Che fare?
Se in superficie ancora non si avverte, sotto la crosta del quotidiano la campagna per le regionali è tutta un bollore. Accordi, incontri carbonari, promesse, doppi giochi… la politica più tradizionale offre il meglio di sé. Personalmente non sono neppure arrivata alla frutta che già i conati turbano il mio delicato equilibrio gastrointestinale. Che razza di campagna elettorale potrò mai affrontare, se non c’è uno straccio di obiettivo che mi stimoli? Mandare all’opposizione Rollandin e questa orrenda maggioranza, è un ottimo traguardo da raggiungere, ma per sostituirli con il clan dei Viérin? Togliere un accentratore per metterne in piedi un altro? Un sistema di clientele che rimpiazza un altro sistema di clientele? Scambiare una Union con un’altra? No, grazie non mi interessa. Eppure le alleanze saranno necessarie: la democrazia si fa con le somme. Quindi parrebbe inevitabile una intesa fra le componenti dell’Alleanza autonomista progressista e l’UVP, intesa che seppellirebbe la componente più a sinistra dell’Alleanza così come Alpe, a suo tempo, ha sepolto la sua componente verde e urbana (VdAvive). Il PD rimarrebbe stritolato fra le due ali dell’integralismo unionista. Può un quadretto simile sollecitare la mia naturale propensione alla partecipazione attiva? No, non può. Mancano le prospettive. Perché non può essere una prospettiva la vittoria di un clan unionista su un altro clan unionista. Roba da villaggio tribale. Rimane il M5s, che però si tiene fuori. Non farà alleanze con nessuno. Voterà a favore o a sfavore. Controllerà chi si è già fatto astuto. La sua presenza sarà necessaria, ma non cambierà la sostanza: quella starà in mano ai soliti.
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8 marzo 2013 a 18:51
Desolante, ma è così.
L’autonomia è una gabbia dorata, che tiene fuori qualunque novità.
Peccato che Severino Caveri sia morto, sarebbe stato un buon rinnovamento…
8 marzo 2013 a 19:14
la vera novità è che il sistema collasserà in quanto roma con i nuovi equilibri che si stanno delineando non sgancerà piu soldi alla vallèe….e senza soldi il consenso crollerà…
E FINITA è SOLO QUESTIONE DI POCO TEMPO
8 marzo 2013 a 19:57
Io sono meno sconsolato ed ecco il perchè, anche se nessuno qui commenterà e generalmente neppure focalizzerà i miei concetti.
Giustamente Patuasia indica il PD come stritolato tra le due ali dell’integralismo unionista fuoriuscito con cui limonerà per opporsi all’integralismo sommo rossonero.
Ma considero il Consiglio regionale, quello dalle incombenze stabilite dall’attuale Statuto, una causa persa (uno dei miei figli comunque si candiderà in una lista “leale” verso i valori della libertà), utile solo per i temi a breve respiro.
Il mio buon umore deriva dal fatto che ho collaborato per la costituzione, che ha avuto esito positivo, di un team dell’Italia di frontiera (con persone di Trentino, Alto Adige, Friuli e francobollo valdostano) che congiuntamente opererà quale punto di raccordo tra la propria zona e il Parlamento in virtù dell’oggettività dell’agire, caratteristica ovviamente sconosciuta ai due eletti in Valle, portavoce delle sole fisime unioniste che smaschereremo nelle sedi utili e con i parlamentari che ci appoggeranno.
Non riconosco ai due eletti in Valle alcuna rappresentanza per la loro partigianeria; hanno già sbroccato vaneggiando sul “principio dell’intesa” al fine, puerile, di far negare da un Consiglio regionale complessivamente servile l’ok a proposte di modifiche statutarie avanzate dallo Stato in linea con valori costituzionali che manco afferrano ma in contrasto con gli interessi della loro tribale bottega.
La regione entrerà nell’evo moderno, spazzaturando le balle della Valle, con uno Statuto rivisitato che, oltre a garantire libertà fondamentali ai residenti, minerà alla base i presupposti esistenziali dell’integralismo delle 3UV3 oggi esistenti.
Una conferenza stampa a Bolzano evidenzierà il progetto nel suo insieme e a giorni un comunicato diffuso in Valle chiarirà i contorni valdostani dell’operazione.
La Valle si cambia a Roma adeguando in primis lo Statuto regionale al fluire del tempo dal 1948 a oggi.
8 marzo 2013 a 20:34
Dopo queste brutte elezioni facevo alcune considerazioni.
Siamo numericamente una microcomunità di poco più di centomila persone, una medio-piccola cittadina di provincia, un quartiere di una città di medio-grandi dimensioni. La storia, bene o male, ci ha assicurato il rango di regione e ci ha concesso, anche qui bene o male, uno statuto particolare.
Questa microcomunità è tutt’altro che omogenea, è frazionata in 74 microcomuni e 8 microcomunità montane.
Questa microcomunità è rappresentata da un Consiglio regionale di ben 35 consiglieri, il che significa, a spanne, 1 consigliere ogni 2 microcomuni o poco più.
In una microcomunità così piccola ci si conosce quasi tutti, e in particolare si conoscono più o meno personalmente tutti coloro che si occupano di politica o bramano di occuparsene.
Se in qualsiasi comunità, piccola o grande, ci sarà sempre una % che vota guardando al suo tornaconto personale (favore, raccomandazione, posto di lavoro, incarico, ecc.), in una microcomunità questa % tenderà ad aumentare proporzionalmente o addirittura esponenzialmente. Nella nostra microcomunità questa %, che non saprei quantificare, è pertanto altissima.
Nei confronti di questi votanti non c’è opinione o voto di opinione che tenga: voterà UV o UVP a seconda delle convenienze del momento, ma di là non si discosterà.
Questa microcomunità ha inoltre la sua ragion d’essere, perché rappresenta, nel bene o nel paese, un gruppo etnico definito “valdostano”. Non entro nel merito.
Gli autoctoni, che più di altri si sentono valdostani, hanno difficoltà a votare partiti a base nazionale, a prescindere. Continueranno a votare un movimento locale, salvo poche eccezioni.
Gli immigrati meridionali del dopoguerra, dopo un primo accasamento, per opportunismo, presso il PCI e il PSI, si sono adeguati e hanno traslocato presso i partiti regionali.
Chi rimane? I pochi italiani che non si sentono valdostani e i pochi che hanno in mente un partito e un voto di opinione che non si limiti alla “valdostanità”.
Sono e saranno sempre una minoranza. Le ultime elezioni lo dimostrano. Una minoranza che, se vuole entrare nella stanza dei bottoni, deve sottostare ai voleri dei partiti locali, i quali non conoscono movimenti di opinioni di sorta (al momento). Gli exDS e ora il PdL lo sanno bene.
Nulla sembra poter essere in grado di modificare questa situazione di fatto, come hanno dimostrato queste ultime elezioni.
Ben vengano quindi alcuni grillini. Forse potranno tenere d’occhio le future maggioranze ed evitare troppi scandali e troppi sprechi.
Spero di essere stato sufficientemente chiaro e non troppo confusionario.
11 marzo 2013 a 03:18
Come al solito le scelte future si faranno altrove e se la Valle e la sua autonomia avranno un qualche valore di scambio a livello nazionale allora qualcosa rimarrà. Ma mi pare che a livello nazionale tiri un vento ben diverso, che potrebbe soffiare così forte da spazzar via molte cose. Prendiamo atto, che ci piaccia o no, che queste elezioni politiche anticipano cambiamenti comunque dirompenti. Nessuno può ora dire quel che domani avverrà, ma non si tornerà indietro e lo tsunami annunciato, ora si sta alzando ed avanzando e potrebbe risalire fino alle ultime valli alpine.
Se ben ricordo lo tsunami precedente fu quello che, chiamato mani pulite, travolse la storica presenza dei partiti post resistenza (dc, pci, psi e compagnia bella). Molti andarono a casa, qualcuno in prigione qualche altro in esilio, poi però vennero ricomposte le fila e i figliocci ed amici, eredi, tornarono a regnare sotto altre sigle (forza italia poi pdl, udc, an, pd, ecc.) e novità assoluta per il nord, la lega, che doveva rinnovare chissà cosa ed essere il nuovo faro delle autonomie. Abbiamo così assistito ad un film durato 20 anni.
Ma L’Isola Felice sembra che in questo film non abbia fatto nemmeno la comparsa.
Sembrano 20 anni saltati, forse perchè mani pulite non vi è mai passata. In cui, le logiche rimaste intatte, sono quelle vecchie nazionaldemocristiane, in cui il partito unico conteneva in sè maggioranza ed opposizione e i partitini alleati sopravvivevano nell’eterno ruolo di opposizione, spesso compartecipi a vari livelli. E in quest’Isola nemmeno la lega ha attecchito, primo perchè lo slogan di padroni a casa nostra, ovvero teniamoci tutti i nostri soldi, era in vigore da sempre (come possono dire i valdostani : Roma Ladrona?). Secondo perchè non c’era bisogno del partito leghista a sostituire chi già da decenni ha agito da leghista (autonomia degli interessi e degli affari).
Lo tsunami nazionale mi sa che qui non è ancora stato ben capito, perchè una certa sopravvivenza felice persiste, ben diverso da quel che succede nella pianura e nelle altre regioni.
Ma è quel che succede spesso nelle lontane province dal regno italico, e ce ne sono diverse in Italia, dove comunque le novità e i cambiamenti arrivano in ritardo, a volte ovattati e a volte nemmeno arrivano.
E le elezioni politiche valdostane lo hanno dimostrato. A vincere, per ora, sono stati coloro che, emersi dopo anni di silenzioso consenso e compartecipazione, cercano di sbalzare dalle poltrone i vecchi amici (un ricambio forse generazionale tutto interno al sistema di potere locale). Una opposizione di centro sinistra in difficoltà ad essere creduta, per tutto quello che non ha mai fatto. E nemmeno le avanguardie locali dello tsunami in atto (i 5Stelle), hanno saputo cogliere ed essere riferimento nella Valle, forti di una immagine nazionale, però deboli e rinchiusi nel loro piccolo protagonismo locale.
Ma è bastato l’incidente del referendum a dimostrare che comunque una coscienza civile, seppur disattivata, permane in molte persone. Peccato che la primavera di questa coscienza civile sia così in ritardo e non faccia esplodere, ora che ce ne sarebbe bisogno, una stagione tutta nuova.