Dalle liste presenti in gara per le regionali si nota uno sforzo da parte della classe politica di dare a se stessa volti nuovi e nuove energie. Chi più e chi meno hanno presentato candidature espresse dalla società civile. Nelle liste di Alpe e PD-Sinistra Unita molti provengono dall’associazione Valle Virtuosa e dal mondo del volontariato, nella lista del M5s non c’è un politico di professione, ma solo cittadini. Anche nell’UVP sono diverse le candidature fresche, mentre in quelle della maggioranza sia la presenza femminile sia la presenza di giovani si stemperano in proporzione del loro peso politico. A giochi fatti ora dipenderà tutto dall’elettorato. Dalla maturità che saprà esprimere nella scelta, una scelta che mai come ora si è fatta ricca di persone nuove, preparate, desiderose di dare un apporto fondamentale per il cambiamento. Se ci troveremo con una classe politica vecchia e con le solite facce, beh, sarà perché questa sarà stata voluta dagli elettori che avranno preferito il solito e consolidato modo di dare il voto. Certo il politico di professione ha sicuramente più chances del cittadino comune: dato il suo ruolo conosce più elettori e più metodi per ottenere il consenso, per questo mi rivolgo a quella parte di elettorato più consapevole e schifata da un fare che sa più di favore contraccambiato che di autorevolezza, e lo invito a indirizzare il voto verso quei candidati che, seppur novelli in politica, hanno saputo dimostrare capacità e voglia di fare. Con loro in Consiglio potremo avere quella salutare boccata di ossigeno che ci serve per ricominciare.
Archivio per aprile 2013
Una boccata di ossigeno
29 aprile 2013La noia per il XXV Aprile
27 aprile 2013L’Uv nasce nell’Ottobre 1945, ossia quando la Resistenza è ben conclusa. Dal 1943 -1945 la Francia gollista, con ottime e comprensibili ragioni, finanzia bande minoritarie di ispirazione filo-francese e separatista, che spaccano il CLN. Per fortuna, grazie a Federico Chabod e agli anglo-americani che fermano De Gaulle, rimaniamo Italia. Sennò diventavamo un dipartimento francese, retto da un prefetto, niente autonomia per Paperoni e nel 1960 les valdotains potevano fare i guerrieri alpini in Algeria, torturando i fellagha. Essendo andata diversamente, il giovane Viérin (da figlio di Prefetto…) può giocare al guerrigliero scrivendo “merde à l’Italie” sui muri… Disgusto per queste manipolazioni unioniste, che però delineano una strategia culturale: “chi è padrone del passato, disegna il futuro”. Il concetto gramsciano di egemonia culturale, concepito e realizzato dalla Vierin – family per 40 anni, si è estrinsecato in manifestazioni del XXV Aprile così formulate: “oggi la corale Emile Chanoux si esibirà al teatro Emile Chanoux, in piazza Emile Chanoux. Repertorio: canto “in morte di Emile Chanoux”. Alla fine del concerto la fondazione Emile Chanoux distribuirà premi agli studenti delle medie, autori di un tema su “la figura di Emile Chanoux.” La serata sarà allietata da danze in costume del gruppo folkloristico “Emile Chanoux”. Ad ogni spettatore verrà fatto omaggio di una medaglia ricordo con l’effigie di Emile Chanoux”. E mai nessuno a Sinistra, che di morti antifascisti in Vda ne ha avuti moltissimi (Aurora Vuillerminaz, Emile Lexert, Giorgio Elter, Guido Saba, l’ing Pollio Salimbeni ecc…), li ha mandati a defecare sulle ortiche…
Tanta retorica interessata mi disgusta. (roberto mancini)
Lettera aperta a Ingroia
27 aprile 2013Questa che segue è una lettera aperta ad Antonio Ingroia, che dal prossimo 2 maggio potrebbe essere in forza alla Procura di Aosta come sostituto procuratore della Repubblica. Questa lettera sarà effettivamente inoltrata ad Antonio Ingroia nel giro di un paio di giorni. Chiediamo nel frattempo a tutte le persone interessate di sottoscriverla inviandoci una semplice e-mail con il testo «Firmo la lettera aperta ad Antonio Ingroia» e i dati personali (nome e cognome, eventualmente professione). L’indirizzo è quello del blog: levostremissive[chiocciola]autistici.org.
Gentile dottor Ingroia,
comprendiamo le motivazioni che le impediscono di accogliere con entusiasmo il suo trasferimento ad Aosta, terra molto lontana dai luoghi che ama, capoluogo di una regione talmente piccola da ospitare la stessa popolazione di un quartiere di città e presunta isola felice, nella quale non accade mai nulla e la vita scorre lenta, monotona. La realtà, tuttavia, è ben diversa: noi valdostani abbiamo bisogno di un magistrato capace, che non abbia paura di pestare, se necessario, i piedi a qualcuno, che abbia esperienza nel contrasto della criminalità organizzata, capacità da investire e una reputazione da mettere a frutto. La Valle d’Aosta è infatti terra di conquista per la ‘ndrangheta e lo stato dell’infiltrazione mafiosa nel territorio è già avanzato (si veda, in proposito, l’inchiesta del giornalista Roberto Mancini, il cui indice è pubblicato in questo articolo);
La Cogne Acciai Speciali, industria siderurgica incastonata nella valle centrale, è accusata di inquinare al di là dei limiti di legge (si vedano i dati pubblicati da Arpa VdA, QUI e QUI); Le voci di clientelismo e voto di scambio sono estremamente diffuse; Gli sprechi nell’uso del denaro pubblico sono numerosi (un aeroporto sovradimensionato non ancora operativo e una ferrovia storica – il collegamento minerario tra Cogne e Pila, località sopra Aosta – in stato di abbandono e prossima allo smantellamento dopo un costoso restauro sono solo due dei numerosi esempi che si potrebbero fare).
Il senso della presente lettera aperta è dunque esprimere la nostra fiducia nei suoi confronti e la speranza che il suo arrivo susciterebbe nella popolazione locale. Lo facciamo sottoscrivendo questa lettera aperta con la quale, semplicemente, le chiediamo di prendere in considerazione l’idea di accettare il suo trasferimento.
Mario Badino – François Burgay
La bella gioventù!
26 aprile 2013Bentornata a casa
26 aprile 2013Sono tornata da poco dalla Procura con una denuncia di diffamazione a mezzo stampa in saccoccia. La battuta incriminata era stata pubblicata dal Travail nella mia rubrica “L’angolo di Pat”, ecco il testo: “Dice Caveri che Demetra, figlia del pres. dell’UVP, è fidanzata con suo figlio Alexis, argh! Si profila una nuova dinastia.”. La notizia sul fidanzamento era stata data dallo stesso Caveri durante un incontro pubblico per la presentazione del candidato alle politiche, Laurent Viérin http://www.youtube.com/watch?v=C9-GQVR4mCw io semplicemente l’ho ripresa tale e quale e ho aggiunto una ironica previsione. Che non è stata gradita. Sospetto, intuisco, presumo, immagino che la denuncia nei miei confronti e nei confronti del direttore del Travail, Giovanna Zanchi, sia stata fatta dal consigliere regionale progressista Luciano Caveri. Non sono minimamente preoccupata e ho chiesto l’avvocato d’ufficio. Però mi frullano domande a cui chiedo risposta anche da parte vostra. Perché la denuncia arriva solo adesso? E che senso avrebbe quando è evidente che non c’è traccia di diffamazione alcuna? E poi chi diffamerei? Nella storia le dinastie abbondano e a offendersi sono sempre stati coloro che le hanno subite non quelli che le hanno create. E poi mi chiedo che razza di opinione ha il progressista della Procura di Aosta? Che ha tanto tempo da perdere in simili sciocchezze? Sì, perché con i tanti problemi che attanagliano la nostra Regione aggiungere un fascicolo di questa “gravità” sul tavolo del giudice, significa non comprendere il vero ruolo di questa istituzione. Io se fossi in lui mi offenderei tantissimo.
Amianto e bambini
25 aprile 2013Riceviamo dal signor Fabio Molino e volentieri pubblichiamo.
Sono il papà di un bambino che frequenta la scuola materna Corrado Gex. Con altri genitori sono venuto a conoscenza dei lavori di rimozione del tetto in amianto del condominio che si trova in Viale della pace numero 32. Al numero 30 della stessa via c’è appunto la scuola materna dell’Istituzione Einaudi che ospita più di 80 bambini tra i 3 e i 6 anni. I lavori sono stati effettuati nelle giornate di lunedì 15 e martedì 16 aprile da una ditta specializzata e l’unica comunicazione che mi risulta essere stata effettuata, a parte quelle amministrative di rito, consiste in un foglietto attaccato con lo scotch alla parete che si trova a fianco del cancello di ingresso della scuola. Il foglio comunicava la realizzazione dei lavori e suggeriva la chiusura delle finestre negli orari in cui venivano effettuati i lavori di rimozione per ovvi e riconosciuti rischi alla salute. Proprio quel giorno in Valle scoppiava la primavera e mio figlio, insieme ad altri bambini, giocava nel prato della scuola materna a pochi metri di distanza dal luogo dei lavori per tutto il pomeriggio. Questo accadeva anche il giorno seguente. Gli inquilini del palazzo di fronte, anche essi ignari di ciò che stava accadendo, mi confermano che sul tetto lavoravano operai opportunamente protetti da tuta e maschere. Oggi, 17 aprile alle 15.30, ho visto partire da Viale della pace un camion adibito a trasporti speciali con sopra le lastre di eternit impacchettate e sigillate con un nastro con su scritto “attenzione contiene amianto”. Questi i fatti. Personalmente ritengo che sarebbe stato opportuno avvertire formalmente – senza allarmare – la scuola e gli abitanti dei palazzi adiacenti. Mi chiedo però chi avrebbe dovuto garantire questo elementare principio di salute pubblica?
Conclusione (?)
24 aprile 2013Quello che emerge dai documenti presentati dal giornalista, Roberto Mancini, è un quadro inquietante dentro al quale la macchia della criminalità organizzata occupa uno spazio rilevante. Un fenonemo che è germogliato più di trent’anni fa e che ha continuato a crescere, grazie a una politica compiacente, fino a diventare un albero robusto. La mafia, la camorra, la ‘ndrangheta hanno bisogno di appigli politici per prosperare: il denaro pubblico è un’attrattiva irresistibile e poi è “pulito”. Se i Raso, i Facchineri… avessero trovato una Regione sana, moralmente forte, economicamente sicura e politicamente onesta, non avrebbero messo le loro radici o, se avessero tentato di farlo, sarebbero state estirpate subito. Non è andata così. Il clan dei calabresi ha portato voti e garantito le poltrone, in cambio ha ricevuto appalti, appaltini, favori e assunzioni. Un clientelismo diventato sistema e che ha sconfinato in tutti i settori della nostra società. Un intreccio che strangola la nostra economia, la nostra cultura, il nostro senso morale. Siamo di fatto una società marcia. Opaca e priva di gioia. Qualche segnale di vita sotto alle ceneri è rimasto. Vediamo se a maggio quel debole calore riuscirà a trasformarsi in un fuoco purificatore.
La ‘ndrangheta made VdA (8° puntata)
23 aprile 2013Salta fuori l’Operazione Lenzuolo del 1999.
Dalla lettura delle motivazioni della sentenza Tempus venit, emerge una notizia clamorosa: già tre pentiti di ndrangheta , alla fine degli anni 90, avevano rivelato la presenza di un’organizzazione ndranghetista in Vda. Si tratta di Francesco Fonti, Salvatore Caruso e Annunziato Raso. Ecco le loro dichiarazioni.
Francesco Fonti: “sono arrivato a Torino nell’anno 1971 e da subito, ho saputo che in Valle d’Aosta vi era un Locale
attivo. ( Il “Locale” è la struttura di base della ‘ndrangheta che sorge in un determinato paese, allorché si supera il numero minimo di 49 affiliati a qualunque “copiata” a cui appartengono (per copiata si intende il nome di uno dei responsabili del Locale a cui i picciotti fanno riferimento. Tale nominativo viene comunicato all’affiliato dopo la cerimonia di affiliazione detto battesimo). Allorquando si forma un Locale si deve dare notizia alla “mamma” di San Luca, da dove viene inviato un rappresentante il quale organizza la riunione del Locale alla presenza di tutti gli affiliati di quel paese. Nel corso della riunione viene nominato il Capo Bastone, il Contabile ed il Crimine ndr).
Continua Fonti: “Responsabile del Locale di Aosta era tale Pansera Santo (deceduto ad Aosta il 2 Aprile 2003 per cause naturali, ndr), proprietario di un autolavaggio in Aosta e da noi ‘ndranghetisti veniva identificato come “Compare Santo»; dal Locale di Aosta dipendeva a sua volta il sottolocale di Ivrea. Questo sottolocale era gestito dalla famiglia Forgione; Fonti riferiva inoltre: “…l’attività principale del locale di Aosta erano le estorsioni a imprenditori e la droga”.
Salvatore Caruso: “ per che ne so io, già dall’88 di sicuro, perché ero in carcere in Valle d’Aosta e già lì mi avevano detto che attivavano, perché c’erano degli ‘ndranghetisti calabresi a Brissogne e hanno detto che attivavano lì ad Aosta”.
Il termine “attivare” significa operare, essere operativi.
Annunziato Raso: “non so se effettivamente in Valle d’Aosta sia attivo un Locale della ‘ndrangheta, ma comunque essendoci in Valle una forte comunità calabrese, è sicuramente probabile che esistano delle persone referenti della ‘ndrangheta per la Calabria. Infatti è sicuramente improbabile che qualsiasi comunità calabrese, intesa come criminale, tronchi i collegamenti con la terra d’origine. Infatti tanto più sono ampie le conoscenze e le amicizie, per qualunque Capo, tanto più ampio è il suo potere”.
Per queste ragioni a partire dal mese di novembre 1999 il Nucleo Investigativo del Reparto Operativo dei CC della Valle d’Aosta eseguiva indagini per verificare l’esistenza di un “Locale” della ‘ndrangheta operante in Valle d’Aosta. I rapporti degli inquirenti avevano consentito di ipotizzare con una certa sicurezza che la famiglia della ‘ndrangheta egemone in Valle d’Aosta era quella dei Facchineri, che contava sulla presenza di “parenti e sicuri fiancheggiatori residenti in Valle d’Aosta da molti anni e quindi ben inseriti nella comunità valdostana”. Al termine dell’inchiesta giudiziaria, denominata “Lenzuolo”, venivano deferite 16 persone perché ritenute responsabili di aver creato in Valle d’Aosta un’associazione per delinquere di stampo mafioso con le caratteristiche gerarchiche tipiche dell’organizzazione criminale calabrese. L’indagine veniva svolta dal pm Francesco Mollace, della DDA di Reggio Calabria. La competenza della procura calabrese derivava dalla convinzione che la struttura criminale, per le sue caratteristiche di “Locale di servizio” fosse una promanazione delle cosche operanti in Calabria. Il G.I.P di Reggio Calabria tuttavia si dichiarava non competente, trasferendo il procedimento Penale alla Procura della Repubblica di Torino , presso la DDA (Direzione Distrettuale Antimafia).
Il GIP del Tribunale di Torino disponeva però l’archiviazione dell’indagine, non ritenendo provato il reato-fine dell’associazione.
La ‘ndrangheta made VdA (6° puntata)
21 aprile 2013Le motivazioni della sentenza Tempus Venit del giudice Federica Bompieri pongono anche una domanda, finora rimasta senza risposta in quanto le indagini sono ancora in corso: esiste un eventuale nesso fra il barbaro omicidio di Salvatore Raso in Calabria e l’estorsione che avviene in Valle d’Aosta ai danni di Tropiano?
Che la partita si giocasse anche in Calabria e a San Giorgio Morgeto lo dimostrano i colpi di fucile indirizzati il 20 agosto 2011 contro le finestre della casa di Maria Giovinazzo, cognata di Giuseppe Tropiano in quanto moglie del fratello Salvatore. Alcuni brani delle tre lettere estorsive che giungono a Giuseppe Tropiano a firma “avvocato Silente”, sono illuminanti rispetto al conflitto in atto: le minacce riguardano non solo i Tropiano, ma pure eventuali “mediatori”.
“Badate bene che se pensate di rivolgervi o di essere protetti da qualche mammasantissima vi sbagliate e di molto” (datata 18 maggio 2011). “Cerchi di non fare lo stronzo o l’infame, non dia ascolto a qualcuno dei suoi compari più stretti, perché le stanno dando cattivi consigli. I pallettoni quando arrivano non chiedono permesso a nessuno, chiaro il concetto? A lei sta a portare il valore della sua esistenza all’equivalente di due sigarette Malboro” (non arriva via posta, ma viene messa insieme a due cartucce nella macchina di un fratello di Giuseppe durante la festa dei calabresi nel luglio 2011). “Dovete fare molta attenzione perché può capitarvi qualche gravissimo incidente. Inoltre sarebbe bene che ti preoccupi seriamente dei tuoi famigliari anziché dei tuoi cantieri e di tutti i tuoi mezzi di lavoro. E non continuare a consultarti con persone che pensi ti possano risolvere la questione perché non possono risolvere nulla in quanto per noi è una questione di principio (…). Noi abbiamo molto tempo e tante persone calabresi che sorvegliano te (…) A noi non interessa se paghi i tuoi amici calabresi Raso e compagni” ( è del 6 dicembre 2011, spedita per posta e intercettata dagli investigatori).
La sentenza spiega minuziosamente che l’affermazione “Abbiamo moltissimo tempo” indica che l’obiettivo dei Facchineri non è semplicemente quello di fare sporadiche operazioni criminali a fini di lucro. I Facchineri insomma mirano più in alto. Posto che le vittime delle tentate estorsioni (Tropiano e Monteleone) sono personaggi al massimo livello dell’imprenditoria valdostana è chiaro che l’infiltrazione nel tessuno economico e imprenditoriale della Regione poteva fruttuosamente prendere piede. La conclusione del giudice è che gli obiettivi dei Facchineri sono: “Rivendicare una posizione di supremazia sui Raso in Valle d’Aosta come a San Giorgio a Morgeto e dintorni, da un lato, dall’altro, senza faticare in proprio, inserirsi nei lucrosi affari dei calabresi che avevano fatto fortuna in Valle d’Aosta: due finalità che andavano ben oltre l’occasionale arricchimento ricavabile dalle due estorsioni per le quali si procede”.
Insomma i Facchineri hanno un duplice obiettivo: in Calabria imporsi sui Raso e in Valle d’Aosta, dimostrando l’insufficiente protezione accordata dai Raso, inserirsi negli affari locali.
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