Identità in saldo


Particolare di un'opera di Guido Diemoz - Archivio Patuasia

La Fiera di sant’Orso estiva è figlia minore di quella invernale, ma vale sempre la pena fare un giro per scoprire o riscoprire qualcosa di buono. Vi lascio in compagnia delle immagini delle sculture che mi hanno attratta, vuoi per i soggetti insoliti, vuoi per il virtuosismo, vuoi per la capacità di emozionare… . Purtroppo alcune opere importanti, come quella di Diemoz, saranno collocate in case private e quindi negate alla vista dei più; per una Regione che si dice legata alla tradizione e alla cultura del territorio, è sicuramente una perdita. Le sculture di Diemoz sono infatti delle testimonianze a tuttotondo di una vita contadina che resiste solo in parte, acquistarle per collocarle in un museo pubblico sarebbe quindi doveroso. Una salvaguardia molto più significativa e coerente con il principio nostrano di restitution di  quella adoperata per la scuoletta di musica di un tal Mogol.

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4 commenti su “Identità in saldo”

  1. bruno courthoud Says:

    Bella opera: immagine di un mondo ormai defunto.
    A proposito del mondo contadino ormai defunto, della sua cultura, di mal intesa “restitution” (ma che cavolo intendono? forse la realizzazione del mostro di Saint Martin de Corléans?), di esempi invece di devastazione e di scempio di modesti, ma significativi, “segni dei tempi”, che sono stati distrutti per sempre (e proprio da chi avrebbe dovuto conservarli) e che pertanto non ci sarà restitution che tenga, mi sia lecito citare alcuni semplici casi che conosco e che dimostrano la scarsa, per non dire nulla affezione che invece portiamo per questi segni modesti che riempiono il nostro territorio, ma che quotidianamente, come nuovi attila o unni, distruggiamo senza pietà e senza rimorso. Mi scuso se gli esempi citati non sono recentissimi, ma credo che siano più che mai d’attualità, in quanto la mentalità dei tempi non è affatto cambiata.
    Nella seconda metà del settecento furono individuati i confini delle nuove unità amministrative, i comuni. I luoghi di confine, con lavoro paziente e certosino, furono incisi nella pietra, a futura memoria, e ne rimangono tracce un po’ dappertutto, conosciute a non molti. Alcuni furono impietosamente distrutti, senza motivo e senza giustificazione, sacrificati all’altare di un malinteso progresso o di diffuso disinteresse.
    Il confine tra il comune di Introd e Rhemes-Saint-Georges era inciso, su di un roccione piatto, lungo la vecchia strada di Clarence. In occasione di un inutile allargamento di detta strada negli anni 70/80, la ditta che eseguiva i lavori, pur avvertita, non ebbe pietà e il pietrone scomparve. Sembra che durante i lavori la ditta, autorizzata o meno, abbia fatto incetta di pietrame su terreni privati, da una parte e dall’altra della strada, per utilizzarlo successivamente a scopo privato. Un oratorio che accompagnava i passanti, posto ai bordi della medesima, ora giace abbandonato e in rovina a valle della strada medesima, tra rovi e sterpaglie, nascosto alla vista.
    Analoga fine è toccata all’enorme “pietra miliare”, lungo l’attuale strada regionale, che separava i comuni di Rhemes-Saint-Georges e Rhemes-Notre-Dame. Essa è sparita durante i lavori di costruzione della galleria di Money, negli anni 80. Eppure sembra che la ditta si fosse impegnata a rimetterla lì dove essa stava. Analoga fine ha fatto l’oratorio in località Money, in occasione, qualche anno fa, di alcuni lavori. Sembra che la ditta avesse bisogno di pietre.
    Devo continuare? Per limitarmi a questa valle, sono spariti, durante i lavori di allargamento e sistemazione della strada regionale, gli oratori di Solomon e di Proussaz. Sempre in località Proussaz, sono spariti il roccione che ricordava, con la sua scritta, i lavori eseguiti nel lontano settecento e nella medesima località il ricordo di una valanga che uccise, sempre nel settecento, diversi pastorelli.
    Mi fermo. Aggiungo solo che questi vandalismi sono stati perpetrati dall’ente pubblico e che la conservazione di queste testimonianze storiche non sarebbe costata praticamente nulla, solo un po’ di attenzione alla storia, al nostro tanto decantato passato. O, alla faccia di qualsiasi dispendiosa “restitution”, siamo prima di tutto dei vandali?

  2. Schopenhauer Says:

    Eh Bruno, lo sappiamo bene io e te e molti altri che non osano “esporsi” di quali porcate si rende responsabile chi dovrebbe CONSERVARE i beni culturali e l’ambiente, e lo fanno scientemente, non inconsapevolmente o per distrazione, sia ben chiaro. Sugli esempi, ci sarebbe da scrivere un’enciclopedia. Magari un giorno si potrebbe porvi mano, che ne dici? e poi c’è un altro fenomeno che molti conoscono e su cui sghignazzano: quello delle ditte edili che lavorando nel settore si portano a casa reperti archeologici per ficcarli in cantina, montanti e architravi in pietra di finestre quattrocentesche, per piazzarli nei muri nelle loro insulse ville, macine da mulino per cacciarvi sopra assurdi vasi di fiori e così via. si sa, si sa bene ma tutti tacciono e sghignazzano. così come si sa chi sono i bracconieri in valle, ma anche qui nessuna denuncia ma solo grandi inchini e favori a bizzeffe. quando per caso qualcuno viene beccato dai pochi che fanno il loro dovere, è raro che vengano condannati, il cavillo per tirarli fuori dalle grane lo si trova subito e vengono restituiti all’onorabilità generale con ancor maggior deferenza e ammirazione di prima. E i “bastardi” diventano le guardie che li hanno presi, con pochi mezzi e nel disprezzo generale.

  3. patuasia Says:

    Tempo fa, quando ancora si scavava dietro all’hotel Alpino per costruire l’attuale sede di Finaosta, vidi, attraverso uno sbrego della tela che proteggeva dagli sguardi i lavori, un pezzo di mosaico, mi dissi che gli scavi sarebbero stati eterni, non fu così. Spero che i mosaici rinvenuti in piazza Narbonne negli anni ’60 stiano da qualche parte, intendo in qualche magazzino pubblico.

  4. Schopenhauer Says:

    lo scavo dietro l’alpino fu condotto come “scavo di emergenza” sotto la guida di archeologi che allora lavoravano alla famigerata Valbeni. Nonostante questo datore di lavoro, erano persone per bene e preparate. fu ritrovata una latrina che fu poi – mi pare- archiviata in un magazziono ormai enorme di reperti a quart, fu fatto il rilievo (disegno) del sito e poi ricoperto di cemento. come si fa di solito, per la cronaca. ma è normale che sia così. molto peggio la devasta in corso a saint martin. da veri delinquenti.


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