Università de che?
La dichiarazione del sindaco Bruno Giordano, su cosa ne sarà dell’Università di Aosta, conferma la politica amministrativa del nostro capoluogo. “Non si è ancora posata la prima pietra che già si vuol conoscere il colore delle piastrelle!”, una frase emblematica che bene rispecchia la totale assenza di programmazione che ha caratterizzato i dieci anni di Giunta Grimod e che persevererà nella stupida tradizione. Si costruirà una faraonica cittadella universitaria senza una pur pallida idea di quali corsi ospiterà. Nessuna strategia sul target di studenti che si vorrebbe avere e quali ripercussioni questo target avrebbe sul contesto cittadino. Nessuna idea. Peccato, le buone idee invece le hanno gli altri. Nell’Università di Torino c’è il corso triennale di Scienze e Cultura delle Alpi, approdato al suo decimo anno accademico. Un corso che va dall’ambito paesistico-ambientale alla promozione e gestione del turismo; dalla nivologia all’antropologia; dal settore faunistico e botanico a quello agro-pastorale. Un corso che offre una preparazione sia tecnica sia umanistica, finalizzata alla comprensione globale del sistema alpino. Al Politecnico, sempre a Torino, si dedica particolare attenzione all’architettura montana (Iam) dove si promuovono ricerche sulle tecniche architettoniche volte alla qualificazione dei territori montani. Noi, evidentemente, non abbiamo bisogno di professionalità e di capacità imprenditoriali per promuovere sapientemente il territorio alpino, tantomeno di valorizzarlo, noi, con l’aria che tira, abbiamo maggior bisogno di psicologi!
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Tag: Bruno Giordano, Politecnico di Torino, Università della Valle d'Aosta, Università di Torino
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28 Maggio 2010 a 11:07
Vorrei aggiungere due altre angolazioni del tema, suggerite dall’esperienza che necessariamente posseggo non per le mie datate frequentazioni universitarie bensì dal vivere da vicino quelle dei miei due figli.
Dopo il liceo classico “normale” (non cioè quello “deviato” che utilizza in certi casi la lingua francese defunta come veicolare e cui comunque batte le mani una non indifferente costola di Alpe) si sono iscritti al corso valdostano di Economia, propedeutico a una loro attività privata a due successiva.
Il figlio maggiore, dopo la laurea triennale ad Aosta, è al termine del biennio di specializzazione a Torino, mentre il minore è sulla soglia della laurea triennale prima di continuare a Torino.
Va detto che tale triennio nostrano funziona, ma questo perchè la maggior parte del corpo docente parte al mattino da Milano o Castellanza, arriva qui per insegnare nella stessa giornata e in quella successiva prima di rincasare.
Come può Aosta puntare alle gigantezze universitarie se i docenti verranno tutti o quasi da fuori? Inoltre: il corso triennale di Economia in Aosta ha un indirizzo non rinvenibile completamente in bienni successivi fuori Valle, laddove a Torino o Milano si programmano 5 anni omogenei.
Con la gigantezza universitaria ipotizzata ci sarebbero quinquenni nella nostra regione? Come ipotizzarli date le ridotte dimensioni regionali?
Non vorrei che il concetto di università abbia stregato di primo acchito, ma poi, a ben riflettere, si trovino tante questioni che si pongono di traverso….
28 Maggio 2010 a 13:40
una università di rilievo europeo, ha detto qualcuno. Faccio presente che le lauree triennali italiane e valdostane non hanno mercato in Europa, come riportavano diverse fonti non molto tempo fa.
29 Maggio 2010 a 08:18
Posso lanciare una lancia a favore di psicologia?
E’ l’unico corso ad attrarre studenti da fuori valle, grazie al fatto di essere un corso a numero chiuso per legge in tutte le università. A dimostrazione della lungimiranza dei nostri amministratori, la specialistica in psicologia (l’unica presente) chiuderà fra qualche anno, perché mancano i soldi…
Consiglio un tour a Vercelli, vicina a Pavia, Torino, Milano, ma con un buon numero di iscritti e giovani studenti che girano nel centro cittadino.
@ Bruno: paradosso delle valutazione delle università sono tanti giovani italiani laureati nelle nostre università che vengono accolti a braccia aperte all’estero per fare ricerca o per lavorare in grandi imprese…
30 Maggio 2010 a 09:06
Signora Sara, intanto si dice spezzare una lancia in favore di… . Che ci siano studenti che arrivano da fuori Valle, perché la Psicologia valdostana prende cani e porci, non rende l’Università un luogo di eccellenza, piuttosto un laboratorio per prossimi frustrati-disoccupati. Quello che vogliamo sottolineare è che la nostra università è nata così, senza un obiettivo, senza una strategia culturale ed economica che non fosse quella di favorire gli impiegati regionali a conseguire una laurea per accedere ai concorsi. Il “grande progetto” persegue in questa miopia, nessuna analisi, nessuna prospettiva reale. Presentare una laurea a firma Valle d’Aosta oggi non vale un tubo: è un tubo quello che cerca?
30 Maggio 2010 a 12:40
lancia la lancia, lascia l’ascia, accetta l’accetta, spezza lo spezzatino… e iscriversi a lettere invece che a psico?
30 Maggio 2010 a 14:17
Mi spiace…
Si vede che non sono gradita. Mi spiace, ma non avevo riletto il post. Non ho usato un italiano perfetto, devo chiedere umilmente perdono e inginocchiarmi sui ceci?
Non sono iscritta a psicologia e col mio commento facevo solo notare la mancanza di un progetto, scusate. il mio italiano non sarà perfetto, ma le sue capacità di comprensione scritta non scherzano.
Ricordo solo che la laurea in Italia ha valore legale e che i test per i corsi a numero chiuso (come psicologia, medicina e altri) sono uguali in tutte le università.
30 Maggio 2010 a 14:38
Sara, non se la prenda, non è vero che non è gradita, Superzenta le ha solo ricordato come si usa correttamente la frase. Se poi qualcuno l’ha presa in giro…, fa parte della libera comunicazione della rete, ma non vi è insulto, altrimenti non lo avremmo permesso.