Posted tagged ‘Mario Vaudano’

Prevaricazione

23 giugno 2013

Si scopre ora che gli incendi non scoppiavano per effetto dell’autocombustione. Si scopre ora che in Valle c’è “un substrato culturale di stampo mafioso“, eppure questo lo aveva già scoperto diverso tempo fa Mario Vaudano, procuratore capo ad Aosta dall’89 al 94. “La mentalita’ e’ quella mafiosa, anche se qui ci sono stati meno morti, meno attentati. La presenza di fatti di corruzione e di distribuzione di denaro così estesi ha aumentato la somiglianza. Non essendoci una fonte produttiva, ma una mera distribuzione di denaro, l’accordo per la spartizione di soldi e di posti è diventato la regola.”. A distanza di anni il tenente colonnello dei Carabinieri, Cesare Lenti, conferma quelle parole: “Ciò che ci preoccupa di più, in questa storia, è l’omertà assoluta in cui è stata affogata dalla gente che è stata coinvolta o che semplicemente sapeva. Vorremmo che ci fosse una reazione sociale rispetto a questa tipologia di eventi, e non solo paura”. (aostasera.it) Non più tardi di qualche mese fa la dichiarazione dell’ex consigliere regionale ed ex presidente della Commissione speciale antimafia, Diego Empereur (Uv): “Non bisogna far calare l’attenzione su questo fenomeno, ma neppure lanciare allarmi esagerati”. Empereur riconosce l’influenza di grandi famiglie della ‘ndrangheta, ma abbassa i toni. Ammorbisce. Come non ricordare l’affermazione di Giovanni Aloisi riguardo all’intervista rilasciata da Vaudano sulla sua esperienza in Valle: “Certo possono esserci anche in Valle d’ Aosta dei calabresi che vivono o si comportano ai limiti della legalita’ ma sono solo una striminzita minoranza, forse addirittura non residente… ” Minimizza. E quella di François Stevenin: “Chiaberge – il giornalista che ha firmato l’articolo-intervista- fa delle mere supposizioni, per supportare il suo astio contro la regione. Questo non e’ vero giornalismo, ma soltanto un poco nobile tentativo di fare un processo alle intenzioni altrui e di infangare la reputazione di una intera Comunita’ . Penso che si sia superato ogni limite e che anche nelle aree piu’ tragicamente mafiose, non verrebbe accettata una simile generalizzazione. Tanto meno nella nostra Regione ove il fenomeno mafioso e’ del tutto marginale e circoscritto a pochi episodi. “. Sminuisce. Toni accesi sono invece quelli del comandante dei Carabinieri, Massimiliano Rocco, parole che esprimono seria preoccupazione: “Abbiamo scoperto un substrato culturale di stampo mafioso incredibile. E’ emerso un quadro inquietante, in cui appare evidente il collegamento diretto con famiglie calabresi legate all’ndrangheta“. La presenza della criminalità organizzata si scopre ora e meno male. Ma molti di noi già sapevano, non le istituzioni che ci hanno sempre confortato, cullato nell’illusione di vivere in un’oasi di pace. Noi lo sapevamo, ma non avevamo le prove. Ora queste ci sono. Che i politici si adeguinino

Ieri come oggi

15 febbraio 2013

Questa dichiarazione la fece l’allora procuratore Vaudano, la pubblico perché alla luce dei nuovi fatti di cronaca denuncia una sorprendente  attualità. “Nel corso di intercettazioni telefoniche per bracconaggio, abbiamo scoperto che i bracconieri valdostani non solo si rifornivano in Svizzera di armi ad alta precisione che rivendevano sul mercato della mala, ma si rivolgevano a esponenti della ‘ ndrangheta installati qua per “dare una lezione” alle guardie forestali. E quelli eseguivano, facevano trovare teste di camoscio mozzate davanti alle caserme, uccidevano i cani, minacciavano. E un legame strutturale, culturale, che dura da almeno vent’ anni”. Sta dicendo che questa e’ una regione a cultura mafiosa? “Proprio cosi’ . La mentalita’ e’ quella, anche se qui ci sono stati meno morti, meno attentati. La presenza di fatti di corruzione e di distribuzione di denaro cosi’ estesi ha aumentato la somiglianza. Non essendoci una fonte produttiva, ma una mera distribuzione di denaro, l’ accordo per la spartizione di soldi e di posti e’ diventato la regola.” 

http://archiviostorico.corriere.it/1994/marzo/07/Aosta_mafia_montagna__co_0_94030710715.shtml

Una questione di cosche

22 dicembre 2011

Ma le auto non bruciavano per autocombustione? Partiamo da lontano, da quelle dichiarazioni ufficiali che ci rassicuravano circa l’inesistenza in Valle d’Aosta di infiltrazioni mafiose: da noi nessun pericolo. Eppure, diverso tempo fa Mario Vaudano, Procuratore di Aosta dal 1989 al 1994, aveva fatto notare che l’autista dell’allora imprenditore Follioley, molto legato al Presidente della Giunta, Augusto Rollandin (entrambi accusati di turbativa d’asta per l’appalto di bonifica della discarica di Quart), era un esponente della famiglia Nirta. I fratelli e nipoti Nirta sono quelli condannati per traffico internazionale di droga, tre dei quattro sono residenti ad Aosta e Quart. Dopo l’operazione Minotauro, Rollandin ammette che bisogna apprestare massima attenzione al fenomeno mafioso: “allentare le maglie del controllo non farebbe che favorire l’attivita’ di queste organizzazioni criminali”. Un piccolo passo avanti, una prudente ammissione che il fenomeno tocca anche noi. Il tenente colonnello, Guido Di Vita, comandante del Gruppo carabinieri di Aosta, dichiara dalle pagine della Stampa che il successo dell’operazione denominata “Tempus venit” è anche frutto dell'”eccellente archivio storico sulle attività con la ‘drangheta in Valle d’Aosta”. Dunque c’è un archivio storico… . Ci sono contraddizioni che non aiutano a  capire, ma è evidente che siamo stati a lungo tenuti all’oscuro. La frase di una delle quattro lettere che Tropiano, l’imprenditore preso di mira dalla ‘ndrangheta, aveva ricevute e tenute per sé è quantomeno inquietante: “Voi vi fate i vostri guadagni con le vostre amicizie politiche locali e anche noi ci guadagniamo qualche cosina”. Tutta la storia che riguarda l’appalto per la costruzione dei parcheggi per l’ospedale non è chiara, i costi lievitati e fuori mercato lasciano spazio a sospetti di favoreggiamento e la ‘ndrangheta doc, probabilmente non c’entra: il vertice che congegna gli affari qui è altro. Ma vuole c’entrare. Vuole una parte dell’appetitosa torta e minaccia in stile tradizionale. A questo punto il sommerso (una parte risibile) che sembrava non esistere esce allo scoperto. Perché? Perché gli affari de nos-atre possano proseguire nella normalità di sempre. Anzi, dilavati dai sospetti. Benedetti nella legalità costruita con lucida astuzia. In fondo si tratta di una banalissima questione di rivalità fra cosche. E ognuna per difendere i propri interessi usa i mezzi che ha: chi sofisticati, chi primitivi.

Meglio tardi che mai!

5 gennaio 2011

Sarà stata anche una battuta da pensionato quella dell’ex-procuratore Vaudano, quella sulla letargia della nostra polizia, però ha avuto il suo effetto: finalmente è caccia aperta ai piromani che da due anni (due anni!) bruciano le auto. Finalmente “polizia e carabinieri vogliono dare una svolta alle indagini” (La Stampa). Finalmente noi cittadini potremo sapere qualcosa sui “troppi roghi simili” che finora non hanno allarmato come avrebbero dovuto e conoscere i rischi che corrono le nostre auto. Almeno lo speriamo.

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Illegalità diffusa

13 dicembre 2010

L'ex Procuratore, Mario Vaudano, all'Espace popoulaire

La prima impressione che provò l’ex procuratore di Aosta (dal 1989 al 1994), Mario Vaudano, fu quella di una illegalità diffusa. Casalinghe che acquistano patenti false per poter avere i buoni di benzina; bracconieri che importano illegalmente dalla Svizzera fucili a cannocchiale per la caccia di frodo e poi rivenderli alla ‘ndrangheta; stalle arredate con moquette e tivù; mucche sane o inesistenti risanate dalla tbc; appalti truccati; compravendita di voti; riciclaggio di denaro sporco…, reati che, prima dell’arrivo del giudice, non destavano forti preoccupazioni. Rientravano nel consueto vivere. Mario Vaudano scolvolse  così tanto quel tran tran (nel complesso furono emesse 12.000 inchieste giudiziarie) che Luciano Caveri auspicò, dopo la sua partenza per Roma chiamato dall’allora ministro della Giustizia, Giovan Battista Conso, un ritorno a quella che infelicemente definì, normalità. In quei cinque anni di permanenza nella Petite Patrie furono sequestrati 300 chili di esplosivo e 150 detonatori destinati alla malavita meridionale (vogliamo ricordare che nel 1982 era stata fatta esplodere in via Monte Vodice ad Aosta l’auto con a bordo il Pretore, Giovanni Selis, all’oggi ancora nessun colpevole). Finirono sotto inchiesta numerosi funzionari pubblici, allevatori e politici. Fu scoperto un giro di malaffare legato agli appalti e alle committenze pubbliche. Il tutto condito da un silenzio complice. Da un lungo e profondo sonno. Da una mentalità mafiosa che ha trovato in Valle il suo terreno fertile. Una comunanza culturale che trae origine non dalla produttività, ma dalla facile distribuzione di denaro. Non ebbe grandi appoggi politici, il procuratore Vaudano (i Verdi); anche a sinistra la paura di perdere il consenso popolare fu più forte della tanto strumentalizzata etica. E oggi? Oggi che abbiamo una Procura ben organizzata, cos’è cambiato? A capo del Governo regionale abbiamo lo stesso uomo che in quei tempi era agli arresti domicilari e anche gli altri politici non sono cambiati,  fra questi non sono pochi quelli che hanno avuto problemi con la giustizia (oggi, 13 dicembre, udienza preliminare per Leonardo La Torre che deve rispondere dell’accusa di turbativa d’asta). Il costume collusivo che conobbe Mario Vaudano esiste ancora? Di certo non è cambiata l’economia che rimane assistita. Non mancano i grandi appalti e neppure gli impresari calabresi. Rispondono all’appello fatti curiosi come gli incendi dolosi a case e a vetture, come le sedute straordinarie di giunte comunali, come la presenza di politici valdostani in matrimoni calabresi…, eppure il rumore delle inchieste non giunge alle nostre orecchie. Si tratta di discrezionalità investigativa o di che altro?

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