Calabria=Valle d’Aosta
Il sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Mario Andrigo, così ha affermato: ” il problema che si vive in Calabria non e’ tanto il controllo diretto della ‘ndrangheta sulla politica, quanto il fatto che la politica sia interamente vissuta come un modello per trovare un’occupazione e per accedere a un sistema di crescita progressiva che si realizza portando più voti di altri a un determinato candidato. In questo modo non si tutela solo il proprio interesse, ma anche quello di amici e parenti, creando un vero e proprio sistema di clientela. Infiltrazioni e collusioni delle cosche, in assenza di questo sostrato, probabilmente non sarebbero cosi’ gravi”. Adesso vi chiedo: questo modo di interpretare la politica si può circoscrivere solo alla Calabria? I nostri politici valdostani non hanno forse ben sistemato la loro parentela e i loro amici? E la meritocrazia non si misura anche qui dal pacchetto di voti che si possiede e che viene ceduto di volta in volta a questo o a quel tale candidato in misura di quello che si otterrà a candidatura avvenuta?
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18 ottobre 2011 a 12:40
= UV
18 ottobre 2011 a 13:07
Tutto il mondo è paese, eh?
18 ottobre 2011 a 14:51
No, è che, essendo piccola la nostra regione, per forza si è parenti o amici di questo o quello, solo coincidenze…
18 ottobre 2011 a 15:08
In VDA c’è un clientelismo che fa paura e non perchè siamo piccoli, ma perchè siamo in Italia!
18 ottobre 2011 a 21:20
Qui si è più fini della ‘ndrangheta e della mafia, non c’è bisogno di sporcare le strade e i marciapiedi col sangue. Bastano due telefonate a chi di dovere e si è tagliati fuori dal lavoro, due chiacchere al bar tra “amici” e la piccola comunità in cui si è vissuto ti emargina, un piacere fatto a qualcuno di importante per sistemare il figlio da qualche parte. Sarà per non pensare troppo a queste realtà che i valdostani (quelli che non bevono) si danno allo sport e ai viaggi esotici.
19 ottobre 2011 a 08:40
bruno courthoud dice: = UV. Aggiungo, allargandomi: = modello berlusconiano. In circa un ventennio Berlusconi ha fatto dell’Italia uno stato-mercato. Egli è interprete, servo-fedele, della globalizzazione capitalistica. Ha, infatti, asservito la politica al mercato e alla speculazione finanziaria. Le sue vicende personali ce lo raccontano. Non c’è giorno che passi sotto silenzio la sua ossessione di spezzare i vincoli delle regole costituzionali e non, nonché di umiliare i diritti dei lavoratori e dei giovani e della scuola e della ricerca, dei simboli stessi dell’unità nazionale e del patto sociale che ha fatto potente la nazione (o una parte di essa: la Calabria infatti ne è esclusa) sorta dalla resistenza. Ha consentito e consente ogni forma di deregulation (“con la mafia bisogna convivere”), da buon alleato e propugnatore dell’economia canaglia (vedi in Economia Canaglia di Loretta Napoleoni), il cui modello più calzante e dirompente per gli onesti è proprio quello della ‘ndrangheta, a cui si riferisce il procuratore della DDA di Reggio Calabria, Mario Andrigo.
Stiamo vivendo una rivoluzione strisciante, tentacolare, silenziosa, che porterà queste forze oscure (P2 P3 P4…) a condizionare al cento per cento la politica delle regole pensate dai padri costituenti e, a quel punto, saremo tutti asserviti alle mafie. Non votare Berlusconi e il PDL è perciò diventato imperativo categorico, un obbligo morale. Solo che l’etica in economia è come l’acqua santa all’inferno. E non basta per esorcizzare questo impero del Male. La Sinistra attuale solo in parte ha letto la situazione e non sa come uscirne, perché non è veramente in grado di guardare negli occhi l’avversario, che ha dalla sua il pratico egoismo pagano delle palanche ad ogni costo, che è poi la filosofia guida della ‘ndrangheta. Donde il parallelismo calzante.
La solidarietà, pilastro della costituzione, è lettera morta nelle coscienze. Non dico la solidarietà imparentata con l’elemosina, ma quella che cementa la società, il patto sociale tra uguali. Questa è pensosa del welfare, vede nei giovani il ricambio imprescindibile per la ripresa economica e nel precariato una piaga sociale che a cascata produce solo malessere e distorsioni in ogni campo del costume, della creatività, dell’occupazione. La solidarietà è democrazia, è rispetto delle regole, è difesa dagli individualismi sfrenati e dalla filosofia del nichilismo.
Ahinoi!
carlo beneduci, http://karolusadest.wordpress.com
19 ottobre 2011 a 10:20
Condivido integralmente: “mal faire et laissez dire”, per dirla in stile UV.