Le regine del fondo perduto
Tutti i media e molti giornalisti da Apt oggi intingono la penna nell’incenso per celebrare la “bataille des reines” bovine. E’ la festa della più potente lobby valdostana (con quella dei calabresi di san Giorgio Morgeto…), che per circa 40 anni ha fatto incetta di miliardoni a fondo perduto, a scapito di altre attività più produttive. Il settore produce il 2% scarso del Pil valdostano, ma circa l’80% dei programmi televisivi della Rai di Aosta e il 50-60% dei libri e delle mostre/foto pubblicate in Valle. Notizie del processo ai 75 allevatori imputati di reati contro la pubblica amministrazione e la salute pubblica, gli inventori della Fontina Tbc? Procede spedito? Riuscirà ad arrivare alla felice prescrizione grazie alla lenta traduzione delle intercettazioni in patois? I solerti traduttori dal patois sono i signori Eliseo Lumignon, Liliana Bertolo in “Trouveurs valdotains”, Félicie Charrey e Jeanette Bondaz. Se non erro il tribunale ha nominato altri tre periti, di cui non ricordo il nome. Mi scuso con loro. Sono sicuro che nessuno di loro abbia legami equivoci con la politica (ehm…) e con la lobby degli allevatori, e dunque che tutti siano in grado di lavorare con operosa solerzia. Per onestà professionale aggiungo alcune ovvietà: gli allevatori sono imputati, dunque non colpevoli. Questa è solo l’ipotesi accusatoria, potrebbero essere innocenti. Il processo dovrebbe appunto appurare se si tratti di truffatori pericolosi per la salute dei consumatori, oppure di persone per bene. Dunque dovrebbero essere i primi a sollecitare un processo veloce. Appare dunque incomprensibile in proposito il silenzio di Bernard Clos, allevatore di Jovencan e presidente della potentissima congregazione degli “ Amis des batailles des reines”. Dovrebbe essere il più interessato ad un veloce processo. Pure lo stesso Clos era stato fulmineo nel disapprovare le indagini. ” Come cittadino non comprendo quella che considero un’ingerenza. Una destabilizzazione del nostro autogoverno. Ma come, non si è forse capaci in Valle di far controlli sanitari o inchieste giudiziarie? Nonostante i torti che stiamo subendo, siamo galantuomini”. (roberto mancini)
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22 ottobre 2013 a 11:54
Il linguaggio del sig Clos merita attenzione, il personaggio è molto importante ed influente.
E’ un mix di separatismo anti-italiano e di berluskonismo.
Separatismo: un’inchiesta è “un’ingerenza” e una “destabilizzazione del nostro autogoverno”. Ossia un “attacco centralista all’autonomia”?
Da cui il passaggio al Berluska: la magistratura fa attacchi politici
Berluskonismo:
siamo “galantuomini che subiscono torti”, malgrado in passato circa 100 allevatori abbiano già subito condanne.
Poi c’è pure un messaggio obliquo sub-liminale:
se le inchieste si facessero solo chez nous, non saremmo in grado di evitare sorprese?
Aumma aumma…
22 ottobre 2013 a 12:08
Spiegare a Clos alcuni fondamentali su democrazia, diritto e procedura penale.
22 ottobre 2013 a 13:56
Gli altri tre esperti “patoisants” nominati dal tribunale sono i sigg Josianne Bovard, Francesca Lucianaz e Sylvie Voyat.
Si aggiungono dunque ai sigg Eliseo Lumignon, Jeannette Bondaz, Liliana Bertolo in “Trouveurs valdotains” e Félicie Charrere.
Sperùma bin…..
22 ottobre 2013 a 16:34
“Riuscirà ad arrivare alla felice prescrizione grazie alla lenta traduzione delle intercettazioni in patois?” : è gravissimo il solo fatto che si possa avanzare tale ipotesi.
Ma ancora peggio è il fatto che tale Bernardo Clos dica “… non comprendo quella che considero un’ingerenza. Una destabilizzazione del nostro autogoverno”. Sarebbe bene se costui non si avventurasse in considerazioni su argomenti diversi dalle mucche regine.
23 ottobre 2013 a 07:17
E così oltre ai tanti (per fortuna) volontari del soccorso, ai pochi idealisti di chez nous che animano le poche manifestazioni di piazza circondati da digossini, il questore Celia ha finalmente conosciuto un altro tipo di valdostano, anch’egli ‘di razza’, di quelli che non si piegano di fronte a nessun contributo concesso e non si negano mai di fronte a una bottiglia di vino gentilmente offerta, ma fingono di non vedere e fanno retromarcia quando in cinquanta dovrebbero intervenire per fermare un ubriaco che sta massacrando suo padre (anch’egli ubriaco, ma questo meno importa). O che s’inchinano in riverente saluto di fronte al miniboss calabrese di turno, che poi è la stessa cosa, perchè questo ‘tipo’ di valdostano, quello incapace di soccorrere un uomo in difficoltà, è lo stesso che si lascia prima intimorire, poi blandire, poi infine comprare con casa e terreno dal ‘foresto’ del sud venuto in Valle a cercare fessi capaci di mungere dieci mucche in venti minuti ma anche di cagarsi in mano appena qualcuno alza la voce. Quegli uomini grandi e grossi che non hanno fermato Remigio Lillaz, lasciando il compito a una donna, sono il modello perfetto del valdostano che piace al Potere e alla Mafia. Spacconi fintanto che restano attaccati al bancone del bar, remissivi e spaventati quando c’è da mostrare un briciolo di carattere.
23 ottobre 2013 a 08:08
@guadonelguano
Mi hai tolto le parole di boc… anzi, da sotto le dita. Centinaia di persone lì a guardare un tizio che prende il suo stesso padre a transennate sui denti. Sarebbero bastati in due a impedire quella tragedia; tuttavia questi allevatori sono buoni a far la voce grossa quando chiedono “lo contributo”, ma davvero si cagano in mano al momento del bisogno. Un segno dei tempi, forse?
23 ottobre 2013 a 09:24
Guadonelguano,
Analisi perfetta, grazie.
Forti coi deboli, deboli coi forti, interessati solo ai cazzi loro.
Malgrado la pretesa francofonia, Italianissimi………
23 ottobre 2013 a 10:44
Ora comprendo meglio l’introduzione dell’insegnamento del franco provenzale sin dall’asilo. Sì, ero un po’indeciso se mandare i miei figli al corso organizzato dalla regione, ma ora capisco. In futuro potranno parlare di qualunque cosa al telefono senza timore di essere intercettati, tanto nessuno sarà in grado di capirli in tempi utili. credo che se si facesse girare la voce tra gli spacciatori di droga, il corso avrebbe un successo internazionale:”volete delinquere senza paura che qualcuno vi intercetti, non abbiate paura,prendete la cornetta, il franco provenzale vi aspetta”. Questa sì che è lungimiranza, altro che corsi di arabo o cinese.
23 ottobre 2013 a 11:29
condivido in toto i precedenti commenti, anche per esperienze personali.
23 ottobre 2013 a 13:44
Eccellente riassunto della tipologia di valdostano-doc il suo, signor guadonelguano. Bello che abbia ricordato che l’unico intervento contro il massacro sia stato quello di una donna.
23 ottobre 2013 a 13:46
Un eccellente anche a lei, signor zazzak, per la sua arguzia.
23 ottobre 2013 a 14:35
a zazzak: arrivi in ritardo, a suo tempo i ramoneurs valdostani in giro per il mondo, ed in particolare in piemonte, quando videro che cominciavano ad essere capiti quando parlavano in patois, inventarono lo “dzargo”, un patois nel patois. Lo conosco e lo capisco discretamente.Forse pochi saprebbero oggi cosa significa: “tzarfé an blantzarda”.
24 ottobre 2013 a 09:00
In quanto figlia di allevatori (di mucche da latte, non di regine da bataille, per essere precisi) e visto che considero la mia lingua madre il franco provenzale (non perché non voglio farmi intercettare da chi non capisce questa lingua in via di estinzione -purtroppo- ma perché si tratta appunto della mia lingua madre) sento di dover esprimere il mio dissenso per alcune considerazioni in cui non riesco a cogliere un minimo d’ironia ma solo disprezzo verso una componente ben precisa della società valdostana: quella degli allevatori.
Sarò breve: questa descrizione grottesca del valdostano doc non mi risulta affatto, non vi riporterò i numerosi esempi concreti di cui dispongo che affermano il contrario, dico solo che le vostre tesi generalizzate sono ingiustificate e non rispecchiano affatto una realtà che -per fortuna- ancora esiste.
Poi, per quanto riguarda la “disgrazia Lillaz”, troppo facile sputare sentenze quando non si conosce nulla dii quello che é successo. Non voglio assolutamente giustificare il gesto (che rimane in qualsiasi caso ingiustificato) ma mi sembrano eccessivamente superficiali i vostri pareri da commentatori illuminati.
Aspetto di vedervi in azione, voi, persone coraggiose e leali tutto d’un pezzo che rendete la Valle d’Aosta un posto migliore.
24 ottobre 2013 a 09:48
Reginadiquadri, le dichiarazioni di tale Bernardo Clos qui riportate sono allucinanti; essendo un number one degli allevatori è conseguente che il giudizio su di lui ricade su tutte le persone a nome delle quali è titolato a parlare visto l’incarico liberamente conferitogli.
Sul francoprovenzale considerato propria lingua madre da Reginadiquadri: echisseneimpippa delle considerazioni linguistiche soggettive!
Ciascuno è libero di giudicare il francoprovenzale come vuole, sia il 5% dei residenti che la vede come Reginadiquadri, sia il 95%rimanente dei residenti che la pensano in maniera opposta.
Il patois è talmente lingua madre in Valle che ci vogliono traduzioni in Tribunale e non sono neppure traduzioni immediate !
24 ottobre 2013 a 10:30
Cara sig.ra Reginaquadri, penso non abbia inteso il senso del mio post. Non ho nulla di per sé contro la categoria degli allevatori e neppure contro il franco provenzale o patois come lo si voglia chiamare. Semplicemente ironizzavo su un ritardo a mio avviso paradossale che potrebbe compromettere un’inchiesta di vitale importanza in Valle d’Aosta. Perché così importante? Perché, inutile nasconderselo, va a toccare la categoria che in assoluto ha maggiormente beneficiato dei privilegi dovuti dallo statuto speciale valdostano. In Italia, anzi per dirla tutta in Europa, l’agricoltura e l’allevamento hanno bisogno dell’assistenza degli stati per sopravvivere e competere con i giganti asiatici e sudamericani, siamo d’accordo. Ma in Valle i privilegi ed i fondi erano (sono)tali e tanti che, quantomeno ,da chi ne usufruisce ci si attende la massima trasparenza ed onestà. Tutto qui.
il franco provenzale non è una lingua. O meglio, lo è laddove lo si identifichi con l’antica langue doc, parlata in tutta una zona che comprende parte del sud della Francia, la Savoia e la Valle. Tutto ciò, però non ha attinenza con la realtà, perché lei sa meglio di me che in valle gli idiomi dialettali differiscono profondamente da una zona all’altra e nulla hanno a che vedere con i dialetti provenzali. Manca l’uniformità per poter definire il franco provenzale una lingua. Io, però, non contesto in alcun modo che il dialetto possa rafforzare il senso di appartenenza. Ritengo, comunque, che in un periodo di crisi generalizzata a tutti i livelli, alcune iniziative, come l’insegnamento del franco provenzale sin dall’asilo, tendano ad essere fuori luogo. Perdonatemi l’eccessivo sproloquio ed il massiccio uso di eufemismi.
24 ottobre 2013 a 11:55
Concordo sul fatto che le dichiarazioni di Clos siano fuori logica. Ma il parallelismo è un po’ forzato. Come affermare che tutti i number one rispecchiano tutta la categoria che rappresentano/che li ha democraticamente eletti: non generalizziamo.
Francoprovenzale: prima ho scritto che IO considero il francoprovenzale la MIA lingua madre, so benissimo che in Valle chi parla patois è una minoranza (non faccio percentuali perché non le conosco, parlo per esperienza personale) ma chemeneimpippa. Indipendentemente dalle ragioni storiche, il franco provenzale è un valore aggiunto alla cultura di qualsiasi soggetto, non un limite. E il fastidio che qualcuno prova verso questa lingua, dal mio (percentualmente irrilevante) punto di vista, è ingiustificato. Siccome fisicamente ci troviamo in Valle d’Aosta, siccome oggettivamente il francoprovenzale è lingua nata e cresciuta (e quasi morta) anche in Valle d’Aosta, e siccome oggettivamente negli ultimi 100 anni la Valle ha subito una trasformazione anche forzata della popolazione, è normale che ci sia ancora una parte della popolazione che considera il patois la propria lingua madre oppure chi pur non conoscendolo, lo voglia imparare.
Mi spiego meglio: è palese che il francoprovenzale è “in minoranza” per tanti motivi ma comunque la Valle d’Aosta rimane e rimarrà di origini francofone e nell’attuale società in continua evoluzione, mescolanza senza precedenti di culture, questo aspetto non può che essere una sfumatura positiva.
24 ottobre 2013 a 12:22
Madame Reginadiquadri.
Senza offesa, perché fa l’avvocato delle cause perse? L’idealizzazione ideologica degli allevatori, questa sì generalizzata, l’ ha fatta la propaganda Union per 50 anni.
Non sono io che associo l’omertà di massa agli allevatori, lo fanno loro tacendo come mafiosi di fronte ad un gravissimo episodio di violenza familiare.
Se analogo episodio fosse avvenuto durante una festa di ultras del calcio, loro sarebbero stati associati all’episodio.
E’ normale no?
Oppure lei vuole dare ogni colpa alla stampa?
Insomma se lo specchio della cronaca ritrae una brutta immagine, lei incolpa lo specchio?
Ma la festa della Croix Noire era quella degli allevatori bovini o quella dei ciclisti padovani? E’ una rassegna bovina o di articoli subacquei per pescatori?
Gli allevatori da 40 anni sono una lobby potente, che ha fatto incetta di fondi pubblici e che sempre è stata filo-Union.
Sono fatti, non c’entra nè la simpatia nè l’antipatia.
Dunque madame se ne faccia una ragione.
A Napoli, quando ti offrono un caffè che viene cattivo, per prima cosa ti dicono che la macchinetta era di Benevento, il caffè di Salerno e l’acqua di Avellino.
Madame, in questa storiaccia ( di legnate agricole, di contributi, di rinvii a giudizio e di strane lentezze nel tradurre il patois) non faccia la napoletana…
ps:
Recenti , accurate ricerche linguistiche del Brel hanno appurato che il cognome Lillaz non è valdostano, ma di origine toscana.
I valdotains non c’entrano con l’episodio della Croix Noire! Contenta così?
Poveri noi, Berluska ha fatto scuola: sempre negare….
24 ottobre 2013 a 14:40
Guardi Mancini, io non faccio propaganada unionista (neanche nelle sue sotto categorie più recenti), sono una cittadina libera, scrivo quello che ritengo giusto dal mio punto di vista. Il binomio inscindibile non è più attuale, si aggiorni, metta un altro termine al posto del primo. Conosco la realtà agricola e conosco le difficoltà che s’incontrano, come purtroppo in tutti i settori oggi. Fino a 50 anni fa la Valle d’Aosta aveva un tessuto sociale profondamente agricolo (come d’altronde tantissime altre realtà italiane) e oggi le cose, come sappiamo tutti benissimo, sono radicalmente cambiate.
Per quanto riguarda la disgrazia accaduta all’arena Croix noire (non mi viene altro termine che disgrazia), illustrissimo Mancini, io non nego l’evidenza, io non so chi siano “gli amici” rimasti fino a tardi che non sono intervenuti nella lite e che non vogliono testimoniare. Ma estendere questo tipo di comportamento, attribuendolo al valdotain medio mi sembra una conclusione un po’ semplicista, senza contestualizzazione (e poi chi sarebbe il valdostano medio? il patoisan? l’allevatore? quello con l’albero genealogico made in VdA lungo almeno 150 cm?). Comunque, per rispetto (o omertà del tipo valdo-calabro) preferisco non dilungarmi sull’accaduto con sofisticate analisi degne di un tronista di canale 5 o di alcuni nostri giornali locali.
PS: comunque io non guardo l’etimologia dei nomi, per me contano le persone e gli affetti.
24 ottobre 2013 a 14:49
Il binomio (che non ho scritto) è mucche-patois = Union
24 ottobre 2013 a 15:10
La “disgrazia” ?
Illustrissima Reginadiquadri, non si è trattaro di un evento atmosferico, si è trattato di un’aggressione.
Perchè non la chiama col suo nome?
In termine “valdostano medio” non compare nel mio post, controlli con attenzione.
Lei inventa per polemizzare.
Dunque, visto che il concetto lo usa lei, che sia un’ “excusatio non petita”?
Una coda di paglia lunga un chilometro?
Se le mie analisi sono da tronista, la sua reticenza( lei lo chiama rispetto…) è degna di don Abbondio.
24 ottobre 2013 a 17:31
@Reginaquadri visto che chiama così insistentemente in causa il mio post,devo ribadire la mia. Dunque, che esista una categoria di valdostani doc particolarmente pavida in casi come quello dell’arena, lo dicono altri valdostani doc evidentemente meno pavidi. Ma lo dicono anche i fatti: veda le testimonianze di chi c’era, a partire dalla donna che, da sola, è intervenuta facendosi largo tra uomini di un quintale di peso con le gambe di gelatina. Badi bene, quando parlo di questi valdostani sto parlando di una categoria all’interno di un gruppo, non di tutto il gruppo. E che esista una categoria di valdostani doc particolarmente pavida e calabrache di fronte ai miniboss calabresi lo sostengono con ancor più forza gli stessi valdostani doc onesti e sinceri. Ma lo dicono anche i fatti, come dimostrano decine di indagini di polizia e carabinieri (alcune rese pubbliche, altre purtroppo no), Che queste due categorie siano quasi sempre, se non sempre fuse, in una sola, lo affermano sempre i soliti corregionali doc, vergognandosene. Ma lo dicono anche i fatti, basta procurarsi e leggersi con attenzione sentenze e ordinanze di custodia. Di qui in avanti potremmo passare agli esempi, e mi creda: ce ne sono a decine, a centinaia.
24 ottobre 2013 a 18:32
“…trasformazione anche forzata della popolazione” : così si esprime Reginadiquadri alle 11.55.
Questo concetto la pareggia al Clos.
E anche al pensiero di Augusto Rollandin evidenziatomi da Giorgio Bongiorno nel 2003 secondo cui al Guste non piaceva vedere negli uffici persone arrivate da altre regioni.
Reginadiquadri afferma poi che il patois darebbe fastidio a qualcuno.
Errato, perché il patois non viene praticamente mai ascoltato da chi non lo parla.
Infastidisce invece la finzione che sia patrimonio di tutti: lo è di quattro gatti che fingono di essere quattromila gatti in fila per dodici col resto di nove.
Critiche doverose a parte, questa Reginadiquadri pare essere sopra alla media dei pensatori come lei: mica un Renè Tonelli in gonnella.
24 ottobre 2013 a 22:02
Cara Patrizia, con il tuo permesso, senza interferire con le opinioni sopra espresse su alcuni allevatori ed in particolare su di un tristissimo episodio che addolora profondamente, volevo tradurre l’espressione citata dall’amico Bruno Courthoud “tzarfé an blantzarda ( o blantzoda) = scrivere una lettera. Vedasi a pag. 138 del volume “Les Ramoneurs de la Vallée di Rhemes” di Giorgio Martin, Musumeci editore ,marzo 1982.Caro Bruno, siamo rimasti in 5 o 6 che conoscono ancora lo dzargo…ti saluto e ti ricordo con affetto e simpatia e leggo sempre volentieri i tuoi commenti.
Luigi Martin
24 ottobre 2013 a 22:23
Bè, il paragone con certe sparate non ci azzecca proprio. Io parlo di “trasformazione anche forzata della popolazione valdostana” perché, come Borluzzi immagino ben sappia, l’allora politica nazionalista portata avanti dal regime fascista ha ostacolato l’assunzione di valdostani nell’acciaieria Cogne (che allora impiegava circa 10.000 operai), preferendo lavoratori provenienti da altre regioni italiane e questo nell’ottica strategica di rendere in minoranza i valdostani e quindi trasformare in senso italiano la Valle d’Aosta (che era a tutti gli effetti francofona – poi se si vuole negare anche questo..). Quindi in contemporanea all’arrivo di moltissimi immigrati da altre zone italiane (Veneto e Calabria in primis) migliaia di valdostani hanno abbandonato la Valle. Un evento che non ha causato morti ma che ha voluto “forzare” gli eventi.
24 ottobre 2013 a 22:54
@Reginadiquadri: ci vediamo così facciamo due gatte al bar e poi magari passano due gatte o 2 gatti e facciamo 4 gatte/i che parlano patois?
24 ottobre 2013 a 23:15
@ Reginadiquadri.
Confesso di non conoscere nulla sulla non assunzione di valdostani alla Cogne prima della Costituzione repubblicana.
Quest’ultima è stata una ripartenza e il mio cervello non è portato a focalizzare quanto successo prima. Non so quanto sia vera questa ricostruzione che considererebbe i fascisti degli anticipatori dei cinesi in Tibet.
Diamola per vera.
E ciò cosa conta con l’oggi che si vive? Può far dire che se il corso della storia, comunque immutabile, fosse stato diverso, allora Clos e Reginadiquadri sarebbero meno pesci fuor d’acqua in Valle nel terzo millennio.
Quello che mi urta non è la cronaca reginoquadrica di fatti antecedenti la Costituzione: è acqua passata.
Mi infastidisce sentire di veneti, calabresi, immigrati forzati o meno quasi che la dimensione valdostana fosse un capo di abbigliamento obbligato come le mutande.
Sono venuto in questa parte d’Italia perchè mi piace la montagna, ma me ne impippo di confini regionali, storie, lingue, dialetti, giamboni spacciati per locali ma fatti con maiali friulani, mucche valdostane con pedigree regale proprio come me ne sono impippato delle tante mucche possedute dai miei nonni in Friuli.
E’ un mio diritto.
Lo è anche quello di essere lieto di avere un abito mentale opposto a quello qui evidenziato da Reginadiquadri che, ribadisco, ha però il pregio di esprimersi e saper dire con chiarezza le sue ragioni: molti dei suoi simili se ne astiene, nell’illusione di essere dei padroni di casa che devono sopportare degli intrusi.
25 ottobre 2013 a 08:40
Ci tengo a precisare ho citato l’esempio della Cogne solo per giustificare l’espressione “trasformazione forzata”; si tratta di storia di quasi un secolo fa, è giusto guardare avanti, io non sono sicuramente nostalgica di un passato che non ho vissuto e che conosco solo sui libri.
Preciso anche che non ci sono immigrati forzati ma strategie politiche forzate; la stragrande maggioranza delle persone immigrate e che ancora immigra in Valle (o in qualsiasi altro luogo) lo fa per motivazioni economiche (non certo ideologiche).
Comunque come ho già cercato di esprimere in un post precedente,e poi concludo, nell’attuale società multietnica, ogni lingua o patrimonio di conoscenze è un un valore culturale aggiunto, non certo un limite. E chi arrogantemente vede gli altri (o chiamiamoli i diversi) come intrusi, dovrà farsene una ragione perché la società è viva e in continua evoluzione ma questo comunque non implica dimenticare (o rinnegare) le proprie origini.
Ringrazio Patuasia per il libero spazio che offre a tutti.
25 ottobre 2013 a 08:47
Luigi Martin, pur non avendo fatto il ramoneur conosco alcune parole di dzargo e le uso correntemente (e non sono l’unica). Ad es. Nisso, piaillo, reusso, beiter, teuiller
25 ottobre 2013 a 08:49
Ringrazio Reginadiquadri per il carattere misurato e saggio degli interventi; concludo con un’ultima notazione: è vero che ogni lingua è un valore culturale aggiunto (ma i valori cambiano a seconda della lingua di cui si parla), ma a condizione che di tale lingua non sia imposto lo studio solo per poi fingere un’omogeneità dei residenti che non esiste, nonché a condizione che non ci siano studi di lingue inutili (tali oggettivamente o soggettivamente) che tolgono spazio temporale allo studio di lingue utili in quanto presenti su tutto il pianeta.
25 ottobre 2013 a 15:18
Avviso ai naviganti. Altro che allevatrice di vacche da latte, credo di intuire che Reginadiquadri scriva da dentro il palazzo…
25 ottobre 2013 a 15:55
Eh no, non so cosa possa portare a pensare che io rappresenti qualcuno ma garantisco che io sono svincolata da qualsiasi partito o partitello (visto che non ho nessun interesse e tantomeno non mi riconosco in nessuno). È triste pensare che una persona libera da folkloristiche fazioni non possa esprimere i suoi punti di vista che (solo in parte) si avvicinano a quelli del movimento prevalente ed essere subito additata come un porta-voce del palazzo. Mi dispiace deluderla, tagueule, ma si sbaglia, io esisto, esprimo e vivo coerentemente le mie idee perché, come dice una famosa canzone, la libertà é partecipazione.
E comunque io non sono un’allevatrice, vengo da una famiglia di allevatori, ma anche se lo fossi non cambierebbe nulla.
25 ottobre 2013 a 18:19
Signor tagueule, sono gli argomenti, le azioni, i comportamenti che vengono discussi non le persone che possono provenire da ovunque persino da palazzo. 🙂
25 ottobre 2013 a 19:15
Complimenti a Reginadiquadri per le opinioni espresse e difese con assoluta convinzione, grande equilibrio ed intelligenza e soprattutto senza offese e rancore.Condivido. Vous ètes au-dessus de la mèlée! con un piccolo e modesto valore aggiunto di simpatia: la conoscenza e l’uso di parole del “dzargo”.Luigi Martin
28 dicembre 2013 a 11:03
http://www.striscialanotizia.mediaset.it/video/videoextra.shtml?18781
Un grazie all’alleato dei PD Luciano Caveri che ha dato notizia di questo pezzo di Striscia andato in onda ieri sera.
Chi è contro la caccia non può non essere contro la corrida e le cosiddette battaglie tra mucche incinte.
Perché contro queste ultime?
Vedendo il link risulta chiarissimo: sono combattimenti indotti, cioè imposti per puro spettacolo, c’è chi prende soldini in premio, le mucche devono essere gravide perché in tale periodo sono più aggressive ma talora perdono chi portano in grembo, le mucche sovente non vogliono battagliare, l’uso del bastone contro di loro è prassi comune,soffrono, ci sono casi di doping e in tal caso il latte e la derivata fontina diventano pericolosi per i consumatori, ci sono code di “valdostani” che fanno scommesse su chi vince: questi alcuni punti del servizio di Edoardo Stoppa.
Domanda: secondo voi per chi votano i due signori di cui l’uno rifiuta di rispondere a domande di Striscia e l’altro (quello con il punto interrogativo) si lancia in dotte dissertazioni sulle conquiste femminili?
Somma demenza: l’UV fa costruire un vaccodromo per queste menate ed è contraria a un campo di calcio di pari grandezza in Valle !!!!!
28 dicembre 2013 a 14:50
http://12vda.it/ambiente/agricoltura/surreale-servizio-di-striscia-contro-le-batailles-%C2%ABle-mucche-gravide-non
Come anche i bambini sanno, Angelo Musumarra opera nel cosmopolitan racing team dell’alleato dei PD Luciano Caveri, per cui “non poteva non” spezzare lance a favore delle povere mucche incinte & renitenti al combattimento.
Esilarante che qualcuno/a ritenga esistano verità ignote al buon Stoppa, verità che si dispiegherebbero ai suoi occhi se solo estivalmente andasse a trovare gli extracomunitari (i valdostani autoctoni, superiori per intelligenza ai non autoctoni secondo Chanoux, preferiscono ormai le spiagge per rifarsi della carenza di jodio) che attendono alle incombenze degli alpeggi raggiunti rumorosamente in Ape o 4X4 attraverso strade interpoderali solo da loro percorribili.
I micronazionalisti chez nous dovrebbero sapere che il carnevale non è ancora iniziato….
28 dicembre 2013 a 18:11
http://www.lastampa.it/2013/12/28/edizioni/aosta/doping-scommesse-e-crudelt-striscia-la-notizia-scatena-lira-degli-amis-des-batailles-Nrnva94HFVuxJrFDnhAFsO/pagina.html
Un tale signor Balicco parla qui di servizio costruito apposta per dimostrare qualcosa di non gradito a rossoneri e schegge già rossonere.
Ovviamente siffatto signor Balicco è un micronazionalista chez nous e come tale mette la frottola sistematicamente dappertutto come si mette il sale nei cibi.
Il frottolismo di tale signor Balicco evince dal fatto che il servizio di Stoppa non consiste in uno Stoppa che, seduto su una poltrona, parla di mucche incinte costrette a fare ciò che loro sponte non vorrebbero, bensì in uno Stoppa che commenta, o lascia commentare, delle immagini le cui attestazioni sono indiscutibili e risultano essere queste:
-le mucche incinte vanno portate a forza nel luogo battagliereccio;
-le mucche incinte vanno con violenza piazzate a teste contrapposte e solo in quel momento si innesta una tenzone causata dall’animalesca interpretazione che il cervello della bestia riceve da tale imposta posizione, intuibilmente preparata per mesi da chi avrebbe dovuto impiegare più saggiamente questo specifico tempo della sua vita;
– il kit comprende, oltre alla mucca incinta, un valdostano intuibilmente doc con un bastone che sovente viene usato contro la mucca incinta che non si adegua al battagliare: lurida violenza.
Questo signor Balicco dovrebbe spiegare le tre coglionate predette che milioni di italiani hanno visto e che sono realtà, non invenzioni o costruzioni preordinate a tavolino.
Di passaggio, tale signor Balicco dovrebbe essere ben più preciso e circostanziato sulle accuse presenti nel servizio ma non traducibili in immagini: doping, effetti del doping sul latte, effetto del latte dopato sulla fontina, scommesse, code legate alle scommesse, premi in “soldini” (tanti) ai vincitori, aborti delle mucche in questione a causa di tenzoni ricercati proprio in periodo gravido perché la situazione ormonale del momento crea aggressività.
Questo signor Balicco non può pretendere che i non micronazionalisti lo considerino parlante ex cathedra: la sua difesa d’ufficio non tange il merito di Striscia, l’aver denunciato un rituale comprensibile tra le tribù del deserto afghano, non in Italia.
Vanno interessanti gli enti per la protezione degli animali, che non vanno maltrattati per far divertire quanti presenti nel vaccodromo costruito grazie ai privilegi finanziari garantiti dallo Stato.
28 dicembre 2013 a 22:04
non solo micronazionalismo, ma anche becero, ottuso e manicheo. Portando al limite l’argomentazione, non si potrebbe essere contemporaneamente micronazionalisti e contrari a questo genere di combattimenti. O essere nazionalisti e amanti di questo insulso divertimento.
28 dicembre 2013 a 22:06
Se potessero, credo che sarebbero le stesse mucche a voler abolire questo passatempo per deboli di mente.
29 dicembre 2013 a 05:30
Articoli con uscite insensate su Aostaoggi e Aostasera.
Sul primo, il direttore Camilli non fa alcun riferimento alle immagini, incontestabili, di mucche gravide che vanno spinte a forza nel vaccodromo, né a quelle che mostrano come il “testa contro testa” è imposto da uomini armati di bastone.
Camilli non parla del bastone che viene portato e usato nel vaccodromo, ma si lancia nell’insensato accostamento al frustino usato nel Palio di Siena.
Insensato perché i cavalli non sono incinti e perché è normale che un cavallo corra, mentre non lo è il predisporre combattimenti in cui una mucca incinta usa violenza verso un’altra mucca incinta per il diletto del singolare popolo che occupa gradinate costruite proprio per incensare tale specificità che dovrebbe fare da contraltare alla sparizione della specificità francofona in Valle.
Su Aostasera il redattore Riccio non parla delle mucche disinteressate vuoi all’ingresso in vaccodromo vuoi al combattere, nonché del bastone usato contro di loro, ma riferisce ulteriori perle dell’impareggiabile signor Balicco, il quale ricorda che Stoppa non ha riportato nell’articolo spezzoni di interviste a 3 persone variamente collegate all’avvenimento.
Insensatezza somma, perché il servizio vale in quanto mostra cosa è riservato alle mucche in attesa di prole e sono ininfluenti quanto scontate e inutili le parole di micronazionalisti derivanti da “doveri d’ufficio”.
29 dicembre 2013 a 08:35
«sono ininfluenti quanto scontate e inutili le parole di micronazionalisti derivanti da “doveri d’ufficio”»: non poteva essere espressa meglio l’attitudine di un micronazionalista fascio-italiota nei confronti di chi la pensa diversamente.
Non si preoccupi, sig. Borluzzi, c’è una cura: scrivere 100 volte alla lavagna « Je ne suis pas d’accord avec ce que vous dites, mais je me battrai jusqu’à la mort pour que vous ayez le droit de le dire. » (apocrifo, attribuito a Voltaire)
29 dicembre 2013 a 10:14
Che Edoardo Stoppa abbia fatto centro e sia giusto sottolinearlo lo dimostrano i rutti a gogo di monsieur anglophile.
Si sono evidenziati comportamenti negativi verso mucche che portano in loro il dono della vita animale e anglophile non sa dissertare su immagini eloquenti di fronte alle quali non hanno pregio le scontate difese d’ufficio da parte degli organizzatori di un violento quanto innaturale gioco sulla pelle degli animali; monsieur anglophile, che non sa commentare le immagini, si toglie dal lato b, ove svernava, il termine fascio-italiota e cerca di piazzarmelo sul risvolto della giacca.
Puerile, come la citazione paravolteriana che nel contesto c’azzecca meno della senape nel cappuccino ma cui ricorre uno cui sta bene che le mucche con pargolo in pancia vengano maltrattate.
29 dicembre 2013 a 12:10
Di solito, prima di discutere di un argomento, bisogna conoscerlo. Se la bataille des reines riscuote notevole successo anche in Savoia e nel Vallese, forse bisogna porsi il dubbio che questo rito-spettacolo meriti un rispettoso approfondimento anche da parte di chi non andrà mai a vederlo e magari non fa una parola sugli allevamenti intesivi e la mattanza quotidiana di milioni di animali in squallidi mattatoi.
29 dicembre 2013 a 12:36
@Reginadiquadri.
La corrida è associata alla Spagna, ma si svolge anche in Messico più in paesi sudamericani come Colombia, Venezuela e Perù.
Il fatto che un rito satanico sia diffuso in più paesi non significa che diventi angelico.
Il riferimento alle mattanze nei mattatoi è insensato come il riferimento al Palio da parte del direttore di Aostaoggi.
Infatti c’è gente, miliardi di persone, che mangiano cadaveri per nutrirsi; scelta che ha una motivazione, a differenza di quanto si fa nel vaccodromo aostano ove si maltrattano le bestie per puro (anzi: impuro) divertimento.