Terrorismo internazionale e terrorismo istituzionale!
Assistere impotenti al saccheggio della Storia fa male. Vero dolore fisico. Una botta in testa che stordisce e fa soffrire. L’ignoranza barbara dei terroristi non si ferma davanti alle vite umane e all’identità di un popolo (compreso il loro) che è fatta appunto di Storia. Quante volte abbiamo detto e sentito che il passato è fondamentale per capire il presente e preparare il futuro? Tantissime volte. Quasi una cantilena che rischia di diventare noia, eppure è così: l’insieme di ieri è la Storia di oggi. Cancellare la Storia significa ricominciare senza bagaglio: il passato non serve perché non c’è niente da capire. Non si deve capire, ma subire. E questa affermazione che racchiude in sé una politica ben precisa, la troviamo anche qui, nella civilissima società occidentale. Anche in Valle d’Aosta. La scarsa cura complessiva verso i Beni culturali, l’atto vandalico perpretato contro la Porta Pretoria ed eseguito dal terrorismo istituzionale locale, hanno ucciso pezzi della nostra Storia e quindi della nostra identità. Sembra esagerato ciò che scrivo, ma se fate attenzione non è così paradossale. Si tratta di modalità differenti e meno gravi in quanto è possibile porvi rimedio, ma il risultato finale non è poi così diverso.
Aosta, grazie al numero dei monumenti che la Storia ha conservato per noi, viene considerata una Piccola Roma. Sembra che l’appellativo dia fastidio. Negli ultimi anni chi è succeduto al Governo non era nativo del capoluogo e sappiamo bene che per la legge dei campanili bastano pochi chilometri per sentirsi estranei. I presidenti e gli ammnistratori, in larga maggioranza, si sono sempre sentiti estranei alla città. Così distanti da non aver mai intrapreso la strada per capire la sua natura e le sue potenzialità. Città turistica? Di servizi? Di cultura?… Parole tante nei fatti un obbrobrio sempre più deprimente. Terreno di caccia, ecco cosa è Aosta! Una parte di una riserva più grande. Il vandalismo istituzionale, effettuato nella “Restitution” della Porta Pretoria non è stato voluto con un preciso intento di valorizzazione, altrimenti le cose si sarebbero fatte in modo molto diverso e avrebbero coinvolto professionalità più consone, ma unicamente per fare un favore agli amici! E’ stato un vero e proprio saccheggio! E nei saccheggi si porta a casa il più possibile non si fanno domande. Nessuno ha domandato cosa ne pensasse la popolazione. Nessuno ha sollevato dei dibattiti. Giusto la comunicazione doverosa per legge. Ci hanno rapinato di un pezzo di Storia e lasciato la desolazione di un niente. Il cuore della Fiera di sant’Orso lanciato in pasto alle iene. La piazzetta delle Armi svuotata dalle chiacchiere, dalla musica, dagli incontri. I terroristi con lauto stipendio ci hanno derubato del nostro passato. Della nostra infanzia. Dei nostri ricordi. Ci hanno lasciato un buco con plastica, ferro e pietra cinese. E noi, privati giorno dopo giorno della nostra identità, neppure ci accorgiamo che stiamo diventando buchi vuoti da riempire di spazzatura.
Explore posts in the same categories: Archeologia, Battaglia, Bruttezza, Brutto esempio, Criminalità, Cultura morta, Degrado morale, Degrado urbano, Delirio, Disgusto, Identità, Istituzioni, Mala Amministrazione, Mala politica, Mala Vita, Pessima amministrazione, Politica valdostana, Requiem, Scempio, Terrorismo, ViolenzaTag: Archeologia in valle d'Aosta, Comune di Aosta, Fiera di Sant'Orso, Porta Pretoria, Restitution, Terrorismo istituzionale
You can comment below, or link to this permanent URL from your own site.
27 febbraio 2015 a 18:58
anni fa (piu” di mezzo secolo fa direi) mi ero interessato ai Piani Regolatori per Aosta, allora Piano Regolatore 1926 Podestà Giuseppe Cajo, Piano Regolatore e di Ampliamento 1927 (Ing. Adolfo Montalcini, gemo. Pareyson, Marcoz, Fossati), stralcio del 1931, Piano Regolatore 1937 (Banfi, Peressutti e Rogers), Piano Regolatore della Valle d’Aosta 1937-1943 (Adriano Olivetti affidato a BBPR) che secondo me rimane il migliore fatto fino ad ora.
È desolante vedere lo scempio che si continua a perpetuare nella Roma del Nord, fino al dopo guerra l’unica città al mondo avente la cinta muraria romana intatta! E sembra non sia finita….
28 febbraio 2015 a 09:01
Non vorrei apparire come il difensore d’ufficio dell’intervento di restauro della Porta Praetoria ma paragonarlo alla furia iconoclasta dei fanatici islamisti mi pare davvero improponibile.
Come ho già detto, ogni intervento di restauro in un’area urbana pone sempre una serie di problemi, tutto è discutibile ma, proprio la premessa del discorso, la salvaguardia della memoria storica, giustifica un intervento che ne ha valorizzato l’aspetto originale, restituendo il monumento nella sua forma completa, rendendolo più leggibile. Certo sacrificando l’aspetto cui eravamo abituati, frutto peraltro di restauri effettuati meno di un secolo fa.
28 febbraio 2015 a 15:10
Donato, per la fruizione ( a me questa storia di leggere i monumenti o i siti non è mai andata giu’, leggo i libri) dell’aspetto originario sarebbe bastato conservare, pulire e rendere accessibile lo scavo a sud che continua ad essere un cesso, letamaio di accumulo dei detriti urbani al pari dello scavo attuale. Possibile che non ci siano due (dico 2) persone per la pulizia QUOTIDIANA ?
Per non parlare poi dei gabinetti pubblici di Aosta
28 febbraio 2015 a 15:42
Signor Arcaro, secondo lei la salvaguardia della memorica storica coincide con l’intervento effettuato sulla Porta Pretoria? Ha un’idea assai bizzarra sia della Memoria sia della Storia. Non mi risulta che gli antichi romani attraversassero la Porta su passerelle di ferro, acciao e pietra cinese. Mi risulta invece che, nonostante l’inevitabile innalzamento del piano, l’aspetto originale fosse più simile a quello di oggi. La Storia è fluita sotto le due arcate senza traumi: carri, cavalli, case, carrozze, automobili, persone… hanno oltrepassato la piazzetta che non c’è più in modo continuo e armonico. Su pietre squadrate, su terra, su ciottoli di fiume, su asfalto. Questo progetto, di cui il fattore estetico non è una semplice questione di gusti (come disse l’assessore Stefano Borrello durante un’interpellanza di Alpe in Comune), è un vero atto vandalico, quello definitivo dopo altri. Con coscienza o no ha distrutto la nostra memoria. Memoria che si era andata creando nei secoli. Lei dice che il paragone con le distruzioni dei terroristi è eccessivo, io dico che calza perfettamente. I modi sono solo più sofisticati, ma altrettanto violenti e distruttivi di una identità. In questo caso la nostra che pigola sempre più piano.
28 febbraio 2015 a 19:14
Se non ricordo male furono i fascisti a iniziare a portare via ciò che restava del medioevo sulla Porta. C’era una rara cappella castrense che si vede ancora nelle foto di inizio del ‘900, che è stata distrutta per dare rilievo alla romanità. Questo atto fu dichiarato in seguito uno scempio in quanto annullava un frammento di Storia, ora ciò che ha fatto la Soprintendenza, seguendo la direttiva dell’ex assessore Laurent Viérin, è ancora peggio perché stravolge completamente non solo il monumento, ma tutta l’area che lo circonda.
4 marzo 2015 a 16:04
Fino all’inizio del XX secolo la Porta era ingombra di edifici. C’era persino un forno. Nella sua logica avremmo dovuto conservare quella situazione, risultato di secoli di distruzioni e sovrapposizioni, che cancellava quasi completamente l’originario aspetto romano. E lo stesso avremmo dovuto fare per il teatro, coperto da abitazioni. Adesso la porta è l’unico punto della città in cui possiamo osservare il basolato romano del decumano maximo. Ci conceda almeno il beneficio del dubbio nel decidere quale aspetto privilegiare in una sistemazione del genere.
Donato Arcaro
4 marzo 2015 a 17:10
Conosco la situazione della Porta e posso dirle che distruggere la rara cappella castrense sulle mura è stato un errore, non ce ne sono molte in giro, anzi, forse era una delle poche. Non ho detto che si doveva conservare tutto, ma quello significativo sì, perché la Storia è la sovrapposizione del tempo. Delle fatiscenti casupole potevamo farne a meno della piazzetta delle Armi no. Per mostrare quelle ridicole fondamenta si è violentato un monumento che negli anni si era perfettamente incistato nel tessuto urbano dando ai cittadini una vivibilità che coincideva con la tradizione. Avrei anche conservato parte delle costruzioni che c’erano a lato est del Teatro romano, così da preservare anche quella storia. Ci vuole buon senso e capacità di scelta, per questo l’affido di un restauro così importante a maestranze locali è stato superficiale e coerente con una politica clientelare che fa quello che vuole per il proprio tornaconto politico e personale. Non vedere ciò è da miopi o peggio da complici.