Crisi d’identità!
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Tag: Cucina valdostana, Rhémes-Notre-dame
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23 luglio 2011 a 16:40
Polente ne ho provate tante, gustose, fragranti, piccole e grandi, con la sorpresa.. Quella migliore su al rifugio Epée.
23 luglio 2011 a 19:29
Confesso: fino a qualche fa salivo annualmente a Rhemes-Notre-Dame (da Rhemes-Saint-Georges) una volta all’anno, con tutta la famiglia, in occasione della venuta dei romagnoli di solarolo … per mangiare qualcosa di diverso dalla solita minestra, pardon polenta. Sono un locale, ovviamente, non un turista.
23 luglio 2011 a 20:22
Ho cercato il programma della manifestazione di Rhemes e, su Twitter @Vda3D, ho trovato questo link http://bit.ly/qXfVVF
Non mi sembra una crisi di identità, ma un sottolineare dei legami tradizionali duraturi, probabilmente reciproci, con un’altra realtà e scambi di questo genere mi piacerebbe vederne altri perchè sono forme di arricchimento culturale e di apertura.
Ben diverso il discorso del “prosciutto e cosciotti” di qualche giorno fa.
24 luglio 2011 a 11:18
Confesso che per certi versi mi ritengo una conservatrice radicale con tutti i limiti che questo comporta, ne sono perfettamente consapevole, ma di fronte al disatro che vedo intorno, alla mancanza di rispetto, di qualità dell’offerta, alla volgarità che sembra pervadere tutto quanto, reagisco così. E sono anche convinta che il mio comportamento ossessivo potrebbe aiutare a migliorare le cose. Non credo alle imposizioni, ma al buon senso, al valore dell’educazione, quindi niente contro i tortelli di Rhémes, ma che questi non rientrino nell’offerta turistica sponsorizzata dalla Regione. Quest’ultima dovrebbe dare contributi a quelle realtà che si sforzano di offrire un prodotto culturale di alta qualità in fatto di gastronomia, musica, tradizioni ecc…, stilare un prodotto di eccellenza che incentivi le Pro Loco a favorire la ricerca di chicche del loro territorio, anche costruendo gemellaggi con realtà analoghe. Sono una fissata della qualità perché sono certa che vince sempre e a lungo. Nel cassetto ho il sogno di una Valle d’Aosta magnifica di natura, di energia pulita, di archeologia, di prodotti sani, di cultura… è chiaro che un sogno così ha il suo rovescio che consiste in una certa intolleranza verso la stupidità. Chiedo scusa. Per quanto riguarda l’apertura verso il mondo che è assolutamente vitale, credo che questa sia più facile e autentica, se possessori di una forte personalità collettiva. Il confronto altrimenti come si potrebbe attuare?
24 luglio 2011 a 15:15
Io credo che a volte in Valle d’Aosta, regione che apprezzo, ci si trinceri dietro la tradizione perchè si è di fronte ad un impoverimento (ma non è il suo caso Patuasia) dovuto al lungo tempo passato a guardare al proprio interno senza voler vedere e adottare quello che stavano facendo “gli altri”. Questa “solitudine” si è poi trasformata, a mio avviso, in una esaltazione delle cose che si percepivano (però solo interne alla Valle…) pensando che chi venisse da fuori ne fosse fortemente interessato. Questa chiusura ed autoconvincimento, complice probabilmente anche una certa costante influenza politica, ha portato a non conoscere mondi diversi e a non considerare il punto di vista dell’ospite che decideva di passare qualche giorno di vacanza, con il risultato di poca affezione se non da parte di chi possiede una seconda casa (ci viene perchè ce l’ha)
Complice di tutto questo penso siano stati anche i benefici economici di cui la regione ha goduto (riparto fiscale e via dicendo) che hanno fatto pensare ad una completa autosufficienza e onnipotenza in tutte le cose con conseguente scarsa percezione di cosa ci fosse “al di la del muro”.
Patuasia lei ha ha ragione: “la qualità paga sempre” e la qualità è figlia del miglioramento che a sua volta nasce dal confronto. In Valle è il confronto che manca perchè, forse, se ne ha paura.
Secondo me ci sono degli esempi eccellenti di manifestazioni alle quali ho partecipato: ne cito un paio (dello stesso comune, sarà una coincidenza?) che mi hanno colpito qualche anno fa: la Quart a pia’ (credo si scriva così) con una organizzazione eccellente, tradizione rispettata, innovazione attenta per far scoprire le “chicche” del territorio e una forte personalità collettiva dei residenti. Lo stesso per “Quart a Formage”. Dei “format” che si potrebbero esportare in altre regioni (farne un franchising ?) importando per reciprocità le loro formule (non sono stato a Rhemes e non ne posso parlare, ma può essere senz’altro un altro caso di successo come quelli di Quart). Esportare formule vincenti è un business che arricchisce.
Adesso la situazione economica è cambiata (in peggio…) per tutti. La Valle d’Aosta si trova con carenze di infrastrutture come strade e trasporti (ma come sono stati spesi i soldi del passato ?), poca lungimiranza (difficoltà per il Casino’ e il Billia), progetti irrealizzabili (in treno a Martigny ?), ma anche tante ricchezze: i luoghi, i castelli, la storia, la gastronomia, le tradizioni.
Occorre cercare dei modi per attirare i turisti perché acconsentano a trasferire ricchezza senza impoverirsi e pensare di aver pagato “troppo”. Questo obiettivo si raggiunge solo con la qualità e la professionalità (e dopo anche i prezzi sono giustificati). Se vi è formazione turistica collettiva (dall’albergatore, al maestro di sci, dal taxista al commerciante, da chi organizza a chi è preposto alla comunicazione) con visione strategica (solo la Regione può averla in modo che sia di tutti e non solo di una corporazione) si può fare a patto di crederci (tutti) e di considerare il Turismo una risorsa (principale!) che può fare uscire dalla crisi e non autocomplimentarsi quando si raggiunge il tutto esaurito a ferragosto dicendo: “Il turismo tiene e premia la Valle”; se non lo raggiungi nei luoghi turistici a ferragosto dove vuoi raggiungerlo a Milano?.
Il “quasi tutto esaurito” dovrebbe essere lo stato dell’essere quotidiano per la Valle.
25 luglio 2011 a 11:49
Senza polemica cerco di dare il mio contributo.
Ben vengano le critiche ma, in questo caso fatico a capire.
L’argomento è “crisi d’identità” e la vignetta fa riferimento al fatto che non è possibile e/o facile trovare cucina valdostana nelle feste e sagre di paese, ma – in compenso – a Rhemes si mangia emiliano.
Compito delle ProLoco dovrebbe essere la promozione del territorio locale e questo si cerca di fare anche a Rhemes. Il fatto che si mangi romagnolo è legato al gemellaggio con il Comune di Solarolo. Chi sale da noi per mangiare la piadina passa una giornata intera tra gli atrigiani che espongono alla fiera del legno (tipica cultura alpina e valdostana in particolare), mangia tortellini e apprezza danze e musiche romagnole. Credo che questo sia un modo per esaltare le identià locali del nostro Paese, non di metterle in crisi. Nessuno infatti spaccia la piadina come gastronomia valdostana, ma le due culture si arricchiscono a vicenda.
In primavera, poi, quando noi scendiamo a Solarolo, la ProLoco vende piatti tipici valdostani ai romagnoli che – incuriositi – scoprono la nostra realtà culinaria (dalla seuppa per arriavre al génépy passando per i vini locali).
In chiaro: non è la regione che finanzia la ProLoco (almeno nel nostro caso) ma è il comune che sostiene economicamente le attività che vengono organizzate. Questo è anche il motivo per cui molte associazioni saltano al cambiare delle maggioranze: basta chiudere i rubinetti!! Noi, fortunatamente, siamo riusciti a mantenere un rapporto costruttivo, tanto che la manifestazione si è ripetuta con successo anche negli utlimi due anni in cui sono diventato Sindaco.
Io credo che se un qualcosa funziona (la ProLoco e le manifestazioni che organizza) sia un preciso dovere di qualunque amministratore fare in modo che continui a funzionare, indipendentemente dalle simpatie o antipatie personali.
Infine, se vogliamo allargare il discorso al turismo più in generale, credo che la promosione turistica non rientri nei compiti delle ProLoco, che non hanno ne i mezzi ne il personale per fare turismo.
Ciò che è sbagliato è pensare che sia sufficiente organizzare due/tre eventi durante la stagione estiva pe accontentare i turisti. Non è più così. Oggi il turista pretende perchè l’offerta è varia e complessa (basti pensare che con poco più di 500 euro vado in vacanza sul mar rosso, tutto compreso, con animazione della giornata a 360 gradi). Io sono un turista che preferisce organizzarsi la vacanza da solo (la lonely planet insegna) ma l’80% dei turisti (soprattutto italiani) vuole di più. Molte famiglie, in vacanza da noi si annoiano e sempre meno fanno escursioni in montagna: si limitano a gironzolare per il paese.
Servono servizi e di qualità. Ma non si può pensare che siano le ProLoco a darli: non è con il volontariato che si fa turismo, così come non si fa turismo con le seconde case (non perchè ci vogliono solo alberghi, ma perchè sono gestite dai singoli privati che le affittano a tempo perso: anche qui manca professionalità).
Mi scuso per la digressione e ringrazio per l’ospitalità
Fulvio Centoz
Sindaco di Rhemes-Notre-Dame
25 luglio 2011 a 12:01
Signor Centoz, come avevo scritto: niente contro i tortelli emiliani e lei ha fatto benissimo a dare le sue precisazioni. Il mio discorso è più politico e riguarda l’assenza cronica di un’immagine Valle d’Aosta. Di quello che erroneamente viene definito prodotto Valle d’Aosta. Un prodotto che deve nascere da un obiettivo economico e culturale chiaro, capace di esprimere una specificità di eccellenza. Lei capirà bene che in questa strategia turistica di qualità i tortellini non c’entrano nulla. Concordo con molti punti da lei sottolineati, che la Pro Loco continui a svolgere le sue mansioni, ma mi aspetto dalla politica dei segnali più accattivanti e colti per offrire davvero qualcosa di speciale e autentico ai nostri ospiti. Le vignette dovendo condensare in una battuta un problema per forza di cose sono essenziali e provocatorie.
26 luglio 2011 a 08:42
Triste verità meritoriamente confessata dal sindaco Fulvio Centoz: “molte famiglie in vacanza da noi si annoiano e sempre meno fanno escursioni in montagna: si limitano a gironzolare per il paese”.
Nella stessa direzione va quanto riferitomi da fonte certa: domenica scorsa pochissime auto al parcheggio più a monte di R.N.D. (quello utilizzato per salire), tantissime al lago (ove qualcuno si illude di essere al mare) e parcheggi iperpieni in ogni frazione di R.N.D. con gironzolamenti e acquisti di ninnoli just to kill the time in attesa che la pancia si faccia capanna.
26 luglio 2011 a 09:26
Confermo quanto riportato da Giancarlo. Domenica ero a Rhêmes-Notre-Dame con amici turisti e durante una passeggiata fino al Thumel ho avuto modo di verificare che la situazione era proprio quella da lui descritta.