Locale di Aosta
Articolo di Roberto Mancini pubblicato grazie a Nuovasocietà.it
La presenza nelle esplosioni del 1977 di Carmelo Oliverio, nipote di Santo Oliverio, ci costringe ad abbandonare la cronologia del racconto.
Santo Oliverio infatti è protagonista, alcuni anni dopo, di una clamorosa inchiesta valdostana anti-’ndrangheta finita nel nulla: “Operazione Lenzuolo” del 2000.
Ne emerge memoria dalla lettura delle motivazioni della sentenza “Tempus venit” del 2013, quella che condanna (in prima e seconda istanza) il clan Facchineri per estorsione mafiosa ai danni del costruttore Giuseppe Tropiano.
Essa rivela che già tre pentiti di ndrangheta , alla fine degli anni 90, avevano rivelato la presenza di un’organizzazione ‘ndranghetista in Valle d’Aosta. Si tratta Francesco Fonti, Salvatore Caruso e Annunziato Raso. Ecco le loro dichiarazioni, Francesco Fonti disse:
«Sono arrivato a Torino nell’anno 1971 e da subito, ho saputo che in Valle d’Aosta vi era un Locale attivo».
(Il “Locale” è la struttura di base della ‘ndrangheta che sorge in un determinato paese, allorché si supera il numero minimo di 49 affiliati a qualunque “copiata” a cui appartengono .
Per “copiata” si intende il nome di uno dei responsabili del Locale a cui i picciotti fanno riferimento. Tale nominativo viene comunicato all’affiliato dopo la cerimonia di affiliazione, detta “battesimo”. Allorquando si forma un “Locale” si deve dare notizia alla “mamma” di San Luca, da dove viene inviato un rappresentante il quale organizza la riunione del “Locale” alla presenza di tutti gli affiliati di quel paese. Nel corso della riunione viene nominato il Capo Bastone, il Contabile ed il Crimine ndr).
Continuava Foti: «Responsabile del Locale di Aosta era tale Pansera Santo ( deceduto ad Aosta il 2 Aprile 2003 per cause naturali. Alla sua morte, imponenti funerali con la partecipazione di Guido Grimod, sindaco dell’Union valdotaine di Aosta, dal 2000 al 2010, ndr) , proprietario di un autolavaggio in Aosta e da noi ‘ndranghetisti veniva identificato come “Compare Santo»;
dal Locale di Aosta dipendeva a sua volta il sottolocale di Ivrea. Questo sottolocale era gestito dalla famiglia Forgione.
Fonti riferiva inoltre: «…l’attività principale del locale di Aosta erano le estorsioni a imprenditori e la droga».
Salvatore Caruso:
«Per che ne so io, già dall’88 di sicuro, perché ero in carcere in Valle d’Aosta e già lì mi avevano detto che attivavano, perché c’erano degli ‘ndranghetisti calabresi a Brissogne e hanno detto che attivavano lì ad Aosta».
Il termine “attivare” significa operare, essere operativi.
Raso Annunziato:
«Non so se effettivamente in Valle d’Aosta sia attivo un locale della ‘ndrangheta, ma comunque essendoci in Valle una forte comunità calabrese, è sicuramente probabile che esistano delle persone referenti della ‘ndrangheta per la Calabria. Infatti è sicuramente improbabile che qualsiasi comunità calabrese, intesa come criminale, tronchi i collegamenti con la terra d’origine. Infatti tanto più sono ampie le conoscenze e le amicizie, per qualunque Capo, tanto più ampio è il suo potere».
Per queste ragioni a partire dal mese di novembre 1999 il Nucleo Investigativo del Reparto Operativo dei CC della Valle d’Aosta eseguiva indagini per verificare l’esistenza di un “Locale” della ‘ndrangheta operante in Valle d’Aosta.
I rapporti degli inquirenti avevano consentito di ipotizzare con una certa sicurezza che la famiglia della ‘ndrangheta egemone in Valle d’Aosta era quella dei Facchineri , che contava sulla presenza di «parenti e sicuri fiancheggiatori residenti in Valle d’Aosta da molti anni e quindi ben inseriti nella comunità valdostana».
Al termine dell’inchiesta giudiziaria, denominata “Lenzuolo”, venivano deferite 16 persone
di cui solo tre, Santo Oliverio, Francesco Cuzzocrea e Antonino Curatola residenti in Calabria.
Ecco i nomi degli altri 13, tutti residenti ad Aosta e dintorni: Santo Pansera, Annunziato Cordì, Giacomo Gullone, Giuseppe Gullone, Domenico Macheda ( ex consigliere regionale del Pci) Giuseppe Neri, Giuseppe Oliverio, Giuseppe Rao, Francesco Raso (già membro del direttivo regionale Psi), Vincenzo Raso, Rocco Seminara, Vincenzo Sergi, Giorgio Sorbara. (roberto mancini).
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Tag: 'ndrangheta, Comune di Aosta, Criminalità organizzata, Operazione "Tempus venit", Operazione lenzuolo, Valle d'Aosta
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19 giugno 2014 a 16:12
Trovo fantastico e significativo che questo post (on line da 24 ore, cioè un evo per i tempi di della rete) non abbia nessun commento: non parlo, non sento, non vedo, non credo.
🙂
19 giugno 2014 a 23:21
Anch’io lo trovo fantastico.
Direi “typique”……
20 giugno 2014 a 15:15
non fa più così notizia, si vede…. oppure è una “non notizia”
i giornalisti che fanno antimafia con inchieste che vanno un pelo più in là della cronaca giudiziaria, saltano in aria o rischiano di farlo; mancini mi sembra (fortunatamente) vivo e vegeto (e pontificante ;-))….
22 giugno 2014 a 19:30
Credo che chi legge questo tipo di interventi faccia come me: prende atto.
Si commenta quando si hanno opinioni altre dal convergere sulla critica al fenomeno.