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Valle d’Aosta nera

28 Maggio 2014

Il giornalista, Roberto Mancini, ha avviato una collaborazione con il quotidiano on line, Nuovasocietà, Patuasia lo ringrazia per la concessione al blog dei suoi articoli.

Fari accesi sulla Valle d’Aosta “nera”, una regione a torto ritenuta immune da problemi. Da questo numero Nuovasocietà darà periodicamente conto al Piemonte e al resto del Paese della situazione criminale valdostana.
Non parliamo solo di crimini comuni, ma di ‘ndrangheta: acclarata con sentenze ormai passate in giudicato la presenza della cosca Facchineri di Cittanova, della cosca Nirta di san Luca, in attesa di un giudizio di primo grado per imputati contigui alla cosca Pesce di Rosarno, la pretesa Valle di Heidi maschera una situazione da tempo preoccupante.
 In proposito cercheremo di “fare memoria”, richiamando fatti criminali del passato, quasi tutti tuttora insoluti e felicemente rimossi da una coscienza collettiva valdostana troppo impegnata dall’ideologia localista ad autocelebrarsi. 
Alcuni di essi, come le prime due autobombe mai impiegate in Italia ( una della quali, nel 1982, la prima in assoluto contro un magistrato, il pretore Selis!), assolutamente clamorosi. 
Ultima notazione: il sistema istituzionale valdostano, grazie allo Statuto Speciale di autonomia, prevede che le mansioni di prefetto siano svolte dal presidente della Giunta, ossia dal capo dell’Esecutivo. (altro…)

Buio valdostano

9 gennaio 2014

Ma c’è la ndrangheta in Vda? Presto analizzeremo la sentenza della corte di Appello di Torino che ribadisce in maniera inequivocabile la presenza di un basista di ‘ndrangheta residente in Excenex (indagine “Tempus venit”). Ma è bene cercare di fare memoria su episodi criminali del passato, rimossi dalla distratta coscienza civile valdostana.
Partiamo da due record: la Vda è la prima regione italiana in assoluto in cui si sperimentano ordigni micidiali e sofisticati quali le auto-bomba. Siamo negli anni 80’, il primo attentato italiano con questo mezzo avvenne il 29 gennaio 1983 a Roma, nel quartiere Primavalle contro la Golf di Vincenzo Casillo, luogotenente di Raffaele Cutolo. Il secondo, di lì a poco, avviene a Palermo contro il giudice Rocco Chinnici, il 29 Luglio 1983.
Ma noi valdostani facciamo prima e meglio, il record è nostro. Il 3 settembre 1979 attentato mortale ad un commerciante di Sarre, Armando Pasquali, quarantunenne titolare di un negozio di jeans in via Aubert ad Aosta. Mentre con la sua Mercedes 240 D si sta recando a Como per riconsegnare della merce, sull’autostrada all’altezza di Montjovet la sua auto salta in aria a causa di una bomba. Circa tre mesi prima il Pasquali si era salvato dall’incendio della sua 125 e gli inquirenti avevano ipotizzato un attentato. Il Pasquali invece aveva attribuito l’accaduto all’incendio di una bombola di anti-appannante presente nell’abitacolo dell’auto.
Il
13 dicembre 1982 ad Aosta, in via Monte Vodice, viene fatta esplodere l’autovettura Fiat 500 dell’allora Pretore di Aosta, Giovanni Selis, che si accinge ad aprirla e che, miracolosamente, rimane praticamente illeso. Rimasti ignoti gli autori. Il giorno seguente il pretore è oggetto di un altro tentativo di attentato, sventato grazie alla sua diffidenza. Lunedì 23 maggio 1996 nel cantiere dell’impresa Lapegna a Pontey, in località Champagne 41, sette camion vanno in fumo durante la notte. L’impresario colpito si occupa di costruzioni edili e stradali e di sgombero neve. Gli automezzi, parcheggiati sotto una tettoia, si incendiano contemporaneamente. In seguito, il copione di prammatica, sempre identico: l’impresario che dichiara di non avere nemici e di non essere mai stato minacciato né ricattato, l’ovvia conclusione che gli inneschi usati presuppongono la presenza di almeno tre persone di buona capacità tecnico-criminale, la disamina degli affari e degli appalti del Lapegna. Il 16 luglio 2005 fiamme ad una pizzeria di Pontey, vicino Châtillon, dove si trova anche una pista di go-kart. Il fuoco si sviluppa all’alba, proviene dall’esterno e determina l’esplosione delle tubature del gas, per cui l’edificio è interamente sventrato. I proprietari sono i fratelli Fusaro, già titolari di un’impresa edile poi fallita, il cui nome compariva già nell’indagine Lapegna. La Procura apre un fascicolo contro ignoti.
È la notte di domenica 11 marzo2007 quando va a fuoco il deposito di tronchi presso la segheria di Walter Dal Canton, in regione Champagne a Villeneuve. L’incendio è gigantesco e per spegnerlo i vigili del fuoco lottano tutto il giorno, mobilitando anche due elicotteri della Protezione civile che rovesciano acqua e schiumogeni dal cielo. Il pericolo è grande perché la segheria in fiamme confina con il deposito carburanti della Villeneuve Petroli, la cui palazzina degli uffici è lambita dal fuoco: in caso di esplosione delle cisterne interrate di gasolio, le conseguenze potrebbero essere disastrose. Sgomberate le 15 famiglie della vicina frazione Trepont, strada statale interrotta, alla fine di un giorno di angoscia e mobilitazione i danni si quantificano in circa 250.000 euro. Poiché incendiare una catasta di tronchi enormi non è impresa tecnicamente facile, anche in questo caso si ipotizza una mano criminalmente esperta. C’è anche una testimonianza, quella del figlio del titolare, che afferma di aver visto verso le 8,20 del mattino un individuo aggirarsi tra le cataste di legname e, in seguito, darsi alla fuga su un’auto che lo attendeva nella vicina statale. (roberto mancini)

Gli indifferenti

13 agosto 2013

La ‘ndrangheta striscia silente e senza fare rumore,… allaccia rapporti con le imprese locali e molto lentamente le svuota e se ne appropria.” Così scrive il procuratore antimafia, Nicola Gratteri, nel suo libro Dire e non dire. E ancora “E se oggi spara meno è perché ha meno bisogno di farlo, potendo contare su una maggiore rete di professionisti, politici, imprenditori… un sistema di relazioni che le permette di infiltrarsi e radicarsi in tanti territori del Paese, anche quelli non tradizionalmente interessati dal fenomeno criminale.” Ecco, il nostro territorio non ha tradizione di mafia (?), ma è da decenni che il fenomeno si è incistato. Una cisti profonda, poco visibile anche se a toccarla si percepisce eccome. Il procuratore Giovanni Selis l’aveva toccata ed è saltato in aria (la prima autobomba italiana). Oggi spacciarsi immuni dal contagio è più difficile: incendi dolosi, estorsioni, intimidazioni, riciclaggio e usura ci raccontano un’altra storia. Raccontano di una ragnatela criminale che avvolge la Valle d’Aosta insieme alle altre regioni del nord: il Piemonte, la Lombardia, la Liguria, L’Emilia Romagna. Il buon senso invita a stare in guardia, ma i nostri politici non sono dotati di buon senso. Ecco cosa è successo nel Comune di Saint-Vincent. Nel mese di luglio è stato appaltato l’allargamento delle piste da sci al Col di Joux, aggiudicatario il raggruppamento temporaneo d’imprese formato da Cospef e Alloro. Il criterio è stato quello del massimo ribasso, quasi il 20%. Sconti troppo alti non possono che essere sospetti, infatti la ditta che li applica può permettersi di lavorare in perdita o risparmiare sul lavoro o sulle qualità dei materiali. L’amministratore delegato della Cospef è il calabrese Antonio Furfaro (in contatto con i Mamone, imprenditori coinvolti nell’inchiesta Pandora e con Ferdinando Gullace, imprenditore interdetto nell’ambito dell’indagine Entourage), è lui stesso a dire che partecipa alle gare con ribassi spaventosi perché non gli serve per guadagnare, ma solo per cambiare i soldi! Su questo imprenditore, già procuratore di una società valdostana: la Tour ronde, starebbe indagando la Direzione investigativa antimafia. Il sindaco di Saint-Vincent, Adalberto Perosino (Gradi di istruzione: non inserito – Categoria professionale: esercente di Alberghi, Ristoranti e Assimilati), non ha nulla da dire. Uguale a molti altri amministratori non sa. Forse. Pare che qualcuno lo abbia informato, ma che lui abbia fatto spallucce. Si sottovaluta il problema. Si minimizza. Eppure i segnali che dimostrano che anche in Valle il pericolo ‘ndrangheta esiste ci sono. La sentenza “Tempus venit” dovrebbe aprire gli occhi. Ma le amministrazioni sono cieche o non sanno leggere il proprio territorio e quindi non sanno difenderlo da una eventuale infiltrazione criminale. Ad Aosta il sindaco Bruno Giordano ha patrocinato e dato contributi alla Festa dei calabresi, nonostante il  presidente, Giuseppe Tropiano, sia stato condannato in primo grado per favoreggiamento con la ‘ndrangheta. Il parroco di Saint-Martin-de-Corléans, don Albino, ospita il Comitato organizzatore della suddetta manifestazione e le due statue dei santi Giorgio e Giacomo. Il parroco del quartiere Dora, don Danna, accoglie invece la Madonna di Polsi, quella che benedice gli ‘ndranghetisti. Il vescovo, disattento, tace. Si fa però sentire il Corriere della Valle, scandalizzato dall’uso di un altare sconsacrato in una gelateria! Scrive Giuseppe Gennari, giudice per le indagini preliminari di Milano: “L’impresa mafiosa ha raggiunto un preoccupante livello di accettazione sociale e questo atteggiamento della società non fa che accrescere la forza economica, il prestigio, il tessuto di omertà e perciò il potere dell’impresa mafiosa”. L’indifferenza è un’arma più efficace della lupara.

 

Delitto e castigo

9 aprile 2011

E' così poltrona dipendente che non se la fa mancare neppure in bagno!

Interessante la rubrica della Stampa: Fatti e Misfatti della storia valdostana a cura di Enrico Martinet. Si ricordava ieri la faccenda “Ciel Bleu” di Pila che vide coinvolto un politico dalla poltrona incorporata (una specie di protesi) dal nome Bruno Milanesio, attualmente amministratore delegato per la riconversione della caserma Testafochi in Campus universitario. A quei tempi, tempi di abusi edilizi, si indagò su speculazioni e tangenti che implicarono diversi politici e impresari (la storia è sempre quella). Si disse innocente, ma innocente non fu. Interessi privati in atti d’ufficio l’atto di accusa. Si fece un paio di annetti in carcere. A quei tempi ero una giovanissima donna e mi ricordo di lui, perché nel Quartiere Cogne si borbottava che fosse il finanziatore dei matrimoni delle numerose figlie di un calabrese che abitava lì, pur non essendo un dipedente dell’azienda omonima. Lo vidi un giorno passare sotto al mio balcone con una sposa accanto: l’accompagnava in chiesa. Vestiva lei un abito che nel quartiere non si era mai visto: troppo bello e ricco per le tasche degli operai. Noi si guardava e si borbottava, non si poteva fare altro. Mi ricordo anche  un altro personaggio menzionato nell’articolo: Giovanni Selis che a quel tempo aveva firmato il fermo di Milanesio, perché la sua auto saltò in aria proprio di fronte a casa mia, in via Monte Vodice. Selis se la cavò per miracolo, ma preferì seguire il “consiglio” e andarsene dalla Valle d’Aosta. Di questo attentato non si è mai saputo nulla. Si sa che Selis si occupava di usura e di edilizia.  Mi piacerebbe che un giorno la giustizia potesse finalmente vedere la luce in questo antro oscuro e poter leggere sulla Stampa una nuova rubrica con un altro titolo: Delitto e Castigo.

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Illegalità diffusa

13 dicembre 2010

L'ex Procuratore, Mario Vaudano, all'Espace popoulaire

La prima impressione che provò l’ex procuratore di Aosta (dal 1989 al 1994), Mario Vaudano, fu quella di una illegalità diffusa. Casalinghe che acquistano patenti false per poter avere i buoni di benzina; bracconieri che importano illegalmente dalla Svizzera fucili a cannocchiale per la caccia di frodo e poi rivenderli alla ‘ndrangheta; stalle arredate con moquette e tivù; mucche sane o inesistenti risanate dalla tbc; appalti truccati; compravendita di voti; riciclaggio di denaro sporco…, reati che, prima dell’arrivo del giudice, non destavano forti preoccupazioni. Rientravano nel consueto vivere. Mario Vaudano scolvolse  così tanto quel tran tran (nel complesso furono emesse 12.000 inchieste giudiziarie) che Luciano Caveri auspicò, dopo la sua partenza per Roma chiamato dall’allora ministro della Giustizia, Giovan Battista Conso, un ritorno a quella che infelicemente definì, normalità. In quei cinque anni di permanenza nella Petite Patrie furono sequestrati 300 chili di esplosivo e 150 detonatori destinati alla malavita meridionale (vogliamo ricordare che nel 1982 era stata fatta esplodere in via Monte Vodice ad Aosta l’auto con a bordo il Pretore, Giovanni Selis, all’oggi ancora nessun colpevole). Finirono sotto inchiesta numerosi funzionari pubblici, allevatori e politici. Fu scoperto un giro di malaffare legato agli appalti e alle committenze pubbliche. Il tutto condito da un silenzio complice. Da un lungo e profondo sonno. Da una mentalità mafiosa che ha trovato in Valle il suo terreno fertile. Una comunanza culturale che trae origine non dalla produttività, ma dalla facile distribuzione di denaro. Non ebbe grandi appoggi politici, il procuratore Vaudano (i Verdi); anche a sinistra la paura di perdere il consenso popolare fu più forte della tanto strumentalizzata etica. E oggi? Oggi che abbiamo una Procura ben organizzata, cos’è cambiato? A capo del Governo regionale abbiamo lo stesso uomo che in quei tempi era agli arresti domicilari e anche gli altri politici non sono cambiati,  fra questi non sono pochi quelli che hanno avuto problemi con la giustizia (oggi, 13 dicembre, udienza preliminare per Leonardo La Torre che deve rispondere dell’accusa di turbativa d’asta). Il costume collusivo che conobbe Mario Vaudano esiste ancora? Di certo non è cambiata l’economia che rimane assistita. Non mancano i grandi appalti e neppure gli impresari calabresi. Rispondono all’appello fatti curiosi come gli incendi dolosi a case e a vetture, come le sedute straordinarie di giunte comunali, come la presenza di politici valdostani in matrimoni calabresi…, eppure il rumore delle inchieste non giunge alle nostre orecchie. Si tratta di discrezionalità investigativa o di che altro?

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