Posted tagged ‘Identità’

Gli utili-idioti

18 marzo 2015

La vittima per eccellenza di queste elezioni è l’identità politica. Era facile prevederlo. Siamo tutti autonomisti, siamo tutti per il cambiamento, per lo sviluppo, per la promozione della città, per la responsabilità, per i giovani… in questa globalizzazione dell’aria fritta è facile saltare da un recinto all’altro. Si individua quello con la mangiatoia più generosa. E le porte sono aperte ovunque. L’UVP accoglie un ex socialista dopo aver criticato la casa madre di essersi socialistizzata; ex federalisti vanno a brucare nella Stella alpina; ex stellafioriti trovano la biada nell’Union; ex fasci portano acqua a un eventuale sindaco del PD… E’ il delirio che denuda la realtà. Ciò che si è sempre detto trova innegabile conferma: la cadrega è l’unica motivazione concreta. La teoria un’esca per conquistarla. (altro…)

Viva la nonna tunisina di JP!

8 febbraio 2013

Meraviglia! La notizia che JP Guichardaz è un sanguemisto, avendo avuto una nonna tunisina, mi riempie di gioia. Potessi, lo voterei due volte. In una regione dominata da sempre da un’occhiuta “kulture” identitaria, in cui l’appartenenza etnico-linguistica ha sostituito il semplice merito, una nonna tunisina è garanzia di buon sangue, di idee che circolano, di Dna cosmopolita che conosce il mondo oltre il muro di Carema, quello in cui si incagliano le ideuzze localiste dei valdotains-doc. Voglio anch’io una nonna tunisina! Così magari avrei potuto conoscere l’arabo e i rudimenti dell’Islam, una  realtà leggermente più importante delle ricerche localiste sui rastrelli alpini della valle del San Bernardo. Insomma quelle materie di rilievo assoluto che impegnano gli intellettuali come il sig Caniggia, già presidente Arci a testimonianza dell’abiezione della “Gauche valdotaine”.
E poi, la lingua: per quelli come me, internazionalisti nati in treno e che possono fare a meno di un’identità decisa dagli assessori alla kulture, la lingua serve per comunicare, non per marcare il territorio. Per andare nel mondo, non per tenerlo fuori. Per capire l’universo, non per compattare un clan di paranoidi che, temendo il confronto col libero mercato, ogni mese denunciano complotti contro la VDA. Per parlare liberamente, non a comando del capufficio per guadagnare un’indennità fasulla, come i Fantozzi francofoni. Insomma viva la nonna tunisina di Guichardaz! I magrebini sono gente formidabile, JP vedi di esserne degno. Ti voto due volte, si può? (roberto mancini)

Merli da uva

1 febbraio 2013

“Tempus venit”, sentenza di  primo grado a Torino, “estorsione con metodi mafiosi”. Mentre tranquillo ed asciutto le maire Brun Jourdain ri-francesizza le minkiate identitarie, che succede in Aosta? Troppi sportelli bancari, troppi “compro oro”, troppe due logge massoniche per 126.000 abitanti, troppe “associazioni culturali” di tipo etnico. Forse simili a quella torinese, la “Magna Grecia Millenium” di Francesco Furchì, presunto attentatore di Alberto Musy . Alta, altissima cultura identitaria: festa del tortellino, del pecorino, della nduja, della cassoeula, del pesto, del peperoncino, di San Giorgio e Giacomo… Nella commissione regionale antimafia un patetico Jean Rigeau, pompiere che arriva sempre ad incendio già spento: “la cultura di questa Regione non è permeabile a quella mafiosa“. Mattacchione, sembra Castelli  quando si scoprirono le ‘ndrine nel milanese. Gli tocca sempre difendere l’Union, povero ascaro fedele nei secoli… (roberto mancini)

Grazie Union!

12 novembre 2011

Il Berlusconi di nos-atre non ha avuto bisogno di una libreria finta, come sfondo del suo scenario politico, per presentarsi agli elettori: quanti valdostani ne possiedono una? Il miracolo valdostano lo ha ottenuto grazie ai contributi statali distribuiti a pioggia. Elargiti senza una programmazione economica che investisse sul merito, sulla formazione, sullo sviluppo reale e non assistito per fini clientelari. Cosa resta di quelle sciagurate scelte che hanno premiato da trent’anni il partito di maggioranza: l’Union valdotaine? Non abbiamo cultura e identità, formazione turistica. Non abbiamo una città attrattiva, un commercio vivo e imprenditivo, una gastronomia di eccellenza, una natura intatta… Non abbiamo gambe solide per poter camminare da soli.  Le luci sulla scena si stanno spegnendo, rimangono ancora le ombre che tanto sconcertano il nostro imbonitore. Poi arriverà il buio.

Lettera dalla Valle d’Aosta… 6

22 settembre 2011

Proverò a descrivere questo stato dell’animo e delle cose, a partire dall’osservatorio valdostano. Le montagne proteggono e soffocano allo stesso tempo. Non c’è scelta. Il paesaggio naturale è bello e incontaminato, ma alla lunga stanca, tanto più se la compagnia è scadente. La marxiana idiozia della vita di campagna. Si parla soltanto di fare soldi e accumulare roba. Maschi imbecilli e stupide femmine si accoppiano per dare alla luce bambini idioti. L’orizzonte dell’azione si restringe alla cura e alla difesa della proprietà. Una bella e sontuosa abitazione, rigorosamente in pietra e legno, è l’occupazione di un’esistenza intera. La chiacchiera da bar è il commento del giorno. L’immigrato sfruttato si ubriaca con l’allevatore in osteria, ma all’alba sarà svegliato a calci in culo per mungere le vacche. La badante schiavizzata va a letto con l’agricoltore possidente, gettando nel panico i familiari in attesa dell’eredità. I vecchi pensionati, sempre più astiosi e rimbambiti, aumentano e riempiono le piazze e gli ospizi. I giovani ciondolano assonnati senza futuro. L’ignoranza e la bestialità sono i custodi della tradizione. Alla sera si dorme senza sognare. Al risveglio si controlla il conto in banca. (fine sesta parte)

Lettera dalla Valle d’Aosta… 5

21 settembre 2011

Comunque, vivendo sulla frontiera, si ha lo sguardo più attento e vigile. Si sente dove gira il vento. Per dirla con una formula sintetica, nelle valli alpine si respira un’aria nauseante di depressione e fascismo. Per adesso si vede solo inerzia, una cupa pulsione di morte, ma è forte la tentazione, per sentirsi vivi, di menare le mani. Dalla stanchezza per una marginalità sofferente si è passati alla voglia di comunità, alla chiusura ossessiva del sangue e della terra, e infine si va regredendo all’odio paranoico per ogni forma di alterità. Il panorama antropologico è raccapricciante. La discussione diventa imprecazione. Il ragionamento si riduce a slogan. L’individuo disorientato trova protezione nell’ordine gregario. Si cerca un capo carismatico che indichi la via da seguire. La memoria delle ingiustizie passate è corta. Il prestigiatore è abile nello mischiare le carte. I suoi aiutanti si cambiano d’abito in fretta. Lo spettacolo è cangiante, difficile capire il trucco. (fine quinta parte)

Lettera dalla Valle d’Aosta… 4

21 settembre 2011

Sennonché quassù, nelle valli del profondo Nord, ora che tutti blaterano di questione settentrionale, al di là dell’ordinaria amministrazione della partitocrazia, sta accadendo qualcosa di più inquietante per l’avvenire. Il laboratorio politico delle Alpi è in grande fermento. Dalla Svizzera dei minareti ai pantaloni in cuoio della Carinzia, da Aosta a Trieste, transitando lungo la linea pedemontana dei campanili e dei capannoni delle camicie verdi, è in corso una vera e propria apocalisse culturale, per utilizzare l’espressione di Ernesto De Martino. L’epoca è in putrefazione. Nel cuore della vecchia Europa, la fine di un mondo produce pericolosi miasmi. Secondo le analisi di Aldo Bonomi, nelle aree tristi di montagna, tra l’economia che arranca e la società che si debilita in mezzo c’è il nulla. Ma questo nulla si colora di nero. In un tale contesto attraversato da apatia, rabbia e frustrazione, è riemersa la feccia della reazione. Riaffiorano fantasmi e incubi del passato. Paradossalmente, nella decadenza, stanno insieme risentimento, paure ataviche e desiderio di cambiamento. La direzione di marcia, però, è ancora incerta, anche se non mancano segnali allarmanti: il ritorno delle croci, il recupero del dialetto, ecc. La situazione è grave. Il contagio è arrivato nelle grandi città. (fine quarta parte)

Lettera dalla Valle d’Aosta… 3

20 settembre 2011

Ora, il quadretto oleografico non rivela tutta la verità. In realtà il parco giochi per turisti e vacanzieri ai piedi del Monte Bianco ha un retrobottega poco edificante. Se ne discute raramente, ma ogni tanto, nonostante la censura del regime, qualcosa salta fuori. Nel corso degli anni, la cronaca giudiziaria locale ha annoverato una lunga sequela di sprechi, truffe e scandali: finanziamenti a pioggia, contributi a fondo perduto, stalle d’oro, pullman fantasma, dipendenti regionali, ritiri estivi, mucche tisiche, buco della sanità, Casinò in perdita, ecc. L’inventario dell’illegalità e della corruzione potrebbe continuare. Tutto ciò, beninteso, nel sacrosanto nome dell’autonomia e a beneficio dei poveri valligiani. Come riportava il Corriere della sera in un articolo del dicembre 2002, gli ultimi cinque presidenti regionali sono stati inquisiti e abbattuti dalla magistratura. Niente di nuovo e tutto come prima. Al centro e in periferia la musica è identica: clientelismo, malaffare e voto di scambio. La famigerata casta si riproduce anche in alta quota. Il territorio della penisola non è affatto più virtuoso di Roma ladrona. Col federalismo fiscale non si fermerà certo il saccheggio ai danni dei cittadini. Gli daranno un nome nuovo: democrazia partecipativa o governo responsabile. (fine terza parte)

Lettera dalla Valle d’Aosta… 2

19 settembre 2011

Oggigiorno nei valdostani si nota una certa erosione del carattere e della fortuna. La placida spensieratezza dei privilegiati isolani sembra svanita. Nella sonnolenza montanara si percepisce un’irrequieta agitazione. Così non si può più andare avanti, sentenziano i politicanti. Bisogna cambiare strada. Dopotutto si fa presto a scendere giù nella classifica. Una crisi improvvisa, qualche riforma istituzionale o un giravolta della storia e subito le vacche grasse dimagriscono. Allora il vicino di casa comincia ad avere una brutta faccia, soprattutto se viene da fuori. Quando le casse si svuotano, dato che con la globalizzazione la concorrenza è spietata, si rispolvera l’identità etnica e culturale. Tuttavia il particolarismo, senza i munifici trasferimenti statali, è solo fumo senza arrosto. Lo scenario è cambiato e bisogna aggiornarsi. Quindi si presenta la paura del nuovo. Si vedono nemici dappertutto. Si tira a campare, ma è sempre più dura. Qualcosa manca e nelle teste vuote cresce la confusione. Meglio stare dalla parte dei signori al comando, sussurra tra i denti il contadino, anche se sono dei malfattori. Di questi tempi si deve pur sopravvivere. (fine seconda parte)

Questa crisi!

15 settembre 2011

La Festa della Valle d’Aosta è una vera cazzata, lo sanno tutti, pure Loro. Che sia una cazzata lo dimostra il fatto che nessuno ha veramente compreso di cosa si tratti. Perron, presidente dellUV, dice, dalla prima pagina del Peuple: “Ces jours-ci, nous célébrons notre f ête, une f ête que nous avons créée pour permettre à cette communauté de se retrouver”. Nella pagina interna Rollandin, presidente della Giunta, replica: “La Fête de la Vallée d’Aoste n’a jamais été la f ête de notre peuple”. Allora di chi cavolo è la Festa? Crisi d’identità? Può essere, infatti Perron insiste sul concetto di Festa come occasione per ritrovare lo spirito autonomista, la fierezza di appartenere a una regione diversa dalle altre regioni italiane. Rileva con una certa costernazione  che non tutti condividono i suoi ideali: “Il ya encore des gens qui préfèrent et qui privilégient l’appartenance à une nation par rapport à la région où ils vivent”. Questi appelli demagogici il regime li lancia quando numerose crepe minano le sue fondamenta. E’ sempre accaduto così. Perché noi dovremmo essere un’eccezione?