L’identità del brigante


Che città è Aosta? Negli anni cinquanta si prospettava di abbattere al suolo il centro storico perché insano e cadente, una scelta drastica che testimonia lo scarso interesse verso la storia del nostro capoluogo. Il medioevo non era contemplato, solo la grandeur romana era considerata degna di rimanere al suo posto. Tutto il resto doveva essere sostituito da palazzoni pseudo razionalisti più vicini al gusto sovietico che a quello fascista (quest’ultima grande architettura). Non ci furono i soldi e i tentavi si fermarono a qualche accenno comunque abbastanza eloquente su quello che sarebbe potuta diventare la nostra città, altro che vocazione turistica! Quel tipo di disprezzo si è conservato fino a oggi. Date un’occhiata al Quartiere Cogne, un tempo mirabile esempio di urbanizzazione. Cosa è rimasto?

Della struttura originaria nulla. Qualche tiglio. Qualche caseggiato, ma il tutto ha perso il disegno e l’armonia dell’insieme. La stessa sua vita è mutata. Se prima gli orti erano appezzamenti comuni che permettevano lo scambio ora sono giardinetti individuali e ben protetti. Oppure parcheggi. Chi lo ha progettato ha gettato alle ortiche la filosofia di quel vivere e non perché obsoleta, mai potrà diventarlo, piuttosto per indifferenza. Verso la storia. Verso le persone.Verso la città. Quel quartiere ha perso la sua identità, è diventato un luogo periferico. Un posto dove stare. La sua conservazione avrebbe permesso ad Aosta di mantenere la sua identità industriale. Un esempio di urbanesimo da mostrare e un modello di vita collettivo da difendere. A chi interessava ciò? A nessuno. Se Robert Berton ha difeso il medioevo, nessuno si è preso la briga di difendere il villaggio industriale. Che è scomparso. Scompaiono anche le piazzette. In via Antica Zecca troviamo un ruscello di fango e  tutta l’area è diventata un camminamento privo di interesse. Eppure lì accanto c’è un lavatoio. Si intravvede il Teatro romano. Ma la zona nel complesso è così insignificante e squallida che uno tira dritto. Stessa cosa per la piazza d’Armi racchiusa dalle due arcate della Porta Pretoria. Un luogo che fu magico. Carico di storia e di piacevoli abitudini. Che sono scomparse. A poco a poco si uccide il passato per un presente anonimo. E brutto. Cosa possiamo offrire, se non sappiamo difendere e conservare ciò che abbiamo? La nostra è l’identità del brigante che si apposta per derubare chi passa. E’ il furto che ci mette in moto, non il progetto. Rubare non richiede grandi abilità e competenze. Non richiede neppure amore. E arricchisce in fretta.

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30 commenti su “L’identità del brigante”

  1. luchino Says:

    bravissima……. non c’è altro da dire
    abbiamo rubato l’anima della città e il bello è che non ci abbiamo guadagnato nulla (come collettività intendo….)

  2. Ugo Says:

    Post ineccepibile che evidenzia al meglio la cecità e l’ignoranza degli amministratori che hanno governato Aosta: nessuna prospettiva per il futuro, nessun interesse nella valorizzazione del passato inteso non solo come patrimonio archeologico, ma anche e soprattutto, come abitudini che hanno caratterizzato certe aree della città.
    Questo non significa che si debba rifiutare il progresso e la modernità, ma queste due non devono cancellare la storia di una città. Ma è esattamente quello che è successo

  3. bruno courthoud Says:

    … e la chiamano restitution: un termine della “Propaganda” che speriamo di poter archiviare.

  4. patuasia Says:

    Laurent Viérin non è di Aosta e della nostra città non capisce un cazzo! Cosa vuoi che ne sappia di ciò che abbiamo vissuto noi qui? Stessa cosa per tutti gli altri amministratori che via via si sono succeduti e, se anche avessero i loro natali all’ombra delle pietre di Augusta Praetoria la loro ignoranza è pari al loro disamore e alla loro totale indifferenza.

  5. Catone (cato censor) Says:

    E non solo per Aosta! intere parti, cariche di storia, di moltissimi paesi sono state cancellate da un colpo di ruspa, per lasciar spazio a brutture contemporanee senza senso e senza anima.

  6. Anna Says:

    Per menon è questione di appartenere o meno ad un luogo o ad una città, ma è di avere sensibilità per la storia, per il passato di quel luogo e per la gente che l’ha animato e vissuto. Purtroppo gran parte degli amministratori che si sono succeduti non avevano questa sensibilità, e hanno spazzato via tutto, come barbari.

  7. Il Pretoriano Says:

    Chi è nato dentro il QUARTIERE COGNE come me, perché aveva un papà operaio alla Nazionale Cogne può capire ” l’omicidio urbanistico” perpetrato ai danni dell’unico insediamento abitativo programmato esistente nella nostra Regione. Il primo progetto di trasformazione del quartiere è stato redatto dallo Studio OIKOS di Bologna, dove i compagni comunisti, allora in Comune con i vari Bongiovanni, i Rigo, i socialisti Bich e Torrione e qualche altro “scienziato” dove prendevano i voti per farsi eleggere hanno decretato la morte di quel gioiello. Poi, se non erro, ci mise le mani pure l’Engenieur Louvin e fu la fine.
    Ai giorni odierni, l’ineffabile Assessore Baccega ci ha costruito la sua campagna elettorale promettendo a tutti una casa popolare che di fatto non esiste.
    Povero quartiere, una volta simbolo orgoglioso della classe operaia oggi è divenuto l’accampamento di diseredati, extracomunitari e vecchi messi lì a morire con promesse di migliorie fatti dalla classe politica ad ogni tornata elettorale.
    Stupendi poi gli ascensori esterni consegnati nell’ultima campagna elettorale…!
    Questo è il risultato di quando i politici vogliono fare anche gli architetti ed urbanisti e stolti quei tecnici che gli danno ancora credito.
    Ma per favore si stronchi questo “genocidio culturale” perché tra qualche anno non sapremo più chi saremo. E non mi si venga poi a dire che è colpa dell’immigrazione calabrese o dell’integrazione.

  8. patuasia Says:

    Trattasi di vero genocidio culturale e il paradosso vuole che qui l’identità sia il bene supremo da difendere! In realtà gli etnici mai hanno amato la città.

  9. roberto mancini Says:

    Gli etnici non hanno mai amato la città perchè vengono dalle valli laterali, che sempre hanno odiato Aosta perchè piena di “forestieri”. Il baricentro dell’Union si è spostato dalla città alla campagna quando ad Andrione è subentrato Rolly, cui è subentrato Dino Vierin.
    Come si sono difesi i cittadini?
    Nominando cinque sindaci socialisti ( Allera Longo, Bich, Torrione, La Tour; Brun Jourdain) che hanno fatto danni più della fillossera.
    Dulcis in fundo, per 10 anni la città è stata diretta da Grimod, un localista etnico di sentimenti anti-italiani e separatisti che ritiene Montjovet il primo comune della Campania.
    Mamma…..

  10. Plucio Says:

    @ Roberto
    è vero quello che dici, gli etnici (considerati “bacan” dai cittadini) sono sempre stati dei valdostani da sfruttare da parte dell’élite cittadina, élite che ha gestito la Valle da tempi immemorabili. Anche nelle scuole ai nostri tempi, i “cittadini’ erano in prevalenza al Liceo Classico (con eccezioni naturalmente) mentre gli “etnici” erano in maggioranza alle tecniche (vedi il successo spettacolare e l’ascesa al potere del “geometra”) Fino al 1974 poi non c’era neppure un Odine degli Architetti in Valle ma l ‘ordine degli Architetti di Torino e della Valle d’Aosta (sono stato il 28esimo che ha permesso di raggiungere il numero fatale che ha dato origina all’Ordine della Valle d’Aosta) e fino ad allora gli interventi urbanistici erano opera di professionisti torinesi o “cittadini” Da non dimenticare l’importanza di una Sovraintendente “locale” che ha gestito gran parte del disastro
    I barbari non riuscirono ad aprire le mura aostane ma i cittadini lo fecero (apertura di Via Festaz etc.
    Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini
    fatevi voi l’adattamento locale 🙂

  11. giancarlo borluzzi Says:

    @ Plucio.

    Ciao.

    Non sapevo che tu coincidessi con il fratello della signora abitante un piano sotto al mio ….

    Inoltre: ricordo che tu al Giacosa eri al fianco del “geometra” ai tempi di Bettino imperante…

    Aosta è piccina…

  12. luchino Says:

    @mancini: solita, sinistra “dimenticanza” oppure solita malafede…. bongiovanni, fiou e thiébat nella scarampola di sindaci additati come “dannosi” mancano perchè, appunto, “dimenticati” oppure perchè ritenuti “non dannosi”
    lei mancini è il solito bieco personaggio… peccato perchè con l’ottusa “parzialità” dei suoi giudìizi pregiudica quel che di buono lei scrive

  13. Plucio Says:

    @ Borluzzi

    ??? non capisco

  14. giancarlo borluzzi Says:

    @ Plucio.

    Ti ho identificato, a meno che tu, ipotesi cui non credo, abbia confuso la “numerazione” eterna con quella contingente.
    In base all’identificazione coincidi con il fratello … di tua sorella e ti ricordo sul palco del Giacosa strapieno di candidati socialisti in occasione di non so quale elezione.

    Il “geometra” non era in auge in tale circostanza?
    Prima di accasarsi nell’UV, egli caratterizzava il PSI; se in quel momento (palco Giacosa) lui fosse stato in Brasile ad allenare il Vasco de Gama, allora il tuo triplo punto interrogativo sarebbe stato giustificato solo per una piccola parte, non cioè per quella riguardante parentela e militanza politica.

  15. Plucio Says:

    @ Borluzzi

    e fuori campo

    tutto sbagliato, non ho sorelle ( meno che mio papà mi abbia sempre mentito), non sono mai stato sul palco al Giacosa e sono assente dalla VdA e dall’Italia dal 1977

    e tutto questo è fuori argomento.

  16. giancarlo borluzzi Says:

    @ Plucio.

    Devo essere chiaro con chi qui legge anche se il difendermi dimostrerà il tuo grossolano errore.

    Parlando del numero di un iscritto a un ordine si intende SEMPRE quello di matricola, che viene stabilito in modo inequivocabile il giorno dell’iscrizione all’albo e resta immutato per l’eternità.
    Nella mia biblioteca ci sono tutti gli albi professionali degli architetti della Valle e in questi il numero 28 caratterizza sempre la stessa persona che ben conosco e ha le caratteristiche da me indicate.

    Tu, Plucio, non sai che il numero di matricola è generalmente diverso da quello caratterizzante la posizione nella successione alfabetica degli iscritti in un determinato momento.
    Ma quest’ultimo numero è casuale, contingente e può mutare.
    C’è chi, qualificandosi, evidenzia anche il suo numero di matricola, che è solo quello eterno; ma tu hai fatto riferimento a un numero sbagliato, quello dell’ordine alfabetico in una determinata data, intuitivamente precedente la costituzione dell’ordine degli architetti della Valle, avvenuta il 4 marzo 1977. Numero non più ritrovabile e comunque insignificante.

    Ad esempio, il “numero di matricola” 28, che tu ti sei erroneamente autoattribuito, era il “numero progressivo” 32 nel primo albo degli architetti valdostani nel 1977.
    In questo albo il numero progressivo 28 appartiene a una donna (con numero di matricola 11) che mi pare abitante in Aosta per molti anni dopo il 1977.

    Quindi questo qui pro quo l’hai causato tu non essendo informato su quanto sopra e non quindi puoi protestare.

  17. patuasia Says:

    Signor Borluzzi, non è necessario metterla su questo piano che non interessa nessuno a parte lei. E magari sbaglia pure!

  18. giancarlo borluzzi Says:

    Io ho legittimamente fatto un commento su una persona che ben conosco e ho poi evidenziato un grossolano errore di chi mi ha portato fuori strada facendomi sembrare un quaquaraquà.

    Quanto sopra interessa Plucio + me per autodifesa.

    Quel “E magari sbaglia pure” può essere detto solo da chi non conosce gli albi professionali e, ahimè, mi ritiene potenziale pallonaro.

  19. patuasia Says:

    Non la ritengo un pallonaro, signor Borluzzi, solo che non mi sembra importante l’identità degli utenti, se poi si aggiungono delle dichiarazioni che possono essere offensive, richiederei un minimo di prudenza.

  20. Sully Says:

    Anche se non vorrei, mi beccherò una reprimenda da Borluzzi: leggendo attentamente il primo messaggio di Plucio (che conosco davvero, che non ha parenti abitanti nei paraggi di casa mia e che non è mai stato socialista) lo stesso non ha mai detto di occupare il numero 28 dell’albo degli architetti. Tutto il resto, come per molti altri argomenti trattati da Borluzzi in queste pagine, dai guard-rail del san Bernardo ai nomi deille montagne sui pannelli di Saint-Nicolas (per tacere del francese che nessuno parla), è puro esercizio di retorica che nulla aggiunge alla discussione.

  21. giancarlo borluzzi Says:

    @ Sully.

    Sugli errori progettuali del guard – rail del Gran San Bernardo: non li ho mai trattati in questo blog e non sono un “puro esercizio di retorica” bensì l’evidenziazione di errori ingegneristici singolari perché ripetuti nel tempo non da parte di mio cugino Clodoveo bensì dall’Anas.
    Le ultime in merito (inverno scorso) le conosco solo io e, se del caso, le tirerò fuori a tempo debito (ma non qui ), sperando di poter confrontarmi con un ingegnere e non con un addetto alle pubbliche relazioni, esperto in cose diverse da quelle tecniche.
    Questo tuo riferimento è comico perché non l’ho mai immesso nella “discussione” (quale?).

    Sui nomi delle montagne nei pannelli a Saint Nicolas: è un tema che non ho trattato qui e non è “puro esercizio di retorica” ma sottolineatura del tasso di conoscenza delle montagne della propria località da parte di sindaci localisti (nella fattispecie di tale Sapinet che mi dicono essere rollandiniano di ferro).
    Questo tuo riferimento è comico perché non l’ho mai immesso nella “discussione” (quale?).

    Sul francese che nessuno parla: concetto cui tanti fanno cenno in questo blog, ma anche questo riferimento è comico perché in questa “discussione” non è mai stato da me immesso.

    Direi che ti sto sul piloro, non digiuno per questo.

    Su Plucio: non so se sia un architetto, perché non essendo il numero 28 “ufficiale” in Valle (persona socialista che conosco), ha probabilmente millantato.
    Ho sotto gli occhi il primo albo architetti VDA, costituito il 4 marzo 1977 (Lucio Dalla compiva 34 anni), comprende 34 iscritti, le date di prima iscrizione sono quelle all’Ordine di Torino, per cui non so come Plucio possa essere stato a conoscenza di un numero non ufficiale, relativo alla sua collocazione alfabetica in Valle, noto solo alla segreteria di Torino e senza importanza.

    Perché Plucio non replica e lo fa un/una Sully non architetto?

    Chiedo scusa a Patuasia, Sully mi ha imposto de facto di replicare.

  22. giancarlo borluzzi Says:

    Chiedo scusa a Patuasia se concludo la questione Plucio.

    Ho analizzato (con deduzioni lunghe da riportare) il primo albo degli architetti VDA e sono giunto alla conclusione che non esiste assolutamente una persona “numero 28 non ufficiale” che ha permesso la formazione dell’ordine nostrano, per cui Plucio non ha avuto nulla a che vedere con l’ordine degli architetti valdostani prima di andare all’estero nel 1977 senza mai ritornare in Valle da allora.
    Perché raccontare frottole se ci si cela sotto un pur legittimo anonimato?
    Questo può interessare a qualcuno? Risponderei affermativamente perché è un segno dei tempi (canzone di Prince).

  23. marburg Says:

    Caro Sherlok Borlholmes, ci hai rotto i maroni con questa tua fissa di capire chi è Pucio. Non ce ne frega una fava di chi è o di chi non è, soprattutto parché non aggiunge né toglie nulla a questa discussione. Oltretutto io lo conosco bene e non è quello che pensi tu (e che non so chi sia e non me ne fotte un piffero!!!) BASTAAAAA!

  24. marburg Says:

    Oddio adesso Sherluzzi si scatena per scoprire chi sono io!
    AIUTOO!!!

  25. giancarlo borluzzi Says:

    Plucio è stato un bugiardo e chiunque non prevenuto capirebbe la mia autodifesa.

  26. libero Says:

    La pedanteria di Borluzzi è patologica! Robe de matt!

  27. giancarlo borluzzi Says:

    La dinamica del tutto si imposta sulle bugie di Plucio sposate da tale Sully che ne ha sfornate altre.
    Riguardando architetti ho replicato alle balle proprio come avrebbe fatto Patuasia se si parlava di artisti di qualsivoglia genere che sparavano cazzate.
    E’ ridicolo che si critichi me, sincero, e non i due contapalle citati che ammorbano il blog con bugie e insensatezze.
    Pietosa propaganda contro di me, non vi è alcuna logica negli interventi di marburg e libero.
    Basta !!!

  28. Sully Says:

    da wikipedia:
    paranoia …Ciò che per una persona normale può essere visto come un evento casuale, per un paranoide o un paranoico può essere considerato intenzionale. Perciò in caso di paranoia a tema persecutorio, quando scatta la paranoia, il paranoico attacca la persona di cui si sente vittima in modo del tutto ingiusto e irragionevole; qualunque risposta possa dare chi è aggredito viene interpretata come un tentativo di inganno…

    Ci riconosciamo?

  29. Puciu Says:

    maronnaaa, ma come e’ possibile, ci metto i miei 5 centesimi di esperienza e scateno una polemica inutile su chi mi conosce, non mi conosce, mi individua, etc. chiedo venia, non era mia intenzione, merci bien si vo me cosceiscade (cosi’ riparte un’altro casino linguo/etnico/semantico) altrimenti detto, ande’ a de’via i ciapp e passate ad argomenti piu’ interessanti, cerea

  30. patuasia Says:

    Signor Puciu, ha perfettamente ragione e le chiedo scusa, avrei dovuto oscurare il commento inopportuno sulla sua presunta identità e chiudere subito la questione. Non l’ho fatto e ho sbagliato. Non succederà nuovamente.


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