo se non vorrà pagare lo dica chiaramente al nostro interlocutore che le telefonerà così sappiamo come intervenire definitivamente, diversamente prepara già da adesso i soldi un milione di curo chiaro! Se vuole lavorare. A noi non interessa se ha già pagato qualcuno dei suoi compaesani o corregionali, noi vogliamo i nastri e tenga presente che la nostra richiesta non può essere condizionata da niente e da nessuno e guardi che none uno scherzo di halloween perché i pallettoni quando arrivano, arrivano e basta senza chiedere permesso a nessuno comprende il concetto…. Quindi ne le persone ne le sue telecamere ne la legge potrà mai coprirle il suo colo capito!!. Cerchi di pagare noi e in ,futuro le daremo soddisfazioni, diversamente ha finito di lavorare. Il suo escavatore glielo abbiamo fatto distruggere noi, ma a confronto a ciò che le possiamo fare in futuro la consigliamo di pagare. La salutiamo tantissimo.”.
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