Una festa triste
Ieri sono stata a Palazzo regionale per la Festa dell’Autonomia. Prima volta. La figlia di mio marito, Marta Burgay, veniva insignita del titolo di Chevalier de l’Autonomie, mi sembrava carino esserci. Mai assistito a una “festa” di regime così triste. Forse, giusto giusto in Corea del nord le organizzano così, ma, non essendoci mai stata, non ci giurerei. I rappresentanti delle Istituzioni hanno svolto il loro compito in modo formale e… mortale, nel senso della noia. La presidente del Consiglio, Emily Rini, dei tre è stata l’unica che ha dato alla lettura un po’ di pathos; Rollandin invece può solo ringraziare i suoi occhi di ghiaccio e il sopracciglio diabolico se è riuscito ad arginare il sonno entro i confini della buona educazione; Giordano invece, nudo com’è di carisma, lo ha somministrato con ampia generosità. Possibile che nessuno riesca a parlare a braccio? Ad affrontare la platea occhi negli occhi? Dopotutto i discorsi fatti sono sempre i soliti: Roma cattiva, Valle responsabile, buon esempio, lavorare insieme, autonomie capri espiatori… vogliono trasmetterci l’orgoglio dell’Autonomia, ma con manifestazioni del genere creano indubbia noia e distacco. Il migliore comunicatore è stato quel corista in camicia a scacchi che, rilassato e senza appunti, si è espresso nel miglior francese udito durante l’intera cerimonia. Mai più!
Explore posts in the same categories: Anniversari, Aria fritta, Auguri, AutonomiaTag: Augusto Rollandin, Bruno Giordano, Emily Rini, Festa dell'Autonomia, Marta Burgay, Valle d'Aosta
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24 febbraio 2014 a 14:34
I miei complimenti a Marta! Cosa avresti fatto se tu fossi rimasta qui? Magari all’osservatorio di Saint-Barthélemy? Che legame c’è tre l’autonomia e la nomina di cui ti hanno fregiata? Se tu (scusa il tu) fossi nata a Carema, le cose sarebbero state diverse? Non avresti individuato una pulsar doppia?
24 febbraio 2014 a 18:07
E’ così: il merito ognuno se lo conquista “a prescindere” come direbbe Totò. A prescindere dal dove vieni e dal chi ti manda
Unico dubbio sulla triste cerimonia: si è trattato del giusto riconoscimento o del subdolo intento di ascriversi una parte del beneficio perchè, casulmente, il meritorio (o la meritoria) è de “nosatre”.
Diamo buona la prima, per una volta, anche per Mario.
24 febbraio 2014 a 21:15
complimenti a Marta..non tanto per il titolo da “Chevalier” ma per tutto il resto!!
25 febbraio 2014 a 10:08
Festa mesta.
25 febbraio 2014 a 15:26
Marta merita tutta la nostra ammirazione per ciò che ha fatto nella sua carriera e il premio è meritato.
Marta ha dovuto studiare fuori regione e deve lavorare fuori regione. La regione giubila per non essere riuscita né a formare, né a trattenere un cervello in fuga… Sommo gaudio, sommo giubilo !! Un incentivo perché i migliori cervelli partano, e di conseguenza i peggiori restino…
26 febbraio 2014 a 22:43
Qualcuno mi sa spiegare perché l’inno scritto dal parolaio, pardon, paroliere Mogol e costatoci un bel po’ di dinero, il parolaio, non è mai cantato nelle occasioni ufficiali? Sempre e solo Montagnes valdotaines, ma allora chi lo ha voluto il Mogol?
28 febbraio 2014 a 16:11
Grazie signora Nuvolari per il pubblico encomio al mio francese. Invero non so se esserne personalmente fiero o mortificato per la mia amata Valle…
Ovviamente mi unisco ai complimenti a Marta Burgay.