Posted tagged ‘Mafia di montagna’

Mafia di casa mia!

22 ottobre 2014

Inquietanti sono le minacce che l’avvocato, Gianpaolo Zancan, ha fatto emergere durante l’arringa difensiva in favore del suo cliente, Riccardo Orusa. Intimidazioni pesanti, ricevute dal direttore dell’Istituto zooprofilattico da parte di alcuni allevatori valdostani (il mitico mondo pastorale des nos-atre!). Si direbbe il classico metodo mafioso: se fai qualcosa che ci può danneggiare, in questo caso la richiesta d’impiego del gamma test interferone per rilevare la presenza della TBC, noi te la faremo pagare. Ipotesi credibile basta associarla agli incendi di fienili, alla tradizionale legnata dentro al sacco (ha un nome preciso, ma al momento mi sfugge potreste ricordamelo?) e ad altri fatterelli che provano, anzi consolidano, la teoria di una mafia autoctona e autonoma.

Che sia troppo tardi?

1 ottobre 2014

Pubblico volentieri la nota del consigliere regionale Alberto Bertin di Alpe in merito alla mancata istituzione dell’osservatorio permanente sulla criminalità organizzata.

“Nel luglio dello scorso anno il Consiglio regionale della Valle d’Aosta ha approvato all’unanimità una mozione per l’istituzione di un osservatorio permanente sulla criminalità organizzata di stampo mafioso. Dopo più di un anno, nonostante le nostre numerose sollecitazioni, l’argomento non è stato ancora affrontato con serietà dalla commissione competente e niente è stato deciso riguardo all’istituzione dell’osservatorio. A questo punto si ritiene necessario verificare se esiste ancora la volontà politica per dare seguito alla mozione approvata il 26 luglio 2013 e nel caso procedere rapidamente. Purtroppo, una volta di più, si percepisce la sottovalutazione di una parte significativa della politica di questo preoccupante fenomeno criminale nella nostra regione. È importante e urgente mettere in atto ogni azione in grado di mantenere alta l’attenzione e contrastare il diffondersi delle mafie in Valle d’Aosta, ‘ndrangheta in primis, ne va del nostro futuro.”

Montagna o Luna Park?

4 luglio 2014

Riceviamo da Legambiente e volentieri pubblichiamo.

Nel devastato panorama dei trasporti valdostani, dove s’incrociano bandi milionari (deserti) e treni immaginari, c’è chi continua a proporre benzina e rumore come soluzione ai problemi del turismo. La recente iniziativa del Sindaco di Valtournenche in favore dell’eliski è una delle tante che vanno in questa direzione. Ci congratuliamo con lui e con i suoi otto colleghi sindaci, capaci di “promuovere questa pratica coniugandola con la salvaguardia e la tutela del territorio di alta montagna nell’interesse di tutti i suoi frequentatori”. L’ipocrisia delle parole riesce ad offuscare la realtà. E’ come “distruggere la natura per salvaguardarla” o, come si diceva una volta, “salvare capra e cavoli”. Un augurio a chi pensa di poter far convivere il turismo dolce, gli escursionisti, lo sci alpino e quello di fondo con quei pochi privilegiati che gli volano rumorosamente (e pericolosamente) sulla testa! Invitiamo quei sindaci a decidere responsabilmente tra l’eliski e gli amanti della natura.

Paghi uno e prendi due

2 luglio 2014

La lettera di ringraziamento, scritta da uno della 3bite, è sintomatica non solo per gli strafalcioni, ma per i suoi contenuti che fanno il paio con la volgare deformazione della lingua italiana. Uno che si esprime così, e immaginiamo che i suoi soci non siano migliori, gestisce e ha gestito un sacco di soldi in nome della cultura. Paradossale vero? Eppure è la norma. Le centinaia di milioni di lire prima e di euro dopo spese durante gli anni delle vacche grasse non hanno creato una comunità dalla forte identità culturale. (Non intendo un’identità etnica sia chiaro, ma culturale che ha ben altro respiro.). Perché? La risposta è semplice. Perché gli investimenti non sono stati fatti per creare cultura/emancipazione/creatività/autonomia e relativa qualità della vita che non può prescindere dalla qualità del pensiero, ma per creare e rafforzare il consenso. Un consenso che si è assodato non sulla base dei buoni risultati ottenuti per il buon vivere di tutti, ma sull’elargizione di favori personali. (altro…)

Se così fosse…

6 aprile 2014
Abbiamo vinto!

Abbiamo vinto!

Mi va di ritornare con voi su un commento del signor Courthoud, perché apre nuovi fondali sulla scena. Secondo lui più di uno nella maggioranza, avrebbe fatto credere all’opposizione che sarebbe bastato un invito a dimettersi perché Rollandin depositasse il bastone del comando, poi sarebbero trasmigrati nella nuova maggioranza con tanto di presentazione di sfiducia costruttiva. A questo punto i numeri ci sarebbero stati. Nella minoranza tutti ci hanno creduto e hanno brindato alla vittoria contro il “mostro”. Ma i patti sarebbero fasulli e i presunti ribelli pare essere già rientrati all’ovile: mai avrebbero pensato di lasciare la maggioranza perché mai Rollandin avrebbe dato le dimissioni senza una imposizione della legge. Il motivo di questo giochetto di palazzo? Secondo Courthoud si sarebbe trattato di un modo per farsi sentire da Rollandin. Insomma i “bravi” volevano farsi valere. Far pesare i loro diritti: alcuni affarucci in sospeso? Il quadro, se avesse ragione Bruno, sarebbe più avvilente ancora. Un dramma di provincia recitato da attorucoli. Nessuna trama politica, seppur approssimativa, ma solo volgari interessi personali. Capricci irresponsabili sulla pelle dei cittadini. Il regista gabbato sarebbe stato solo una pedina. Ridotto a inconsapevole aiuto regista. (Il regista chi?) E i consiglieri del cambiamento avrebbero dimostrato una eccessiva ingenuità mista a imprudenza. Si sarebbero lasciati usare per fini non così nobili. Figura meschina per tutti.

 

L’autonomia del male

30 giugno 2013

Le recenti sentenze della magistratura valdostana hanno portato allo scoperto una realtà presente da molti anni, ma sottaciuta. Oggi possiamo affermare, senza esagerare, che la Valle d’Aosta è contaminata dalla ‘ndrangheta. Che si paga il pizzo, che la politica è corrotta, che esiste il voto di scambio, che i roghi non sono per autoconbustione, che esistono le estorsioni e le minacce. Anche in questo non siamo diversi dalle altre regioni italiane, affatto immuni da questo male. Quello che però ancora non emerge in modo altrettanto chiaro è che, se la criminalità organizzata ha trovato facile terreno qui da noi è perché il terreno non solo era ed è fertile, ma anche abbondantemente concimato con letame locale. Non abbiamo avuto bisogno dei calabresi per imparare a chiedere il pizzo, magari sottoforma di interessi da capogiro per prestiti da usuraio. Non abbiamo imparato dai calabresi a usare la violenza contro chi contrasta i nostri interessi: qui al coltello si preferisce il sacco. Sfumature territoriali. Il ricorso al fiammifero invece è lo stesso, così come le minacce verbali e i segni simbolici, contraddistinti solo dalla diversità culturale dei linguaggi. Insomma, possiamo vantare una mafia nostrana che prospera da sempre e che è ben incanalata nelle pieghe della politica da cui è protetta. Gli scandali delle stalle d’oro, delle Fontine adulterate, delle bovine malate prima, delle bovine sane dopo, dei contributi a pioggia in un settore che moralmente è malato e corrotto (chiedo scusa a quei pochi onesti per l’inevitabile generalizzazione) nulla hanno a che vedere con i calabresi, ma riguardano una devianza autoctona. Su questo versante possiamo vantare un’autonomia di tutto rispetto. Quindi, se vogliamo conoscere e tentare di estirpare il male è bene guardarlo nella sua totalità e non abbracciare l’illusione di una esclusiva subcultura criminale importata dal sud.

Tempus venit

18 febbraio 2013

C’era la Fiera di Sant’Orso che catturava tutta l’attenzione, la digestione  e la felicità dei valdostani – dunque  la cosa è passata un po’ in secondo piano. Fatto sta che i media non hanno opportunamente valorizzato la sentenza “Tempus venit”, quella dell’affaire Facchineri-Tropiano.
Dopo un’esemplare indagine della Dda e dei carabinieri di Aosta, la conclusione è  stata di condanna per tutti gli imputati. Perché l’aggettivo “storica”? Perché per la prima volta viene applicata ai colpevoli l’aggravante dei metodi mafiosi: dunque in questo caso si è trattato sì di estorsione, ma con l’aggravante dei metodi mafiosi. Non commessa da delinquenti qualunque, ma da mafiosi. Quindi, contrariamente a quanto è successo in passato, quando fior di indagini (come “l’Operazione Lenzuolo”) non avevano ottenuto dal collegio giudicante il riconoscimento del  vincolo di associazione mafiosa (416 bis), per la prima volta nella storia valdostana abbiamo la dimostrazione giuridica dell’esistenza di metodi mafiosi. Non siamo ancora alla certificazione dell’associazione ‘ndranghetista, ma siamo ampiamente oltre la metà della strada. Questa non è più un’impressione, un’opinione, una sensazione, ma è la sentenza di un tribunale della Repubblica: è un fatto giuridicamente accertato. Una vittoria di investigatori tenaci, instancabili, spesso reputati solo ostinati. Per chi una sconfitta storica? Per la sonnolenta società valdostana, trovatasi impreparata al pericolo perché nutrita, per un trentennio abbondante, della disastrosa concezione unionista della cultura identitaria di tipo linguistico. In base a questa teoria l’integrazione di chi viene da fuori, come ad esempio la numerosissima rappresentanza calabrese, avviene solo sulla base di criteri pseudo culturali di tipo linguistico. Peccato che la cittadinanza etnico-linguistica  non comprenda né l’educazione alla legalità né i diritti/doveri di cittadinanza. Secondo sconfitto: il pregiudizio localista tipico del Nord Italia, di natura  sottilmente xenofoba, che vive sulla presunzione – folle e anche molto stupida – dell’intangibilità del proprio territorio: le mafie sono un fenomeno solo del Sud, qui da noi non possono attecchire. (roberto mancini)

Domandina facile facile

14 gennaio 2013

Condannati per estorsione ai danni di un imprenditore di Pollein, tre valdostani: Michele Giovinazzo, Dorina Ciliberti e Salvatore Agostino. “I tre avrebbero chiesto 10.000 euro in contanti da lasciare in un cassonetto a Quart, ricordando al titolare e al padre quando accaduto ai mezzi di altre imprese della zona.” (aostasera.it) Ma gli incendi citati non erano causati da un particolarissimo fenomeno di autocombustione?

Voglio una regione normale

10 ottobre 2012

Si lamentano dell’attitudine centralista del Governo Monti che è la stessa attitudine centralista che si esercita a Palazzo Deffeyes con la differenza che Monti ha una squadra di Governo e Rollandin no. L’Union valdotaine ha sotto controllo tutto: l’autonomia è un diritto solo per i politici unionisti e i loro parassiti: l’autonomia per farsi gli affari loro. Sulle nostre testoline quasi svuotate da decenni di contributi e favori individuali a scapito del bene dell’intera comunità. Siamo italianissimi! Questa autonomia a uso e consumo del potere viene confermata dalla interpretazione che gli unionisti hanno del referendum: strumento democratico per eccellenza; dalle telefonate in campagna elettorale; dai ricatti e dalle promesse che circolano in tutti gli ambienti possibili; dallo sfruttamento smodato delle risorse e dell’ambiente (vedi alla voce: Luigi Berger, sindaco indagato per danni ambientali). L’autonomia è stata ed è il pretesto, per governare in libertà una regione. La Valle d’Aosta è infatti amministrata come un feudo. Una proprietà privata di pochissimi signori. Lo Stato è visto solo come un debitore nei confronti della Storia. Meno soldi ci arrivano e più le voci di un attacco alla nostra diversità si fanno forti e arroganti. Nessuno dei politici si è mai domandato perché lo Stato non può più far pagare alle altre regioni i costi dei nostri sprechi? Ovvio, perché sono finiti i tempi delle vacche grasse e, per quanto pochi possano essere i soldi elargiti, gli italiani della porta accanto di noi e dei nostri privilegi che, storia a parte, sono percepiti come tali, ne hanno le palle piene! Caveri esprime preoccupazione per la tenuta democratica del nostro Paese? Chiede all’Europa che vigili sulle scelte italiane? Ma chi dovrebbe mai dargli ascolto? Chi è Caveri? Un consigliere regionale con uno stipendio fra i più alti d’Italia! Un politico responsabile della programmazione RAI regionale: un conflittino di interessi di poco conto, se misurato con quello di Berlusconi, ma certo non così in linea con i principi di democrazia. Che la riforma costituzionale arrivi. Che ci commissariassero pure: fra feste di san Giorgio e Giacomo, del peperoncino, della capra, della mozzarella, delle batailles des reines, giusto per citare solo alcuni dei vari serbatoi di voti unionisti, e gli innumerevoli sprechi di denaro pubblico non possiamo far altro che chiedere scusa e provare vergogna.

Patatrac!

25 gennaio 2012

“Ci manca solo la mafia e il patatrac è al completo”. Così termina l’articolo il giornalista del Sole 24 Ore, Giuseppe Oddo. Allora siamo in pieno patatrac, perché la mafia in Valle d’Aosta c’è eccome. Non è quella della lupara, è quella delle istituzioni. I comportamenti mafiosi sono ormai introiettati in vasti ambiti della nostra società in generale e della nostra Regione in particolare. Come definire le assunzioni senza concorso? I fitti intrecci di interesse fra imprenditori e politici? Il controllo esercitato sull’elettorato? I ricatti? La mancanza di un reale sviluppo economico a fronte di cospicue entrate? Non è solo mafioso quel deliquente che chiede una parte del bottino è mafioso chi quel bottino gestisce e distribuisce secondo i propri interessi. La mafia è un cancro che sta corrodendo la nostra “felice isola”. Non aspettatevi incaprettamenti od omicidi spettacolari, anche se non sono da escludere, aspettatevi esattamente ciò che c’è!