Quando alla medesima conferenza stampa (Bimillenario morte di Augusto) accennai ai Fondi europei, la nuova assessora alla Cultura si esibì in una serie di simpatiche smorfie. I muscoli facciali della Rini volevano, in modo poco istituzionale, comunicarci che quei Fondi sono così fondi che è facile perdersi e magari anche restarci secchi. Dunque dunque…, noi abbiamo una plastica verde che serve a proteggere dei sacchi di sabbia che servono a proteggere quattro fondamenta di case del settecento, una fornace tra le tante e un metro quadrato di basolato romano (lo stesso che si trova nel tunnel tecnologico a meno che non l’abbiano rimosso), quel prato sintetico e quella potenziale spiaggia dovrebbero essere rimossi dopo l’intervento di copertura della Porta Pretoria, intervento che eviterebbe all’acqua piovana di bagnare le storiche pietre cosa che peraltro ha fatto per centinaia d’anni. Ma se le smorfie assessorili avessero ragione e cioè fosse così difficile e tortuoso accedere ai finanziamenti europei (che hanno però permesso di compiere lo scempio), perché non rimuovere la trincea? Se è stato impossibile chiederli per il Bimillenario figuriamoci per una copertura antistorica che demolirebbe il senso del monumento (che è di proprietà dell’umanità intera non solo nostro). O la suggestiva e sintetica area verde è facente parte del “restauro” e della resa monumentale dell’ingresso di Augusta Pretoria?
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Domandona
13 luglio 2014Performance!
24 ottobre 2012Qualcuno mi spieghi, perché io proprio non capisco. Entro il 2015 si apriranno al pubblico le miniere di Chamousire a Brusson e quella di Fenillaz. Finanziate con i Fondi europei (un milione e trecentomila euro) diventeranno, nelle migliori intenzioni, delle attrazioni turistiche e culturali. E quella di Cogne che è la miniera per eccellenza, perché invece di integrarla nel progetto, creando una rete museale straordinaria la smantellano? Perché Rollandin non è di Cogne? Non trovate che la contraddizione sia insopportabile? Tornando al paese del capo, il progetto di trasformazione delle miniere in realtà museali è stato curato da tre architetti valdostani: Corrado Binel, Enrica Quattrocchio e Michele Saulle, con la collaborazione dello studio altoatesino Em2 Architekten. A leggere le dichiarazioni di Binel sulla Stampa, mi sorgono altre incomprensioni. Dunque, il progetto prevede, oltre il recupero delle gallerie, anche la messa in sicurezza del sentiero perché i luoghi saranno visitabili solo a piedi, ma “in ragione delle problematiche di consolidamento del versante è stata anche valutata l’opportunità di un collegamento impiantistico alla frazione La Croix. Questa scelta, che porterebbe oggi a un aumento sensibile dei costi di costruzione, rappresenta però di contro un netto abbattimento futuro dei costi di gestione e manutenzione.” Che significa? Che il progetto non garantisce appieno la sicurezza e che, per poterla assicurare, occorreranno nuovi investimenti a questo punto regionali. Nel caso, come è probabile che sia, che la spesa per un impianto a fune non venga, data la crisi, presa in considerazione dalle amministrazioni si “determinerebbe inevitabilmente l’incompletezza dell’opera e una sua complessiva bassa performance sia in termini gestionali che di competitività sul mercato del turismo culturale». Che significa? Che gli architetti hanno realizzato un progetto che non offre nessuna certezza dal punto di vista della sicurezza dell’accesso e quindi, nel novanta per cento dei casi, non avrà mai un decollo! Avremo così una bellissima miniera smantellata a Cogne e due realtà minori a Brusson costosissime, ma inaccessibili. Insomma, ancora una volta sembra che la vera performance sia quella dei conti bancari dei nostri vari progettisti.
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