Provate in buona fede a sbagliare la dichiarazione dei redditi e ditemi se lo Stato sarebbe così comprensivo. Ecco perché questa assoluzione sta sullo stomaco. Non tutti dovevano essere assolti: qualcuno sì, qualcun altro no. Il fatto non sussiste. Il fatto non costituisce reato. I politici, secondo il Giudice, hanno speso soldi pubblici nella consapevolezza che fosse legittimo farlo, che fosse nello spirito della legge. I politici festeggiano l’assoluzione. Non si rendono conto. Inconsapevoli della rabbia e della figuraccia che sommano ad altre figuracce. Lasciamo perdere l’etica che è un argomento che, nonostante sia stato più volte esaminato, non capirebbero: non sanno proprio cos’è; concentriamoci sulla motivazione che li ha assolti: non erano consapevoli di usare soldi pubblici. Dunque, hanno mangiato ostriche con i soldi nostri convinti che fosse lecito. Organizzato feste calabresi per creare consenso certi di essere nel giusto. Comprato regali vari perché così prevedeva la legge. Acquistato biglietti aerei per i propri congiunti perché era normale farlo… . Dunque si sentono vittime di un’indagine infamante. Ascesi al cielo degli innocenti perché incapaci di intendere e volere. Perché a leggerla, la legge, è chiara. Esplicita. Categorica. Non capirla significa non saper leggere o non capire cosa si legge. Che ce ne facciamo di una classe dirigente analfabeta?
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Gli Inconsapevoli!
1 aprile 2015Nessun dorma!
29 ottobre 2013Guardiamo la luna eh? Non il dito…
Non cadiamo nel tranello della “disinformatja”: ora molti giornalisti da Apt in cerca di consenso del Potere (contributo per motosega?) scriveranno che “ la ndrangheta non esiste in VDA”. Non è così, la parte importante della sentenza della corte di Appello di Torino conferma che qui da noi si fanno estorsioni mafiose e che i colpevoli sono stati individuati e condannati in due gradi di giudizio.
Gli escavatori non prendevano fuoco per autocombustione, come ci siamo raccontati per decenni. Le due sentenze differiscono nella parte che riguarda i destinatari dell’estorsione, ossia i fratelli Tropiano. In primo grado la Corte ha ritenuto che, rivolgendosi ai fratelli Raso come “mediatori” con il clan Facchineri, i Tropiano abbiano concorso all’estorsione mafiosa in loro danno: dovevano rivolgersi subito allo Stato, come fece l’Archeos dopo il rogo in suo danno. Da qui la loro condanna.
In secondo grado, assoluzione: i Tropiano non hanno concorso all’estorsione mafiosa in loro danno. Però che vuol dire? Le interpretazioni possono essere plurime. Dunque… sono curiosissimo delle motivazioni (90 gg) e del dispositivo della sentenza (che uscirà a giorni, indicando gli articoli cui si riferisce quella parte di verdetto). Come avranno motivato l’assoluzione i giudici torinesi?
Considerano che i contatti con la famiglia Raso non ci siano stati? Sembra strano: gli atti del primo grado sono pieni di intercettazioni che indicano la funzione di “guardianìa” svolta dai Raso in Calabria, per conto dei Tropiano. Oppure considerano che ci siano stati, ma che non rappresentino un reato? Oppure ancora hanno applicato l’art 384 cp, quello della “non punibilità”? Ossia quello che riconosce che il reato è avvenuto, ma in una tale situazione di emergenza per i Tropiano da non poter essere punito? La seconda ipotesi mi sembra la più agghiacciante. Perchè?
Vorrebbe dire sancire con una sentenza un principio giuridico pericolosissimo: qualora si subisca un’estorsione mafiosa, semplicemente non è reato farsi “proteggere” da altri ambienti mafiosi o malavitosi, anziché dai carabinieri. Un precedente giuridico di enorme gravità, che autorizzerebbe chi subisce minacce ad ignorare lo Stato e a rivolgersi serenamente al boss più vicino.
In pratica, uno sdoganamento del contropotere mafioso alternativo a quello statale.
Si potrebbero aprire prospettive esaltanti:
ogni azienda con il proprio mafioso di “riferimento”…
Slogan da marketing?
“Un Mangano al giorno toglie i problemi di torno”.
Mah, boh, chissà….
Attendiamo dunque di conoscere le carte.
Nel frattempo, nessun dorma. (roberto mancini)
Giuseppe e i suoi fratelli
29 ottobre 2013Giuseppe Tropiano e i suoi fratelli sono stati assolti in appello dall’accusa di favoreggiamento con la ‘ndrangheta. Avevano chiesto aiuto agli amici legati all'”associazione culturale” calabrese, ma questo non è considerato un reato. Le mie considerazioni personali nei confronti dei Tropiano non cambiano e vorrei precisare che la mia non è stata una campagna denigratoria e diffamante, ma ha rispettato il verdetto della legge al suo primo grado di giudizio, come ora rispetto l’appello. La legge ha le sue regole e può assolvere un medico che ha causato la morte di un paziente, ma io da quel medico preferisco non andarci. Prudenza non è mai troppa. Se poi come dice qualcuno, per esprimere un parere occorra attendere i tre gradi di giudizio, allora mettiamoci il bavaglio che facciamo prima.
La ‘ndrangheta made VdA (13° parte)
13 giugno 2013Il patrimonio occulto della famiglia Nirta. Così recita il decreto di confisca del Tribunale di Aosta:
“In ordine alla scoperta di un ingente patrimonio occulto riferibile al proposto ( Giuseppe Nirta, ndr) , la Procura della Repubblica ha innanzitutto fornito compiuta prova dell’assoluta sproporzione dello stesso rispetto ai redditi leciti prodotti dal Nirta e dal suo nucleo famigliare. I genitori, Nirta Antonio e Teresa Argirò, emigrano negli anni ’50 dalla Calabria per giungere in Valle d’Aosta; il padre svolge per lunghi anni il lavoro di minatore contraendo la silicosi, che lo costringerà in seguito al ritiro dall’attività lavorativa, mentre la madre trova impiego come bracciante agricola, per taluni periodi anche in Svizzera. Lo stesso Nirta Giuseppe pare avere svolto negli anni solo piccoli lavori di imbiancatura, per lo più affidatigli da privati”.
L’immagine pubblica fornita da Giuseppe Nirta non corrisponde a verità. “Quanto poi alla presunta laboriosità del proposto, essa risulta smentita dalle dichiarazioni dei redditi dello stesso, che evidenziano entrate di modestissima entità e, in alcuni anni, anche inesistenti. Dalla documentazione prodotta dalla difesa può escludersi che il Nirta abbia partecipato a gare di appalto pubbliche di una certa rilevanza: la difesa ha infatti prodotto documentazione della Regione Autonoma Valle d’Aosta da cui si evince che in due occasioni (nel 1991 e 1992) la ditta individuale del proposto ottiene in subappalto piccoli lavori di tinteggiatura e che in tre occasioni (nel 2000 e 2002) partecipa a gare di appalto. Risulta poi accertato, dagli accertamenti svolti dalla Procura della Repubblica, che il Nirta effettuasse lavori per lo più in collaborazione con terzi. Le risultanze delle indagini svolte negli anni sul conto del proposto danno un quadro totalmente differente da quello dell’onesto lavoratore e del forte risparmiatore.
E’ un fatto che ogni qual volta, nel corso degli anni, gli organi inquirenti hanno svolto attività di osservazione sul Nirta, egli venga colto all’atto di frequentare pregiudicati e di compiere con essi traffici delittuosi e non nello svolgimento di onesti lavori.”
Conclusione: il deposito bancario in Svizzera della signora Nirta non ha spiegazioni plausibili. Così la sentenza:
“Per queste ragioni non trova alcuna spiegazione plausibile, se non nell‘accumulazione di ingenti proventi da attività illecite, la circostanza che il 25 novembre 1993 la signora Argirò ( mamma di Giuseppe Nirta, ndr) apra la relazione bancaria XX90-0 presso Credit Suisse di Fribourg (CH) in cui viene versata la somma iniziale di 1.234.304 franchi svizzeri.
Nello stesso anno, a nome Mandarino Francesca (moglie di Giuseppe Nirta, ndr), venne aperta altra relazione bancaria, la XX421, presso la UBS di Martigny. (roberto mancini)
L’assoluzione non sempre smacchia
11 giugno 2013Perché ho voluto pubblicare alcuni stralci della sentenza sulla confisca dei beni dei Nirta? Due sono i motivi: il primo è che mi sembra opportuno invitare la cittadinanza a una maggior attenzione verso le sentenze che sono atti pubblici e quindi consultabili. Una democrazia sava e viva necessita di conoscenza. Secondo è che il concetto di prevenzione del reato che sortisce dalla sentenza, è importantissimo: “La Cassazione ha inoltre precisato che ” la pronuncia assolutoria e irrevocabile, non comporta l‘automatica esclusione della pericolosità, quando la valutazione di tale requisito sia effettuata dal giudice della prevenzione in base ad elementi distinti, ancorché desumibili dai medesimi fatti storici tenuti in rilievo nella sentenza”. La logica del decreto di confisca dei beni dei Nirta capovolge quindi la “way of life” berluskoniana. Qual’è il infatti il nocciolo del pensiero (e della prassi…) berluskonista? Eliminare dalla società il concetto di controllo e disapprovazione sociale. Vale solo il risultato, (politico, economico, sportivo) comunque ottenuto, magari barando. Vige il machiavellismo deteriore, da bar sport: il fine giustifica i mezzi. In realtà una società è democratica, ordinata ed ugualitaria, solo se afferma e pratica il contrario:
non tutti i mezzi (ad esempio quelli truffaldini e criminali…) possono essere usati per raggiungere un fine. Se ogni mezzo è valido, i deboli non sono tutelati. Con la scusa della “libertà d’iniziativa”, il berluskonismo mira a cancellare ogni disciplina riguardante la sfera etica del comportamento ed il conseguente giudizio, morale o deontologico. Ogni giudizio di comportamento e di valore viene bandito, annullato dalla sfera penale cui tutto è demandato. Salvo poi, una volta emesso un giudizio di condanna, delegittimare la sfera penale con giudizi politici sui giudici ( la supercazzola sulla “toghe rosse” ecc…). La logica della legge e delle misure di prevenzione che abbiamo visto applicate al caso Nirta è opposta: un’assoluzione penale dal reato di associazione a delinquere non significa che il soggetto sia raccomandabile. La pericolosità sociale non si esprime solo violando il codice penale. Un individuo è pericoloso socialmente sia che stia per compiere atti delittuosi, sia che abbia patrimoni spropositati rispetto alle sue attività riconosciute. I contatti e le frequentazioni con malavitosi sono indizio di vita deviante. A me viene in mente qualcuno bis. (roberto mancini)
La ‘ndrangheta made VdA (12° parte bis)
9 giugno 2013Il decreto di confisca dei beni della famiglia Nirta.
La sentenza poi cita rapporti dei carabinieri del Ros, autori dell’operazione Gerbera che porterà alla condanna dei Nirta per traffico internazionale di stupefacenti. Eccome uno stralcio: “Nel caso che qui occupa (di cui parliamo, ndr) le frequentazioni avute dal proposto ( Giuseppe Nirta, ndr) nel lungo periodo di osservazione della Operazione Gerbera ( fiore tipico della Colombia, che ha dato nome all’operazione dei carabinieri sul traffico Colombia-Italia, ndr)… in ragione del loro numero e dell’appartenenza al mondo criminale si rivelano fortemente indizianti di vita deviante. A ciò va aggiunto che talune delle persone frequentate dal proposto Giuseppe Nirta, ndr) possiedono un’accentuata caratura criminale e che molti degli incontri da lui avuti con soggetti stabilmente inseriti nel circuito illegale hanno avuto luogo in Calabria, Lombardia, Spagna e Colombia (come risulta infatti dal rapporto dei Ros già citato, il Nirta effettuava rispettivamente cinque viaggi nell’arco del biennio 2007-08 nel Paese iberico, e quattordici viaggi dal 1994 al 2009 in quello sudamericano), cioè in località fortemente interessate da fenomeni mafiosi legati soprattutto al narcotraffico anche internazionale.
L’annotazione dei Ros citata sottolinea poi come il proposto (Giuseppe Nirta, ndr) abbia intrattenuto rapporti anche con soggetti estranei alle vicende dell’ Operazione Gerbera.
“Tali circostanze contribuiscono a rafforzare il giudizio di pericolosità anche qualificata di quest’ultimo, poiché confermano che gli ambiti di frequentazione con soggetti aventi biografia fortemente deviante vanno ben al di là delle attività delittuose giudiziariamente accertate, ingenerando il fondato sospetto che molti traffici illeciti compiuti dal proposto (per le misure di prevenzione, ndr) siano purtroppo rimasti ignoti agli investigatori. Seguono i nomi di una serie di persone coinvolte nel narcotraffico e frequentate dai Nirta:
Carlos Raysh Utria, Pietro Tirasso, Freddy Alexander Villegas Estrada, Giuseppe Mammoliti, Ferdinando Mediati, Vincenzo Caminiti, Rosario Strati, Domenico Sergi, Rocco Mammoliti, Sebastiano Pelle.
Prosegue il rapporto dei Ros: “Sebastiano Pelle risulta affiliato alla cosca Nirta -La Maggiore, destinatario di mandato di cattura Schengen per associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e già condannato alla pena della reclusione di anni 20 per sequestro di persona a scopo di estorsione, detenzione illegale di armi e munizioni (fatti del 1983, sent. irrev.del 1988). Conclusione del Ros:
“Proprio i rapporti con Sebastiano PELLE costituiscono elemento indiziario di assoluto rilievo ai fini della valutazione di pericolosità del proposto (Giuseppe Nirta, ndr).”. (roberto mancini)
La ‘ndrangheta made VdA (12 parte)
7 giugno 2013Il decreto di confisca dei beni della famiglia Nirta.
Che cos’è la pericolosità sociale, si chiede la Corte? Ecco la risposta del Tribunale di Aosta:
“Secondo il condivisibile orientamento della giurisprudenza di legittimità….. il presupposto della pericolosità sociale necessario ai fini dell’applicazione delle misure di prevenzione può distinguersi in pericolosità soggettiva, ascrivibile al compimento (o al pericolo di compimento) di attività penalmente illecite, ed in pericolosità oggettiva, da intendersi quale “inequivocabile sintomo della prima, riconducibile a incrementi patrimoniali sproporzionati rispetto al reddito accertato o in ogni caso alle attività economiche lecite”.
Quesito:
Ma se i Nirta sono stati assolti dall’accusa di associazione per delinquere, come possono essere socialmente pericolosi? Vengono citati alcuni passi della sentenza di prima istanza del Gup presso il tribunale di Torino, secondo cui: “gli elementi di fatto da cui si trae la sussistenza dell’associazione a delinquere tra Nirta Domenico, Nirta Giuseppe e Di Donato Franco si traggono, principalmente, dalla complessa mole delle telefonate intercettate, in parte riscontrate nel sequestro di stupefacente (contestuale all’arresto) operato nei confronti di Raffa Domenico ( il corriere arrestato con la droga, ndr) nonché dalle, seppure parziali, ammissioni di responsabilità di Nirta Domenico e Nirta Giuseppe. Alla luce di tali risultanze, infatti, è certa la costante dedizione, sebbene non esclusiva, all’attività di acquisto di sostanze stupefacenti, attraverso trattative piuttosto complesse, svoltesi tutte con fornitori esteri, attività accompagnata dalla contestuale e costante cura dei rapporti con gli acquirenti, i quali avrebbero, poi, provveduto alla successiva immissione dello stupefacente sul mercato al minuto, nonché dall’attività di ricerca del corriere. Ne deriva che gli elementi, inequivocabili, dai quali potere evincere la sussistenza di un accordo associativo tra i soggetti sopra menzionati possano essere indicati nei seguenti: frequenza dei contatti tra gli associati; organizzazione di numerosi viaggi per il rifornimento della droga; cura dei rapporti con gli acquirenti; organizzazione dell’attività dei corrieri; messa a disposizione di strumenti operativi (automobili e telefoni); messa a disposizione del denaro necessario per finanziare le operazioni; divisione dei compiti fra gli associati; commissione di reati rientranti nel programma criminoso.”
Tali prove non sono state ritenute sufficienti per dimostrare il reato di associazione a delinquere (da cui i Nirta sono stati assolti, ndr), ma il giudizio di prevenzione va oltre questa considerazione: ” Tali elementi di fatto, pur non ritenuti idonei dai Giudici d’appello e di legittimità penali a provare, al di là del ragionevole dubbio, la responsabilità del proposto ( Giuseppe Nirta, ndr)………, vanno tuttavia ritenuti idonei, in uno con gli altri elementi emersi nel corso del procedimento e di cui di dirà, a fondare il giudizio di pericolosità, generica e specifica, che qui rileva. E ancora: “In questo senso va letto l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui le frequentazioni non rivestono affatto significato indifferente nel giudizio di prevenzione in quanto “documentano al contrario indizi di perdurante pericolosità sotto forma di affiliazione o contiguità all’associazione criminale o, in genere, di relazioni criminali perché finalizzate alla realizzazione di condotte illecite”.
A me viene in mente qualcuno. (roberto mancini)
‘ndrangheta made in VdA (11° parte)
6 giugno 2013Il Decreto di confisca dei beni della famiglia Nirta.
Sotto l’aspetto penale, quando si è ormai oltrepassato il secondo grado di giudizio, la situazione dei Nirta è la seguente:
Giuseppe Nirta, residente a Quart, è in carcere a Bologna per traffico internazionale di stupefacenti (cocaina proveniente dalla Colombia e dal Venezuela). In prima istanza è stato condannato a 15 anni e 4 mesi, pena ridotta in Appello a 7 anni ed 8 mesi.
Nel procedimento erano coinvolti anche il fratello Domenico ed i nipoti Franco (allenatore delle giovanili di calcio del St. Christophe) e Roberto Di Donato. Per costoro, stessa pena: 15 anni e 4 mesi in prima istanza, 7 anni ed 8 mesi in Appello. Tutti gli imputati erano stati assolti dall’accusa di associazione per delinquere. Ma la sentenza penale non esaurisce l’attenzione della legge, che ora si è occupata della situazione patrimoniale della famiglia. I Nirta hanno sempre sostenuto che i loro beni sono frutto di una vita di lavoro e non di traffici illeciti, ma il Tribunale di Aosta, in un primo decreto di sequestro, parlò già di “ un’accertata sproporzione fra redditi dichiarati ed immobili posseduti”.
Ora si è giunti ad uno dei primi casi in Vda di confisca dei beni: il Tribunale di Aosta (pres. Massimo Scuffi, giudice a latere Paolo De Paola, giudice relatore Paolo Paladino), ha decretato la confisca di beni che riguarda 16 immobili e 933.000 euro, depositati in una banca di Martigny.
Sentenza importantissima, una pietra miliare nella storia valdostana della lotta alle mafie, insieme alla recente Tempus Venit, che si è occupata della famiglia Facchineri di Taurianova. In termini giuridici si tratta di una misura di prevenzione patrimoniale ma anche personale , in quanto il decreto riguarda anche gli obblighi che Giuseppe Nirta dovrà osservare una volta scontata la condanna penale. Non potrà risiedere in Vda, dovrà avere contatti solo con i suoi familiari, non potrà uscire di notte, tre volte alla settimana avrà l’obbligo di firma in una caserma dei carabinieri. La lettura del decreto è però illuminante. Mi permetto di proporne qualche stralcio con alcuni commenti. Partiamo da un interrogativo: la pericolosità sociale di un individuo è testimoniata solo dal suo curriculum penale? Solo una condanna penale certifica la pericolosità sociale di un individuo? Dunque è legittima la posizione di Ponzio Pilato, della società e della politica, che ha eliminato la disapprovazione sociale e sostiene di intervenire ( spesso mentendo…) solo in presenza di condanne penali?
Recita la sentenza:
…..” il giudice della prevenzione è chiamato a valutare in piena autonomia, rispetto alle valutazioni svolte in sede penale, tutti gli elementi di conoscenza a sua disposizione….
…alla stregua dell’autonomia del procedimento di prevenzione rispetto a quello penale, il giudice della prevenzione può utilizzare circostanze di fatto emergenti da procedimenti penali, prescindendo dalle conclusioni alle quali il giudice penale è pervenuto, sempre che, a tali fini e in ordine a tali elementi, il giudice della prevenzione abbia effettuato un puntuale esame critico
La Cassazione ha inoltre precisato che ” la pronuncia assolutoria e irrevocabile, non comporta l‘automatica esclusione della pericolosità, quando la valutazione di tale requisito sia effettuata dal giudice della prevenzione in base ad elementi distinti, ancorché desumibili dai medesimi fatti storici tenuti in rilievo nella sentenza”.
Concetto più oltre ribadito:
“ Vi è piena autonomia per struttura e finalità dei due procedimenti, quello penale per l’accertamento della responsabilità in ordine ad una fattispecie di reato, e quello di prevenzione, ancorato ad una valutazione di pericolosità, espressa mediante condotte che non necessariamente costituiscono reato”.
Questo concetto di pericolosità espressa mediante condotta e non solo mediante un reato, ci dovrebbe fare molto riflettere sui nostri politici. Continua… (roberto mancini)
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