Una mostra sotto sotto


Aridatece i ruderi!

Aridatece i ruderi!

Un’altra mostra inutile e pure bruttina, è «Memoria sottotraccia. Segni e forme dell’archeologia». Allestita nella parte sotterranea del Museo archeologico regionale, l’esposizione dovrebbe far dialogare i segni dell’archeologia con l’arte contemporanea, in realtà più che un dialogo pare un vociare da bar, confuso e superficiale. La scultura in marmo bardiglio e smalti dell’artista di Gressan, Giuliana Cuneaz, ha il fascino oscuro della plastica. Si tratta di un enorme Buondì Motta ammuffito e arrovesciato sull’asfalto. Sarà nella muffa, depositata sulla cupoletta della famosa brioche, la relazione con l’archeologia? Nel sottosuolo, la Cuneaz presenta una “scultura virtuale” (definizione azzardata che più si adatterebbe agli ologrammi, immagini proiettate nello spazio su tutti i lati), interessante per i primi trenta secondi; l’impatto emotivo è coerente con la pluriennale ricerca dell’artista: infinitamente piccolo. Grandi sono invece le fotografie, realizzate dall’addetto regionale alla stampa delle immagini del BREL , il signor Enrico Peyrot, abbandonate qua e là come sgualciti vestiti in soffitta. Quattro plastici (molto belli) di Francesco Corni, ci riportano ai siti del Grande e del Piccolo San Bernardo. Siti che hanno ispirato i progetti di giovani architetti che l’assessore, Laurent Viérin, in perfetta armonia con il gusto al cemento armato che caratterizza l’intera Giunta regionale, definisce geniali. La genialità consiste nello scaricare, a 2.200 m di altitudine, tonnellate di egocentrismo puro sotto forma di geometrie invasive che violano, con la prepotenza di un bruto, l’ambiente alpino. Gli architetti hanno bisogno di enfatizzare, sbrodolare teorie, pur di trovare un senso a ciò che fanno. L’umiltà, unica grande dispensatrice di saggezza, suggerisce di lasciar perdere: i colli non hanno bisogno di vetrate per visioni panoramiche. Soprattutto non hanno bisogno di architetti. Nell’insieme pasticciato che non è confronto, ma disordine di proposte, la riflessione sul significato dell’operazione “ricordare”, si trasforma subito nella necessità imperiosa del fruitore di “dimenticare”.

Da ricordare : il “dialogo” ci è costato centossessantamila euro!

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4 commenti su “Una mostra sotto sotto”

  1. il dottore Says:

    Noto negli ultimi post una totale assenza di commenti e noto anche una certa incapacità a capire il proprio “milieu”.
    E’ fantastico, non vi va mai bene nulla: criticate e demolite il lavoro degli altri senza avere il coraggio di esporvi (ci vuole coraggio, anche se certi indizi sono praticamente una carta d’identità)…
    non sarà malcelata invidia perché, tra gli scrittori di questo pseudoblog, ci sarebbe una presunta “artista” le cui proposte sono state rifiutate dell’amministrazione regionale (dopo che, in passato, invece era stata “mantenuta” grazie a progetti copiati triti e ritriti).
    Non siete nessuno, non avete alcuna qualifica per poter criticare il lavoro di professionisti che, a differenza vosta, ci mettono la faccia: probabilmente, morti di fame come siete, non avrete neanche pagato il biglietto d’ingresso alle mostre di cui sparlate, però criticate come vengono spesi i soldi. Da che pulpito!
    Per fortuna che gli elettori in Valle d’Aosta non sono stupidi ed hanno capito che gente così è meglio che stia a casa, incarognita nell’essere incapace di stare al mondo…

  2. Giuseppe Scai Says:

    Credo di dover rispondere in quanto sono dello stesso parere dell’autore dell’articolo e mi sento attaccato anche se non direttamente dall’utente “il dottore”.

    Penso che l’esigere mostre di qualità non sia una richiesta esagerata dal momento che i soldi con i quali vengono fatte sono i nostri!!
    Lei dice che il lavoro degli altri viene demolito in questo blog. Può essere, ma penso che sia giusto fare distinzioni tra chi merita (e mi sembra che questo blog abbia elogiato più volte i meritevoli) e chi invece NON merita. Se a Lei va bene qualsiasi cosa passi in convento, sono affari suoi. Ci sono gli esigenti e ci sono quelli che si accontentano. Se Lei fa parte di questa seconda categoria non c’è nessun problema; l’importante è che non attacchi quelli della prima (di cui io faccio parte).

    Non voglio prendere le difese di chi scrive questo blog, ma Lei afferma che l’autore/gli autori non ha/hanno il coraggio di esporsi mettendo nome e cognome. Lei non sta forse attaccando (e in modo molto pesante) protetto da un anonimo nickname?

    Aggiungo che io sono un signor nessuno, nel senso che non sono un critico d’arte, ma bisogna per caso esserlo per saper distinguere una porcheria da un qualcosa di ben fatto?

    Credo, in ultimo, che dovrebbe darsi una calmata: questo è un luogo in cui si discute civilmente senza dare necessariamente dei morti di fame a nessuno. Molto spesso gli insulti significano mancanza di argomentazioni e Lei nel suo intervento ha pienamente dimostrato di non averne.

    Cordiali saluti

    PS: mi sfugge il legame tra il fatto di non aver pagato il biglietto d’ingresso e il fatto che si critichi come vengano spesi i soldi!

  3. Giuseppe Scai Says:

    Aggiungo che la mostra l’ho vista e ho pagato regolare biglietto. Penso quindi di essere autorizzato a criticarla e a prendere le difese di chi la pensa come me, o no?

    Cordiali saluti

  4. Patuasia Says:

    L’anonimato di Patuasia è il (voluto) segreto di Pulcinella, mentre lei, caro Dottore, per sparare le sue sciocchezze ha indossato la calzamaglia: è sufficiente questo per classificarla.

    Egregio Signor Scai, la ringraziamo, non tanto per aver preso le difese di Patuasia (non ne ha bisogno), ma di esistere. Nell’imbecillità imperante, sempre più difficile da sopportare, è terapeutico sapere che sopravvivono spettatori esigenti, non asserviti al conformismo del milieu.


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