Aneddoto aostano
Siamo tutti convinti che Aosta viva o voglia vivere di turismo? Noi no, perché, se così fosse, i principali protagonisti della faccenda: gli albergatori e soprattutto i ristoratori, si comporterebbero diversamente. Non chiuderebbero per ferie, per esempio. Non abbasserebbero le saracinesche la domenica, altro esempio. E poi, la cucina dei ristoranti resterebbe attiva anche dopo le dieci di sera, gli avventori sarebbero trattati sempre con la gentilezza dovuta a chi ti permette di campare e il servizio complessivo registrerebbe una maggiore qualità. Non è così e per dimostrarvelo vi racconto cosa mi è capitato ieri sera. Ore diciannove e trenta – ristorante pizzeria Il Girasole – angolo di via Lostan – tavoli vuoti – siamo in due. Chiediamo di poter cenare nel dehors, nessun problema. Raggiungiamo l’angolo con il soffitto ricoperto di edera di plastica: più facile da mantenere. La maggior parte dei tavoli è vuota, infatti è presto. I tavoli sono apparecchiati per quattro, noi siamo in due. Non si può stare. Chiedo al cameriere, se è già tutto prenotato: non risponde. Con il sorriso timido di chi deve obbedire agli ordini ci dice che, essendo solo in due, non è possibile cenare nel dehors. Quante coppie escono la sera? Tante! Quante coppie vanno al ristorante? Tante! E allora, perché mai qui non è loro concesso un tavolo? Che ci voleva per sparecchiare due coperti? Alle venti e trenta avremmo finito e liberato il posto per il turno successivo. No, non è stato possibile! Siamo usciti e mai più ci rimetteremo piede. Le domande che ne conseguono: dov’è la crisi che tanto colpisce il turismo? E dov’è la professionalità che dovrebbe contraddistinguere un luogo che di turismo vuole vivere? Le risposte: non c’è crisi e la professionalità evidentemente non serve.
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30 luglio 2010 a 11:20
Si chiama “cultura dell’ospitalità”. Non te la puoi dare. In Valle non c’è mai stata.
30 luglio 2010 a 11:39
sì che te la puoi dare la cultura dell’ospitalità. anche i Trentini odiano i turisti (parola di chi li conosce bene) ma hanno imparato, bon gré mal gré, a fare un mestiere che si chiama albergatore, guida, barista, affittacamere…..Con la formazione si può. Ma qui osare proporre un po’ di formazione agli operatori turistici (bèh, non usiamo parole grosse…) è far loro un’offesa mortale.
30 luglio 2010 a 11:55
io credo che ci sarà stato un motivo per cui non avete potuto cenare lì. sono stata in quello stesso ristorante molte volte, mi è sempre stato concesso di mangiare nel dehor, l ultima volta eravamo in tre e ci han fatto sedere in un tavolo da cinque. non sono parente ne conoscente dei gestori o propietari del suddetto ristorante.
30 luglio 2010 a 19:12
Penso che, al di là del caso specifico segnalato, la cultura dell’ospitalità ma forse anche la semplice buona educazione, troppo spesso, siano delle cenerentole in Valle d’Aosta.
Il motivo principale, a mio avviso, deve essere ricondotto ad una politica disattenta, cieca e clientelare che si fa bella parlando di qualità e poi punta sulla quantità, di prebende.
Il settore turistico alberghi, ristoranti ed esercizi commerciali fruisce infatti di finanziamenti ed incentivi a fondo perso inimmaginabili in altre regioni: si pensi a contributi a fondo perso del 30%, elevabili in alcuni casi al 40%, a favore delle imprese o di finanziamenti a tassi ridicoli per rinnovo locali, acquisti di attrezzature ecc..
Queste leggi regionali, sostanzialmente due, avrebbero dovuto vincolare l’imprenditore ad uno standard qualitativo medio alto in modo da premiare chi effettivamente offre un prodotto qualificante. Invece tutto è concesso a pioggia, indistintamente.
Ecco allora proliferare continui cambi di gestione, ripetute ristrutturazioni, rinnovi di locali in cui invece di favorire il sistema Valle d’Aosta si incentivano le speculazioni e la scarsa professionalità quando non di peggio.
Mi diceva un saggio e bravo ristoratore del centro:
“Il nostro è un turismo in gran parte di passaggio. Se un turista mangia in centro Aosta una volta in un ristorante (quello che senza contributi non avrebbe aperto) male e pure viene trattato maleducatamente etichetta tutta la categoria col bollino nero e la volta successiva si ferma in Piemonte.”
Così ci rimettono anche gli imprenditori virtuosi.
Il buon senso è merce rara:
inutile cercarlo nella classe politica ispirata da ben altri interessi…