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1° Premio Patuasia-Artisanat

31 gennaio 2015
1° Premio Patuasia-Artisanat 2015

1° Premio Patuasia-Artisanat 2015

Il Primo Premio Patuasia-Artisanat va a Guido Diemoz per la sua opera “La fienagione”.

“La fienagione” di Guido Diemoz è perfetta dal lato compositivo, un punto di vista che mai viene considerato nelle selezioni ufficiali. Eppure qualsiasi creazione artistica è frutto di un linguaggio che è il vero contenuto dell’opera. Il significante è, nell’arte, il vero significato. Invece l’ufficialità si ferma su quest’ultimo e solo e unicamente su di esso. Questa è un’opera bella non perché ben rappresenta un uomo che solleva un covone di erba e ricorda il passato contadino della nostra valle, è bella perché l’architettura delle sue linee si manifesta in una forma assoluta. L’uomo si trova al centro di uno spazio vuoto: un prato concavo che lo racchiude. Sulle sue spalle trasporta un enorme covone: l’erba raccolta. La natura offre, l’uomo prende. Il vuoto e il pieno che si contrappongono. Se l’uomo dovesse cadere, l’erba del covone tornerebbe a riempire lo spazio svuotato di essa. Solo le corde che trattengono il fascio testimonierebbero il suo intervento. L’uomo si eleva sulla natura tramite il lavoro. Con la sua fatica. Ma non ne intacca l’armonia, perché la sua sopravvivenza è dovuta alla comprensione delle leggi naturali. L’uomo si erge sì, ma con rispetto. Conosce il delicato equilibrio. E ne fa parte. Questo racconta la scultura di Diemoz, ma non è la narrazione a farlo, bensì le forme. Le linee concave e convesse che si snodano con equilibrio, il segno sicuro, il disegno chiaro e semplice, i volumi armonici, cioè il linguaggio che crea una scultura.

2° Premio Patuasiartisanat

6 febbraio 2012

"L'attesa" di Guido Diemoz.

Fedele alla tradizione, Guido Diemoz racconta la vita di un tempo non troppo lontano. Narra la quotidianità contadina con una tale minuzia di particolari che non è azzardato considerare le sue sculture veri e propri documenti storici. Per questo e per la sensibilità di trattare il legno, considero doverosa l’acquisizione delle sue opere migliori da parte del MAV, affinché tali documenti possano essere una proprietà collettiva. So che il Museo non ha soldi e questo lo reputo vergognoso. Si stanziano centinaia di migliaia di euro per un premio che rende felice solo il tenutario del nome: Mogol e non si investe nella nostra reale ricchezza e peculiarità. Anche questo dà la misura della nostra misera identità prossima alla scadenza.

Identità in saldo

6 agosto 2011

Particolare di un'opera di Guido Diemoz - Archivio Patuasia

La Fiera di sant’Orso estiva è figlia minore di quella invernale, ma vale sempre la pena fare un giro per scoprire o riscoprire qualcosa di buono. Vi lascio in compagnia delle immagini delle sculture che mi hanno attratta, vuoi per i soggetti insoliti, vuoi per il virtuosismo, vuoi per la capacità di emozionare… . Purtroppo alcune opere importanti, come quella di Diemoz, saranno collocate in case private e quindi negate alla vista dei più; per una Regione che si dice legata alla tradizione e alla cultura del territorio, è sicuramente una perdita. Le sculture di Diemoz sono infatti delle testimonianze a tuttotondo di una vita contadina che resiste solo in parte, acquistarle per collocarle in un museo pubblico sarebbe quindi doveroso. Una salvaguardia molto più significativa e coerente con il principio nostrano di restitution di  quella adoperata per la scuoletta di musica di un tal Mogol.

1° Premio Patuasia-Artisanat

5 febbraio 2011

L'apicoltore di Guido Diemoz

Il primo Premio Patuasia-Artisanat viene conferito all’opera “L’apicoltore” dello scultore Guido Diemoz. Nella sua volontà di documentare il passato contadino attraverso la scultura su legno, ecco un’opera che ritrae in modo davvero ammirevole, il lavoro dell’apicoltore: un lavoro che esiste ancor oggi, ma che non è mai stato mostrato a tuttotondo. Diemoz esprime quella scultura onesta e ormai rara, priva di fronzoli e di retorica. La sua ricerca è sincera perché raffigura un ricordo ancora netto di un mondo che va scomparendo. Il segno è naturalistico, ma senza eccessi. L’apicoltore solleva una teca dell’arnia coprendosi il viso con una fitta retina per proteggersi dalle api. Il suo corpo, così compatto, comunica prudenza e rispetto. Davanti a sé una fila di arnie sghembe. Un albero nudo fa da contrappeso alla sua figura. Le linee orizzontali armonizzano con quelle verticali e la teca obliqua, posta sull’arnia a destra, così come quella che ha in mano il contadino, creano il giusto equilibrio con i rami ancor privi di foglie. Una composizione perfetta. (Chissà se i luminari del MAV, se ne sono accorti).