Storia di un inaspettato successo!

Inaugurazione della mostra”Bambini di Guerra” a Milano, alla presenza del Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro.
Vent’anni fa inauguravo la mia prima mostra in veste di ideatrice e curatrice: Bambini di Guerra. Per tenervi compagnia durante la mia assenza dal panorama valdostano mi va di ricordare le tappe di questa esperienza importante non solo per me, ma per la città intera e che ormai fa parte della nostra piccola storia locale. La storia di un inaspettato successo.
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3 marzo 2014 a 18:14
Ricordo: una mostra con foto di reporter famosi, con un approccio originale. Molto toccante. Ho ancora il catalogo.
3 marzo 2014 a 21:08
Cara Patrizia,
semplicemente voglio ricordare che nella mia biblioteca conservo questi tuoi bei libri, con tanto di dedica,
“DITTATURA”, catalogo in lingua francese, di una interessantissima mostra,anno 1995, testi di Norberto Bobbio e Andrea Jacchia, prefazione di François Stevenin, allora Presidente del Consiglio Valle.Particolarmente appropriata questa frase riportata nella prima pagina ” Etes-vous capables de dire encore ^moi^, de dire encore: ^je veux^, sans besoin de dire ^ils veulent” (Emile Chanoux);
“LEGENDES DU VAL D’AOSTE”- pour les enfants-, anno 1992, con il concorso di Cinzia Sciacqua,che hai dedicato ^à mon fils^;
“François et…”, anno 1996, livre d’histoire et livret d’activités. In prima pagina François ha scritto:^Mon pays est mon ami^..
Perché non riprendi queste attività?
Con stima e cordialità. Luigi Martin
3 marzo 2014 a 23:32
Nota: il testo “Francois et… é integrato dal livret d’activités di Maria Grazia Iannizzi.
4 marzo 2014 a 07:19
Stevenin si chiama Francesco: così dice l’anagrafe.
Se a me piacesse avere come nome Poffarbacco o Zebedeo, mi farei chiamare col nome datomi dai miei genitori.
L’ultima volta che ho incontrato Stevenin era da un benzinaio e parlava un perfetto italiano.
Basta con queste dissociazioni dalla realtà.
4 marzo 2014 a 07:31
Oltretutto: mi sembra che la mostra verta sulla guerra in Bosnia. Perché questa è scoppiata?
Perché esistevano personaggi dell’ex Jugoslavia che si nutrivano di cazzate quali etnie/razze/popoli, esattamente come oggi fanno in Valle i pallonari “jugoslavi” dell’UV e le schegge da lei fuoriuscite.
Trovo singolare veder citati Francesco Stevenin e quello psicopatico, affetto da “delirio paranoide” (diagnosi di uno psicoterapeuta milanese) di Chanoux, in un contesto di bimbi vittime delle puttanate etniche visto che le etnie erano il cibo di ogni pasto di Chanoux ieri come oggi del Francesco precitato.
Luigi Martin: che autogol!
4 marzo 2014 a 11:10
Signor Giancarlo Borluzzi
ho riportato esattamente nome e testo che risultano stampati sul libro “DITTATURA”, stampato presso Industrie Grafiche Editoriali Musumeci S.p.A: nell’aprile 1995.
4 marzo 2014 a 11:23
Monsieur Borluzzi, prima di lanciarsi nel suo solito refrain, applicato indistintamente a tutti i temi, riguardo alla mostra i oggetto, si documenti un minimo. Credo che in biblioteca ci sia una copia del catalogo. In particolare la guerra nella ex Jugoslavia è stata, come dice la Nuvolari, lo spunto storico-politico per una riflessione più ampia sull’argomento.
4 marzo 2014 a 13:13
Italiano, inglese, francese, patois e lingue varie: l’argomento comincia davvero ad annoiare: tutte le lingue sono belle ed utili quando servono per comunicare e non solo per vendere patate e computer. Quel che è condannabile è il loro uso e la loro strumentalizzazione, cioè l’uso improprio. Sull’uso del francese in VDA sappiamo ormai tutto. E tutto cominciò nel 1859, quando Cavour regalò ai francesi Savoia e Nizza e trattenne, non si sa perché, la Valle d’Aosta. La storia non torna indietro. E lo Statuto è figlio di una guerra vergognosa. Il futuro è tutto da scrivere, anche se la direzione è ormai irreversibile.
Cambiando argomento e tornando a libri, mostre e talenti. Mi è venuta in mente la poesia: “L’albatros” di Charles Beaudelaire.
4 marzo 2014 a 14:14
@ Marburg.
In generale: se il mio identico commento fosse stato firmato da bobmancini non ci sarebbero state reprimende, anche se lui la pensa come me e si è già espresso così più volte in merito proprio qui.
Ma lui sta con i compagni e quindi i due pesi e le due misure si impongono, nevvero?
In particolare: leggere di guerre etniche e vederci i nomi di Stevenin e Chanoux suona esattamente come i nomi di Ben Gurion e Moshe Dayan a commento di testi riguardanti l’islam.
Io non ho un solito refrain che applico identicamente agli alleati del PD o alle ricette per cucinare le melanzane: faccio riferimento alla colpa principale della pseudopolitica valdostana, quella del non riferirsi alle persone ma a ipotetici popoli di fantasia alle cui fantasiose caratteristiche ciascuno dovrebbe allinearsi o tacere, come fa anche il PD di Renzi in Valle.
Mi si critica per coprire le magagne collegate al proprio tifo politico.
@bruno courthoud.
Quanto scrivi è ineccepibile in generale, ma del tutto insensato se volesse essere una replica a quanto da me scritto perché non c’azzecca per nulla.
@ Luigi Martin.
Nessun dubbio in merito: io sottolineavo la stranezza.
La Jugoslavia si è divisa in sei parti perché c’erano localmente tanti Chanoux e tanti Stevenin.
Conosco bene tutti questi sei Stati,soprattutto la Bosnia Erzegovina ove addebitavo i segni delle bombe sugli edifici a locali interpretazioni del pensiero micronazionalista valdostano.
Ricordarlo qui calza a pennello.
4 marzo 2014 a 15:16
Invito ancora M Borluzzi a documentarsi: la mostra non è sulle “guerre etniche”, ma sulla situazione dei bambini durante la guerra (compresa la 1a guerra mondiale). Confermo che B. applica il suo solito refrain identicamente agli alleati del PD o alle ricette per cucinare le melanzane.
Cosa c’entrino poi le mie preferenze politiche (e cosa ne sa il B.?) con quanto si sta discutendo fa parte del solito refrain.
4 marzo 2014 a 18:34
Sicuramente mi documenterò sulla mostra della quale nulla sapevo: complimenti a Patrizia per il colpo da maestra nell’averla voluta e realizzata.
Ringrazio Marburg per aver confermato quanto ho scritto prima: i bambini sono a disagio durante le guerre, che sovente sono etniche e albergano i bambini maltrattati.
Il riferimento alla prima guerra mondiale capita a fagiolo, pardon a melanzana: quattro anni fa ero al Latinski Most di Sarajevo, albergo a cinquanta metri dal ponte ove Gavrilo Princip scatenò la guerra 14/18 col suo attentato.
Nel museo ci sono vari reperti e foto di bambini trucidati: il tema mi interessa.
Chi armò la mano di Gavrilo (poi non giustiziato in quanto minorenne, quindi un “bambino cresciuto”): il micronazionalismo serbo-bosniaco, tarlo mutatis mutandis analogo a quelli che hanno infettato e infettano il mondo e la Valle d’Aosta.
Quanti qui scrivono sono politicamente caratterizzati come Patuasia; inoltre, il nome Marburg non è costituito dalla sintesi di Paolo + Faletti, ergo potrei dedurre sintonie politiche.
Cioè: in questo blog il PD va per la maggiore anche se, stranamente, trova saggio allearsi con il radicalismo etnico valdostano.
Contraddizione vera e quindi infastidente.
4 marzo 2014 a 22:41
No, Marburg come il filovirus appartenente alla famiglia Filoviridae, responsabile di una febbre emorragica ad elevata mortalità denominata febbre emorragica di Marburg.
4 marzo 2014 a 22:44
O anche Marburg è un comune tedesco di 80.656 abitanti, situato nel land dell’Assia. Marburg si fregia del titolo di “Città con status speciale” (anche lì). 😉
5 marzo 2014 a 07:05
Conoscevo l’esistenza di tale città; ma ritengo permessa alla mia zucca melanzanica di vivisezionare e ricomporre un nick; se ho ricamato in modo errato chiedo venia.
10 marzo 2014 a 18:16
Caro signor Luigi, la ringrazio per la stima, ma la domanda dovrebbe porla ad altri. Io potrei solo dirle che il merito non viene mai riconosciuto, solo la fedeltà e il servilismo e io sono persona troppo libera.
10 marzo 2014 a 18:19
Signor Borluzzi, lei che è così pedante nel sottolineare le inesattezze altrui, come può parlare di una mostra di cui non sa assolutamente nulla?