I salafiti dell’indipendenza
Da Roberto Mancini.
Che noia, che barba, che pochezza, che ripetitività, che mediocrità. Di fronte ad una crisi epocale, al fallimento clamoroso dello sciagurato modello “federalista” imposto dalla Lega (ed avallato dal governo Prodi con la riforma del titolo V…), l’unica risposta della “kulture valdotaine” è quella di riproporre il delirio dell’indipendenza?
Oppure, di fronte alla sfide della modernità globalizzata, la soluzione è quella propugnata dai salafiti? Quella di ripiegarsi su se stessi, tornare alla purezza originaria della “valdostanidad”?
Al francese “langue véhiculaire”?
Naturalmente dietro alla manovra ordita dal mediocre congresso di Pont , oltre ad una devastante carenza di idee, c’è dell’altro: la solita furbizia da magliari, quella di dirottare le responsabilità del malgoverno locale verso oscuri nemici esterni, in questo caso identificati nel governo italiano e nell’Europa.
In una piccola comunità paranoide quale quella valdostana ( ma pure in quella italiana, solo più grande…) il trucco dei cattivi che vengono sempre “da fuori” è ormai un must. Il disgustoso Salvini basa ormai tutta la sua azione politica su questo espediente: deve far dimenticare che il suo partito di druidi buontemponi ha governato per 10 anni, realizzando il suo acme politico nella realizzazione della targhe di falsi ministeri a Monza. Nemmeno nei film di Totò si erano visti all’opera simili spudorati buffoni.
Dunque Balena Rossonera in crisi di idee, al punto che tirano la volata sul terreno del delirio indipendentista ed anti-statuale due ex socialisti, rispettivamente Gianni Torrione e Romano Dell’Aquila. Il primo valorizzando le minkiate di Joel Farcoz sulla Resistenza da opporre allo Stato italiano, il secondo con settimanali querimonie sull’esigenza che il clan tribale dei Vierin stipuli una pace armata con il clan tribale di Rollandin.
Terzo socialista che conclude il quadro, l’ineffabile La Tour: la manovra consociativa propugnata dai suoi compari non sarebbe conclusa se non invocando e richiamando il Pd al suo ruolo di partito- vivandiera.
Secondo questa teoria, formulata in passato da Alder Tonineau, il compito dei partiti nazionali (“stato-nazionali” nel lessico separatista…) è solo quello di dirottare soldi e risorse verso la Vda. In loco ci penserà l’ Union a distribuire i dobloni ai sudditi. Insomma i partiti nazionali sono solo gregari, che devono aumentare il peso della borsa. Le chiavi della cassaforte? Quelle restano in mano localista.
Se il PD dei renziani di Centoz abbocca all’appello di La Tour-Girouette, è un gruppo dirigente di ascari, degno della Gauche valdotaine d’antan. (Roberto Mancini)
Tag: Alder Tonino, Balena rossonera, Gianni Torrione, Indipendentismo, Joel Farcoz, Leonardo La Torre, PD valdostano, Romano Dell'Aquila
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11 dicembre 2014 a 13:23
Solo per la precisione.
All’interno dell’Islam il termine “salafiti”indica ” gli antenati, i compagni” del Profeta.
Dunque dichiararsi “salafiti” significa propugnare un ritorno dell’Islam alla purezza dei primi compagni del Profeta, dando contemporaneamente del Corano una interpretazione assolutamente letterale e meccanica:
quella predicata dalla settecentesca scuola Wahbita, tipica della Saudi Arabia.
I Salafiti dell’indipendenza ( oltre a contare un mucchio di balle…) usano dunque un meccanismo politico-psicologico simile.
Il ritorno ad un mitico ( e mitizzato…) passato.
12 dicembre 2014 a 10:27
Non ho una conoscenza così approfondita della politica nazionale e regionale quindi le mie sono solo impressioni. Un ritorno alle origini, alla purezza delle ideologie non è sempre un male anzi potrebbe essere un modo per fare “pulizia” per tornare a una “sana” idea. Però é un procedimento a volte doloroso perché ho l’impressione che la politica sia diventata una forma di ricerca di privilegio. Un tempo si cercava il politico da corrompere per propri scopi adesso ho l’impressione che alcuni vanno in politica per avere più facilità ad essere corrotti, per esempio se sono un semplice venditore di arance (che in carcere sono notoriamente utili) avrò da offrire solo arance mentre se sono un orafo ho della merce da offrire di grand valore. Quindi se il tornare alle origini vuol dire chiudiamo i piccoli confini della regione così le cassette di arance e i gioielli ce li gestiamo noi è un male, piccolo ma sempre male. Se il tornare alle origini vuole dire difendere delle tradizioni e la cultura per conservare la propria identità è giusto. Purtroppo però la difesa della cultura può essere una bella maschera. Io da cittadino che legge la stampa di regime ho l’impressione che c’è una volontà di chiusura, infatti abbiamo l’autostrada più cara, non abbiamo trasporti quindi si fa di tutto perché la ente rimanga a casa loro, almeno questa è un’impressione. L’altra impressione qual’è siamo cos’ piccoli da avere paura di sparire nella grande Europa? Ma se usciamo dalla grande Europa che fine facciamo? Insomma la sbandierata autonomia può essere un modo per gestiamo il potere fra noi che siamo piccoli così lo gestiamo meglio per i nostri amici? Quali amici?
12 dicembre 2014 a 10:43
Cari tutti,
Solo per amore di discussione, il sospetto è quello che dietro ai deliri indipendentisti ci sia pure il disegno, mai confessato, di creare l’ennesimo paradiso fiscale europeo.
Poiché, come diceva Rocco Siffredi, “non solo in economia le dimensioni contano”, un disegno di “piccola patria” sarebbe un disastro economico.
Unica salvezza, creare una piccola Montecarlo alpina. Un rifugio sicuro per i capitali di evasori, mafiosi , delinquenti.
Ma non c’è già la Svizzera per questa ignobile funzione?
La logica di questi disegni economico-politici era chiamata da Galbraith ” economia da sgocciolamento”, ed era spiegata con questa immagine:
“Se dai da mangiare abbastanza avena al cavallo, qualcosa riuscirà a sfamare anche i passeri”.
Avete presente la reggia di Versailles? Creare
un posto con un’economia pensata su misura per le esigenze, i
capricci, le follie, le porcate dei super-ricchi.
Radunarli e coccolarli.
Dalla loro tavola sempre imbandita, dai loro eccessi
sempre rinnovati, sgocciolerà un poco di benessere . Così qualche
briciola di caviale ed un goccio di champagne cadranno dal tavolo e
faranno la fortuna dei servitori.
E’ la logica dei paradisi
fiscali: la reggia di Versailles fu la ricchezza di un piccolo popolo
di ebanisti, camerieri, sarte, modiste, puttane, staffieri,
cicisbei.
Le Cayman, Montecarlo, San Marino o l’isola di Man,
uguale.
Peccato che “l’economia da sgocciolamento” funzioni
solo nella piccola dimensione, non consenta poi di capire il mondo,
ma imponga di richiudersi nel più gretto egoismo localista.
Infatti ciò che fece la ricchezza economica di Versailles, impoverì la
Francia.
Così, quando la Marianna si levò per decapitare
l’intera corte e tutti i suoi occupanti, il piccolo stupìto popolo
di Versailles era saldamente monarchico.
Il loro benessere era legato all’Ancien Règime, loro mica guardavano alla Francia, ma solo al loro interesse di versagliesi.
La loro mente, la loro visione politica, coincideva col territorio di Versailles.
La Francia? Il bene generale? Concetti troppo vasti…
Riconoscete qualche pensatore valdostano?
Tutti?
Ecco, appunto…
13 dicembre 2014 a 16:20
Non sono d’accordo con quanto qui sopra sostiene l’allenatore dell’Inter.
UV e UVP non puntano al paradiso fiscale, ma alle finzioni etnolinguistiche reiterate in una costituente.
Esemplare la lettera su La Vallèe di oggi di Milanesio in cui inventa di un suo sogno in cui vede la Valle vittima di inesistenti attacchi da parte dello Stato che ne vuole minare le specificita etniche e linguistiche: testuale, è nella parte iniziale, in cui auspica un’azione congiunta con gli altoatesini, scordando che là esistono omogeneità che in Valle non ci sono.
Chi ha stomaco legga tale lettera/pizza/calzone/sogno di un non laureato che sovraintende alla costruzione dell’università valdostana solo perché oggi è all’unisono con Rollandin (tra chi ha avuto noti percorsi in comune ci si capisce…).
13 dicembre 2014 a 19:12
Rollandin deve incarciofare i valdostani, Milanesio i calabresi, ad ognuno il suo ruolo.