Archive for the ‘Congressi’ category

Réunir Réussir

14 gennaio 2015

In sintesi…

Il dovere della proposta

13 aprile 2014

Voglio analizzare con voi il documento che Fulvio Centoz, segretario del Pd, ha letto durante il primo Congresso dell’UVP e che ha scatenato le ira dei tre consiglieri del partito con tanto di loro autosospensione. A parte il doveroso pistolotto iniziale in francese che si può riassumere nella frase: sans reves pas de changement possible, e l’inevitabile riferimento a Chanoux, il nostro comincia a insinuare la necessità di affiancare al sogno la realtà. Volgere lo sguardo al cielo è indispensabile, ma per chi fa politica (e non solo) tenere i piedi ben ancorati a terra è più mai necessario. – “Sogno e realtà, ideali e pragmatismo, lotta e dialogo. La sfida di oggi è per me più che mai questa.” – In sala i primi colpi di tosse. Veri borbottii di insofferenza quando Centoz è entrato nel merito della questione: “Da un lato, il dibattito è comprensibilmente focalizzato solamente sul Consiglio Regionale, PERO’, già oggi occorre prevedere che rientri nell’alveo della discussione interna ed esterna alle nostre diverse formazioni politiche.”. Insomma Centoz ha voluto ribadire la centralità del ruolo del partito nel dibattito politico. Ha forse torto? E apre, citando Napolitano, a quelle che vengono chiamate con negatività le larghe intese (ma cosa c’è di più maturo e di civile di una larga intesa? Meglio il conflitto perenne? La lotta dura e pura? Per conquistare cosa, il sole dell’avvenire?). ” Non si può più, in nessun campo, sottrarsi al dovere della proposta, alla ricerca della soluzione praticabile, alla decisione netta e tempestiva per le riforme di cui hanno bisogno improrogabile per sopravvivere e progredire la democrazia e la società”. Qualcuno osa dire che queste sono parole insensate?

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Dopo lo stallo il caos!

12 aprile 2014

Solo un post fa, il segretario del Pd, Fulvio Centoz, dichiarava che la vivace dialettica all’interno del suo partito era linfa vitale. Non aveva previsto l’eccesso che trasforma la linfa in veleno. I tre moschettieri: Donzel, Fontana e Guichardaz si sono autosospesi dal partito. Lo hanno fatto per il bene della Valle d’Aosta che, in questo momento, ha urgente bisogno dopo lo stallo del caos! Cosa ha fatto scatenare la rabbia dei tre? Il ruolo centrale dei partiti rivendicato da Centoz durante il congresso dell’UVP. Secondo me il segretario del Pd ha ragione. La politica è ormai in mano ai soli amministratori eletti nel Consiglio regionale, quando invece dovrebbe essere ragionata nei luoghi deputati che sono i partiti con i loro segretarii, la segreteria, il direttivo e tutti gli organi che li rendono corpi vivi. Mi chiedo cosa l’hanno votato all’unanimità, se poi non lo considerano per nulla? Che avere un renziano fa figo e non impegna? Centoz ha denunciato l’esclusione del confronto con i partiti e con le parti sociali. Ha criticato la strategia adottata dall’opposizione e questo gli ha precluso prima l’applauso da parte dei suoi e poi l’autosospensione degli stessi. Lo avevo già scritto nel post titolato: “Il cucciolo di golpe”, avevo visto giusto. Si tratta di un vero e proprio golpino. Cosa significa concretamente l’autosospensione? Che i consiglieri si ritengono fuori dal PD e quindi liberi di muoversi come meglio credono? Quali le conseguenze? Che all’opposizione ora il Pd è assente? Donzel si lamenta che il segretario non è mai andato da loro, ma è questa la prassi? O è piuttosto il contrario? Donzel dice che il segretario ha disatteso completamente le indicazioni dell’Assemblea del partito sulla crisi politica in Consiglio, ma l’Assemblea non si è espressa in contemporanea con l’evoluzione della crisi. Centoz e lo ha anche scritto qui, ha condiviso la richiesta di dimissioni del Presidente, semmai ha giudicato poco produttiva l’ostinazione che ha creato uno stallo politico privo di prospettive. L’Assemblea non si è mai pronunciata in merito. L’autosospensione risulta quindi essere un vergognoso atto ricattatorio nei confronti di Fulvio Centoz, segretario appena eletto. Se è questo il confronto di cui parla con toni enfatici da operetta, Raimondo Donzel, meglio lo scontro. Guichardaz mi rimprovera che le mie critiche favoriscono Rollandin e l’UVP e questa sua presa d’atto chi favorisce? E chi indebolisce?

Unionisti maoisti

14 novembre 2013

Unionisti e maoisti. Eggià è la seconda volta (potrebbe essere di più) che nella rubrica “Liberté d’expression”, sul Peuple, viene riesumato il pensiero di Mao: “Il faut avoir confiance dans le peuple, il faut avoir confiance dans le parti, ce sont là deux principes fondamentaux.”. Un pensiero che avrebbe potuto essere espresso anche da Stalin o da Hitler o da Mussolini o da Castro. Un pensiero nazionalsocialista. Alla base il popolo e al vertice il Partito, possibilmente unico. L’Union valdotaine è senza vergogna un partito nazionalsocialista e ha creato una società a sua misura. Strettamente sotto sorveglianza. A differenza degli altri nazionalismi qui, in Valle, all’ideologia si è sostituito il denaro. Una mutazione inevitabile dovuta all’influenza liberale. L’ideologia è semplice folclore. Scenografia per gli sciocchi e i nostalgici del bel tempo che fu. La lingua di Molière fa parte di questa pagliacciata. (Anche al Congresso nazionale unionista tra le poltone della sala si parlava italiano e patois, ma sul palco era d’obbligo il francese. E i grillini ci sono cascati come pere.). Rivolin, lo storico del Mouvement, è preoccupato. Riconosce che solo pochi usano quotidianamente il francese, critica gli altri partiti che per scopi elettorali non lo usano e quindi contribuiscono al suo impoverimento. (Anche il suo giornale ha scritto e scrive in italiano negli appuntamenti importanti, chissà come mai?). Invita le forze politiche a farlo proprio per difendere l’autonomia che ha bisogno di questa caricatura per continuare a essere e cioè per mantenere i suoi sempre più anoressici privilegi. Il nostro storico, non se ne accorge, ma sta facendo più o meno quello che il fascismo fece con l’imposizione della lingua italiana. Obbliga una lingua che nessuno usa. Eppure, dato che è uno storico, dovrebbe sapere che la storia più che a un masso somiglia a un fiume. Scorre. Trasforma. Crea. Distrugge. E ricrea. Impossibile fermarla. La sua battaglia ideologica, quella del suo partito, in difesa di una diversità che non c’è è già persa. Meglio sarebbe insegnare il francese per il suo utilizzo nel mondo che per difendere un’identità fasulla. Magari sarebbe sensato limitarne l’insegnamento per irrobustire quello dell’inglese, lingua assai più necessaria ai valdostani. Dopotutto in Cina, il paese del popolo sovrano e del partito unico, questo lo hanno capito da un pezzo.

N’hésitez pas? N’hésitez plus?

11 novembre 2013

Al Congresso dell’Union valdotaine si è parlato soprattutto in francese. Donzel del PD- Sinistra VdA e anche Ferrero del M5s si sono espressi unicamente nella lingua d’oltralpe. Più del primo stupisce il secondo. Perché? Perché da un grillino-ribelle-rivoluzionario-anticasta ci si sarebbe aspettato un comportamento, appunto, ribelle-rivoluzionario-anticasta. Mi piace pensare che il consigliere pentastellato abbia voluto dare agli unionisti un messaggio di questo tipo – non siete i soli depositari del francese e io lo parlo meglio di voi –  ma perché allora dopo aver esternato le sue virtù linguistiche non ha anche parlato in italiano? (La stessa domanda la rivolgo a Raimondo Donzel.). Il messaggio sarebbe stato più trasparente, aggettivo tanto gettonato dai grillini, invece l’esclusione della lingua di Dante da parte degli unici esponenti di partiti nazionali, lascia spazio al dubbio. Perlomeno giustifica l’integralismo etnico-linguistico di fasce consistenti nei partiti regionalisti. Al Congresso dell’Uv Stefano Ferrero dice che essere valdostani è una questione di cuore e Domenico Chatillard, sindaco di Valtournenche, afferma che l’Union bisogna averla nel cuore e non nel portafoglio. Il cuore sta al centro così come l’autonomia. Fuori e intorno ci sono i nemici: lo Stato e l’Europa. Il nemico, come ha detto il presidente unionista uscente, Ego Perron, non è tra noi ma fuori dalla Valle, parole che secondo Stefano Ferrero sono state “oneste, responsabili e coraggiose.(aostasera.it) Nessun pregiudizio nei confronti della Balena rossonera. Un’apertura che lascia interdetti: fino a ieri Stefano non si mescolava tra gli altri politici per non esserne contagiato. Nessuna stretta di mano. Oggi parole di augurio e attestati di stima nei confronti del nuovo presidente Ennio Pastoret, assessore per lunghi anni e senza dubbio, come ha  ricordato Osvaldo Chabod, uomo di casta.  Dunque, se Ferrero vuole cancellare la malfidenza che intercorre tra il suo e l’altro movimento, viene da pensare che la scelta di non parlare in italiano più che provocatoria sia stata una scelta politica. E se così fosse dobbiamo aspettarci un restyling in stile rustico del M5s? E quindi legittimato dall’embrassons-nous?

Che barba! Che noia!

10 novembre 2013

Che barba, che noia!
Interessante e stimolante come un’assemblea dei Testimoni di Geova. Malgrado i patetici tentativi di un foglio localista dell’editore Maccari (ex addetto-stampa e uomo di fiducia del presidente Viérin…) che si è inventato una locandina millantatrice “congresso Union, cresce la suspence”, l’unica emozione fornita  dal Congresso della Balena Rossonera è stata la noia. Come Craxi, Zorro e Kim-Il-Sung, l’unico candidato alla presidenza è stato acclamato (non eletto tramite delega…)  dalla folla dei clientes, come al circo i gladiatori.  Come Jovanotti al concerto. Congresso “nazionale”? Noia mortale e globale. “Banalità a catinelle”, avrebbe  detto Checco Zalone. Un esempio di questa flebo di Valium? Il neo-presidente Pastoret ha detto “l’esistenza dell’opposizione dipende da noi”. Bella scoperta! Nei sistemi parlamentari funziona così: la vita del governo dipende dall’opposizione, che cerca di rovesciarlo, e viceversa. Dunque maggioranza ed opposizione dipendono l’una dall’altra. Non lo insegnano alla scuola di democrazia di Violante? Nei sistemi etnico-tribali invece come funziona? Quali sono i meccanismi di controllo dell’Esecutivo nel Bakkanistan? La bataille des reines? Negli anni 70 Pastoret militava rigorosamente alla sinistra del Pci, ovviamente giudicato “revisionista e moderato”. Poi, come accadde a molti valdostani-doc, dopo 6 mesi di Lotta Continua (o era Psiup? O Democrazia Proletaria?) fece 35 anni nella Dc (pardòn, nella Balena Rossonera..) per far dimenticare il peccato di gioventù. Fieri montanari, gente di parola, fermi e duri come le rocce… (roberto mancini)