Passare accanto alle macerie della ex caserma Testafochi è un colpo al cuore. Quei mattoni, quella calce erano impastati della storia della nostra città. Città di alpi e di alpini. L’architetto che ha messo al mondo il progetto millefoglie della futura università e che ha ridisegnato il tessuto urbano, non possiede la nostra memoria storica e giustamente se ne fotte. Ma gli amministratori no, non dovevano fottersene. Invece cancellano. La città se ne va via con le ruspe, sparisce con le gru e l’identità collettiva segue la via del cemento. E non è una nuova classe dirigente aggressiva e affamata e smemorata che genera lo squallore contemporaneo; sono i vecchi, quelli che la memoria ce l’hanno e che dovrebbero preservare per le generazioni future. Ma la loro città non è figlia della storia, piuttosto è figlia della cabina elettorale. Totale disamore. Squisito interesse. Questi mediocri impiegati di una democrazia rabberciata che vuoi che se ne facciano della memoria di una città? Eppure senza, un luogo si svuota di contenuto diventa terra di scontenti. Come lo sono i nostri giovani.
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Bandiera bianca
7 aprile 2015Ma Pippo Paron non lo sa!
7 luglio 2014Ho scritto che della città di Aosta ai nostri amministratori poco importa. Ne sono convinta. Da non molto è stato creato su fb un gruppo di successo: Sei di aosta se… che apre le porte della memoria collettiva sul nostro condiviso vissuto. Una forma intelligente e interattiva di restauro di un’identità che va perdendosi. Se da un lato i politici fanno di tutto per uccidere la memoria ecco che i cittadini cercano nuovi mezzi per salvaguardarla. Vuol dire che una storia comune c’è. Una storia che ci lega e ci rende una comunità. Una storia da difendere. Da poco, sempre su fb, vengono pubblicate fotografie storiche tratte e dal mio libro: “Aosta, la città che sale” e dal museo da me ideato e creato insieme alla società Netbe: “MAO- Museo Aosta” rintracciabile all’indirizzo http://www.vmv.it. (Uno dei rari progetti del Fondo europeo ancora attivo e inserito nell’elenco delle Buone Pratiche del Ministero del Lavoro). Un patrimonio di immagini che ci appartiene e che mai il Comune ha pensato di utilizzare. Grazie a un progetto europeo Aosta si è dotata del suo unico museo, ma gli assessori alla cultura che si sono succeduti non lo sapevano e tuttora non lo sanno. I sindaci neppure. Allora, quasi dieci anni fa, il museo era fra i primi realizzati in Italia e la ricerca di fotografie tratte dagli album di famiglia una procedura ancora inconsueta. Obiettivo del MAO era quello di invitare gli aostani a creare insieme un grande museo della memoria cittadina attraverso le fotografie di famiglia e le collezioni di cartoline. Oggi persistono due piccole sezioni insieme ad archivi privati e pubblici, che avrebbero dovuto, secondo gli intenti, diventare le parti più consistenti del museo virtuale. Il dominio continua a resistere grazie alla volontà e alla generosità dei suoi creatori, il Comune se ne è invece sempre disinteressato. Molte sono le immagini tratte dal suo archivio fotografico e che in questi giorni scorrono su fb (carino sarebbe citare la fonte) e molte altre potrebbero essere immesse nella sezione apposita, ma il Comune non sa, non vuole sapere, non interessa, non porta voti… la memoria? Roba da campagna elettorale, fa fine e soprattutto non impegna.
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