Rencontres del quarto tipo


In neolingua l’assessore alla Cultura, Laurent Viérin, spiega, dall’opuscolo informativo, l’importanza della conservazione del patois. Di tutte le forme del patois. Di tutte le varietà del patois. Di tutta quella diversità linguistica che caratterizza la nostra comunità. Lo afferma con una lingua studiata a tavolino da ben pagati esperti. Espressione ufficiale che non parla e mai parlerà nessuno. Il giovane assessore era ancora un bambino quando l’operazione neolingua è cominciata non credo, quindi, siano da attribuirsi a lui le sciocchezze commesse. Ma il giovane assessore potrebbe dire la sua in merito a questa colossale bufala, nonché palese contraddizione. Bufala, perché nessuno userà la neolingua in quanto non di origine materna, piuttosto di provenienza matrigna. Contraddizione, perché l’operazione va esattamente nella direzione opposta di quella dichiarata e cioè la conservazione della diversità.

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19 commenti su “Rencontres del quarto tipo”

  1. marburg Says:

    Mi chiedo proprio cosa capisce del neo-patuà un piccolo ayassin o un bimbo della bassa valle…

  2. bruno courthoud Says:

    Due esempi per tutti.
    Per dire “sì”, si adoperano, nel francoprovenzale ancora in uso in valle d’aosta, due termini tra di loro inconciliabili ed incompatibili: “oi” e “ué”, i quali delimitano due aree aventi origini linguistiche del tutto diverse: il confine tra le due aree (area est ed area ovest della valle, tanto per dare un’indicazione sommaria) è situata immediatamente a valle di aosta, grossomodo tra nus e chambave, dove prendeva il suo via la cosiddetta “via dei lombardi” e/o “via di alemagna”.
    Se ne usano addirittura tre per dire “mirtillo”, anch’essi tra di loro inconciliabili ed incompatibili e nessuno dei tre di origine latina: “bruaco” (area est approssimativamente), “lufie” (area ovest approssimativamente), “ambrocalle” (un cuneo centrale che si inserisce tra le due aree precedenti). Insomma, una manna per un linguista serio, o meglio per un archeologo della parola. Come la mettiamo con l’orrenda, antistorica ed innaturale neolingua?
    Come hanno battezzato o battezzeranno il mirtillo nella neolingua?
    E l’elenco potrebbe continuare a lungo, trascurando le sfumature tra una località e l’altra.

  3. michelchamen Says:

    la neolingua non definisce un nome comune…definisce solo il modo in cui scriverlo.

  4. bruno courthoud Says:

    a che pro?

  5. giancarlo borluzzi Says:

    Immaginiamo una persona con una grave malattia che causa vari sintomi, evidenti al primo sguardo.
    Si può facilmente discutere sui sintomi, ma è indubbio che la salute può ritornare solo agendo per guarire dalla malattia a monte.
    Nel caso valdostano, è perfetta l’analisi di Patuasia sulle degenerazioni dialettali, ma è il focalizzarsi su un sintomo.
    Io sono portato a guardare in primis la malattia, nella fattispecie un micronazionalismo regionalista (nel 1948 l’UV scrisse di puntare alla sovranità della Valle e nel 2011 tale suo punto statutario permane immodificato) che si nutre anche di amenità/sintomi quale la contorsionistica deformazione del dialetto usato da qualche residente.
    Presenterò alla Corte dei Conti un esposto affinchè vengano valutate iniziative (tipo quella qui indicata, che a me pare un tentativo di indottrinamento di bambini a fine partitico, fine presente con altre caratteristiche anche nel cosiddetto festival dei popoli minoritari, ove la forzatura partitica è manifesta a chi non vuole aprioristicamente bendarsi gli occhi) assolutamente partigiane che vanno finanziate dal partito che le promuove e non dalle tasse di tutti.
    Questo è un modo per combattere la malattia senza soffermarsi a discutere dei sintomi, fatto che è meglio di nulla ma resta accademia.

  6. unoqualunque Says:

    Borluzzi, già tornato?

  7. Bisker One Says:

    Ehi, ci stiamo dimenticando “tartifle” e “trifolle”…

  8. bruno courthoud Says:

    i guai cominciano quando i cosiddetti popoli “minoritari” diventano “maggioritari” …

  9. patuasia Says:

    Qualsiasi azione svolta da un partito ha fini elettorali, lo vediamo in campo nazionale con la manovra che non va da nessuna parte perché nessuno vuole pregiudicarsi il proprio elettorato, alla faccia della tanto decantata responsabilità nazionale. Anche la cultura è vista in quest’ottica e ha ragione il signor Borluzzi a dire che il patois è strumentale all’Union, ma qui nasce il nostro diverbio. Per me è l’Union il nemico da combattere e il suo rendere partitica una lingua, non il patois in sé. (Gli altri partiti glielo hanno permesso!). E che, in quanto parte importante di una cultura, ha tutte le ragioni di esistere.

  10. giancarlo borluzzi Says:

    Ok, Patuasia, ciascuno parli la lingua o il dialetto che vuole.

    Però nessuno finga patrimonio collettivo ciò che è gradito solo a qualcuno e non utilizzi, con la copertura di un Consiglio regionale addomesticato, il denaro pubblico per manifestazioni smaccatamente di parte.

    Leggo poi, su un lancio Ansa di oggi, che tra i popoli minoritari festeggianti in Valle nei prossimi giorni ci sarebbero pure i “friulani”: i miei avi fino a memoria di famiglia sono tutti friulani della stessa zona a nord di Udine verso l’Austria, conosco alla perfezione il friulano, fui pure nel direttivo del Fogolar Furlan della vda di cui ho disegnato l’attuale simbolo, ma….. per non essere scurrile mi limito a dire che il riferimento ai friulani fatto nella conferenza stampa di stamani c’azzecca quanto i cavoli nell’impianto di raffreddamento del motore di un’automobile.

  11. maicol Says:

    al solo pensiero di una rencontre des petits patoisands mi sale la nausea … tra l’inculcare e il mistificare.

  12. bruno courthoud Says:

    in valle, da tempo ormai quasi immemorabile, non si muove foglia che l’UV non voglia, naturalmente con soldi pubblici e complicità varie. E all’orizzonte, nulla o poco di nuovo. Per quanto riguarda la cultura, è latitante da altrettanto tempo (per lo meno).

  13. maicol Says:

    pardon patoisanTs!

  14. maicol Says:

    petits … si scriverà picciù o piciu? 😉

  15. libero Says:

    Che l’Union valdotaine investa denaro pubblico per operazioni culturali di regime è vergognoso che nessun partito dica la sua al riguardo è ancora peggio. Significa che sono tutti dipendenti dall’Union nell’attesa di una sua auspicata benedizione. Io non voterò mai più!

  16. bruno courthoud Says:

    Nel periodo fascista si chiamava Minculpop (ministero per la cultura popolare). Le sue funzioni qui in valle sono state successivamente delegate all’UV.

  17. marburg Says:

    @ michelchamen: sarà pure come dci tu, ma è linguisticamente una bestemmia! Perché l’inglese si scrive così? Non potrebbero scriverlo come si pronuncia?
    @ maicol: si dice patuasans !!

  18. michelchamen Says:

    ma io sono contrario infatti a questo nuovo patois…Meno male che non ci dice come dobbiamo parlare…..

  19. maicol Says:

    @marburg sui cartelloni però c’è scritto patoisants (micatusanti?) … vedete cosa succede a voler codificare una lingua orale che tale dovrebbe restare.


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