Riceviamo dal signor Giancarlo Borluzzi e volentieri pubblichiamo.
Alberto Zucchi ha affermato che la lista “LeAli”, presente alle regionali, deve evidenziare le sue accuse (“di ogni genere”, gentile concessione del responsabile pidiellino!) all’attuale dirigenza del PdL “indicando i nomi” e “nelle sedi opportune”. Posto che la politica deve essere seria, sincera e aperta al cittadino, informo Zucchi, che si trova in Consiglio per un mio madornale quanto determinante appoggio nel 2008 (non sapevo che avrebbe sposato l’ ”ideologia” di Massimo Lattanzi), che la “sede opportuna” è la pubblica piazza, identificabile in un incontro aperto ai giornalisti ove vengono svuotati dai loro contenuti “di ogni genere” i sacchi di quanti se ne sono andati dal PdL perché il suo direttivo è stato cencellisticamente costruito, anche introducendovi persone estranee alla politica, in modo da creare un acritico supporto a Zucchi e Lattanzi che hanno svuotato di ogni contenuto liberale il contenitore berlusconiano.
Per importanti impegni fuori Valle il mio tempo è ridotto e politicamente impegnato nella costruzione (ormai in dirittura d’arrivo) di un’insieme di componenti regionali dell’Italia di frontiera che promuoveranno azioni parlamentari in contrapposizione, per quanto riguarda la Valle, ai due eletti nostrani il 24 febbraio, ai piedi dei quali sta questuando ciò che dovrebbe essere il PdL valdostano. Per questo, e quindi non per le comunque fisiologiche e ridotte non convergenze ideologiche, io o miei familiari non siamo entrati nelle candidature di “LeALI”, che comunque appoggeremo nei limiti temporali indicati. Attendo l’incontro ove pubblicamente farò nomi e indicherò fatti che giustificano la creazione di un vero contenitore del centrodestra valdostano, visto che quello in mano ai dirigenti attuali l’ha ridotto a una dependance dell’Union Valdôtaine che utilizza il PdL come un taxi: all’occorrenza e senza sussulti di dignità da parte dei dirigenti pidiellini. In tale incontro sarò un fiume in piena: partirò offrendo ai giornalisti il documento che in Valle si impone di sottoscrivere per far parte del direttivo regionale necessario a Zucchi e Lattanzi per i loro fini: un documento in cui, chi ha cervello e coraggio, si deve impegnare a mai criticare l’UV, in modo da essere inglobato nel PdL senza dare fastidio al suo interno e, trovandocisi, senza agire da fuori.
“LeALI” è una necessità imposta dai trogloditici quanto utilitaristici giochetti della dirigenza pidiellina nostrana; una politica trasparente impone di lavare i panni non nelle segrete stanze, ma in pubblico: invito dunque Zucchi e Lattanzi a non avere paura di avere il coraggio di far sciorinare davanti ai giornalisti le ragioni di una contrapposizione “LeALI” – PdL (PdL?) nella quale i due personaggi preindicati hanno la colpa di non aver mai saputo coordinare valori e principi statutari del PdL con la situazione valdostana.
Democrazia a a
19 ottobre 2010Riceviamo dal signor Giancarlo Borluzzi e volentieri pubblichiamo.
La democrazia è certo una questione di numeri, ma solo all’interno di regole non eludibili: i numeri in un contesto pasticciato o insensato non contano perché non si può porre un’etichetta di vino pregiato su una bottiglia piena di aranciata. Ogni partito ha i suoi valori di riferimento che valgono per il centro come per quella periferia dello stivale ove vanno interpretati alla luce delle problematiche locali. Purtroppo succede che l’utilizzo di un simbolo nazionale venga concesso a una periferia dai temi poco o per nulla noti a Roma e, proprio per il disinteresse centrale verso ciò che è piccolo e lontano, manchi una verifica sulle caratteristiche e i comportamenti di chi lo utilizza. L’organo periferico ove si concretizzano le decisioni di un partito è il suo direttivo e qui possono evidenziarsi storture concatenate tra loro: referenti locali che se ne infischiano dei valori del loro partito e confezionano un direttivo in cui l’ok alle loro decisioni è artificiosamente assicurato immettendovi anche amici estranei alla politica, ma che la manina al momento del voto la sanno alzare. Questa non è democrazia, perché non è bypassabile l’interpretazione genuina dei propri valori di riferimento, che non possono essere definiti “pattume” per facilitare accordi con chi è portatore di messaggi opposti: sarebbe un’aranciata rispetto all’etichettato vino nazionale che si dovrebbe interpretare; inoltre, non ci si può costruire un direttivo cicisbeo che promuova la propria aranciata.
I numeri, cioè i voti, possono dunque costituire un insignificante dettaglio all’interno di un trucco camuffato da democrazia. Proprio questo è quanto succede nel direttivo del PdL valdostano, ove persone certamente preparate costituiscono una minoranza che non può fornire legittimazione democratica a una linea che non opera per porre una bandierina azzurra sulla Valle d’Aosta, come i tre coordinatori nazionali del PdL affermerebbero secondo i referenti valdostani, ma per consolidare l’insopportabile cappa rossonera che sovrasta la Valle.
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